CRONACA

“Patto per Napoli” sì alla tassa di imbarco a Capodichino, no al Beverello

Eliminata la proposta di istituire il diritto di imbarco sui traghetti e aliscafi dal Porto di Napoli

Pericolo scampato. Nel decreto ‘Salva Napoli’ non c’è più traccia della tassa di un euro a passeggero come diritti di imbarco sui traghetti e gli aliscafi del Porto di Napoli, ad eccezione dei pendolari che devono raggiungere le isole per lavoro. La proposta, depositata in Senato lo scorso 30 novembre, aveva registrato malumore da parte degli isolani. Per salvare i conti del Comune, il pacchetto di misure prevedeva tra le altre cose il commissariamento del debito del Comune di Napoli e l’istituzione di un’addizionale commissariale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili in partenza dall’aeroporto internazionale di Napoli fino ad un massimo di 1 euro per passeggero; di un incremento dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche fino al limite massimo dello 0,4%, anche in deroga al limite massimo dello 0,8% della predetta addizionale; di un’addizionale commissariale sui diritti di imbarco sui natanti adibiti a servizi pubblici del porto di Napoli fino ad un massimo di 1 euro per passeggero, fatti salvi coloro che dimostrino di utilizzare tali servizi per comprovate necessità di lavoro continuativo e non occasionali (ancorché se frazionate in più viaggi) da svolgere nel Comune di destinazione). Pericolo scampato, come detto. Il documento anti-dissesto attribuisce a Napoli 1 miliardo 231 milioni 549 mila e 600,77 euro, cifra sostanzialmente coincide con la previsione dell’amministrazione. La ripartizione del contributo è in 21 anni, al governo è chiesto l’impegno di versare la quota annuale assegnata entro il 31 marzo, ogni 12 mesi. Ovviamente, non può bastare. Ammonta a 307.887.400,19 euro la somma che Palazzo San Giacomo vuole recuperare a fronte del contributo statale. In più, prevede maggiori entrate per 803.899.978,84 euro nel periodo considerato (2022/2042). Di queste, 496.012,578,65 euro in più dovute al calcolo di quanto è assegnato all’ente dalla legge di bilancio; mentre stima un incremento complessivo di 228 milioni in relazione alle altre voci come Imu, puntano a un piano di allargamento della platea di contribuenti da definirere con il nuovo gestore della riscossione, una volta aggiudicata la gara e con risultati  realisticamente non prima del 2026/2027.

I CREDITI NON RISCOSSI

Equitalia è chiamata invece a recupero dalla “consegna anticipata dei ruoli”. In soldoni vuol dire 20 milioni complessivi fino al 2028, quando è previsto che vada a regime la nuova riscossione. «Il Comune di Napoli vanta oltre 800 milioni di crediti verso i cittadini per multe non pagate e oltre 700 milioni di euro di Tari non riscossa. Sono circa 2 i miliardi complessivi di crediti e credo che sia un dato per difetto».

IL PATRIMONIO

È l’altro grande capitolo di intervento strutturale. Con Invimit, per la formazione del fondo Napoli, si sta definendo un primo blocco di immobili da assegnare, esclusi gli immobili popolari Erp. Le entrate da alienazione e valorizzazione dei beni sono indicate in 73 milioni, compresa la riduzione dei fitti passivi; mentre la cessione della rete del gas vale circa 26 milioni una tantum. Resta da soppesare altre voci quali la riduzione delle spese, la riorganizzazione dei servizi; mentre l’ente calcola di incrementare di circa 100 milioni gli investimenti, oltre a quelli del Pnrr.

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LE PARTECIPATE

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Il futuro è un’incognita, serve un piano organico: l’impegno è presentarlo entro settembre. Si profila l’affidamento a società esperte nella realizzazione di una due diligence in modo da «scegliere con cognizione di

causa».

LA TASSA DI IMBARCO

Se introdotta a due euro, questa tassa può produrre una entrata di 10 milioni all’anno: al via dal 2023, vuol dire 40 milioni per il quinquennio.

L’ADDIZIONALE IRPEF

Diverso il ragionamento sull’addizionale Irpef, che è proporzionale al reddito congelata quest’anno su richiesta del consiglio comunale, ma dal 2023 più alta nella misura dello 0,1 per cento e dal 2024 applicando «un ulteriore e definitivo 0,1 per cento», ma aumentando anche la quota esente a 12 mila euro. Lo stesso assessore propone qualche esempio. Per un reddito di 15.000 euro si tratta di massimo 3 euro in più al mese (26 all’anno); per 50 mila, 8 euro (96 euro all’anno); per 100mila, 16 euro (192 euro all’anno). Tra le pieghe della relazione, la richiesta è definita «fastidiosa», «come ogni tassa», ma «necessaria», in questo caso portando nelle casse comunali 5.900.000 euro nel 2023, che nel 2024 diventano 15.000.000 di euro. E, confermando gli importi anche dopo il 2026, in grado di determinare un gettito di 302.300.000 euro.

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