CULTURA & SOCIETA'

La festa di Giovi’ all’insegna della “Guerra Santa” foriana

La “Tre Giorni” di Don Giuseppe Regine, parroco di san Vito da 50ann. Programma dei festeggiamenti “differenziato” per evitare l’incontro-scontro con il vescovo Lagnese

Non poteva capitare di peggio all’incolpevole Don Giuseppe Regine (Giovì) parroco da cinquant’anni della chiesa dedicata a san Vito (ma sacerdote integerrimo da settanta), nell’occasione tanto attesa del suo mezzo secolo di servizio ecclesiastico speso nella Chiesa Madre di Forio. Venti di guerra scuotono da qualche anno a questa parte la comunità parrocchiale del Casale più antico del Comune della Rosa, per una questione di non poco conto: il passaggio del testimone, ovvero le chiavi della parrocchia dalle mani di mons. Regine (ormai avanzato negli anni e impedito dagli acciacchi a svolgere le funzioni liturgiche) a quelle di un nuovo sacerdote, seguendo le antiche consuetudini cosiddette di “Diritto di Patronato”, spettanti al Comune, costruttore e proprietario della chiesa.

E’ sempre andata avanti così, in tutte le chiesa isolane che vantano diritto di Patronato; il Comune indica la terna dei sacerdoti candidati e mons. Vescovo, a cui spetta l’ultima parola, designa il successore! Ma nell’Anno Domini 2018 le cose3 sono repentinamente cambiate. Il vescovo Pietro Lagnese –nel programma di avvicendamenti e trasferimenti, non sempre indolori, di sede di alcuni sacerdoti- dopo aver operato un buon repulisti, come si fa nel mondo laicale con i dirigenti di delicati Servizi Pubblici che hanno messo salde radici di potere nel loro lavoro, ha voluto affrontare di petto e drasticamente, quella spinosa questione “Patronato” che stava sullo stomaco della Diocesi da molti anni come un macigno duro da digerire! Infatti, come accadeva nelle Congreghe, dove i confratelli venivano spesso alle mani con i Curati dell’annessa chiesa, insofferenti per l’invadenza dei Laici, così questa “pretesa” (sostenuta da patti chiari e amicizia lunga) dei Comuni di indicare nomi di proprio gradimento, infastidiva non poco le gerarchie diocesane spesso in aperto contrasto con tali designazioni.

Il vescovo Lagnese sapeva di che panni vestono i Foriani: bellicosi, combattivi, irriducibili nel difendere uno “stato di diritto” e per di più ossessivamente legati alle tradizioni religiose dei Padri. Una miscela micidiale di sentimenti e di certezze che non possono essere domati, nemmeno imponendo con l’autorità e la forza della legge un provvedimento avversato dall’intera comunità di san Vito. Ma Lagnese è un tipo “tosto”; poche parole, buon viso e cattivo giuoco. Per i Foriani è un osso duro da rosicare, sicchè, nel bel mezzo delle polemiche, eccoti fra capo e collo la sentenza diocesana: ”Il Diritto di Patronato è abolito perché desueto e fuori dai tempi!” In parole povere il nuovo parroco lo nomina il vescovo. Il Comune governa gli uomini, la Diocesi governa le anime. Punto e basta!

Il decreto porta l’imprimatur della Santa Sede e la tacita approvazione dei sacerdoti isclani che –sia detto fra noi- non vedono di buon occhio il candidato in pectore alla parrocchia di san Vito sponsorizzato dal Comune e da buona parte dei fedeli foriani.

Una doccia fredda di quelle memorabili, destinata a lasciare il segno e promuovere una vera e propria “guerra santa” fra personaggi dell’autorità religiosa e rivoltosi pronti a regolare i conti in sospeso con la Diocesi. L’occasione per restituire pan per focaccia a mons. Vescovo arriva il giorno in cui la Comunità di san Vito si appresta a festeggiare i cinquant’anni dall’insediamento del parroco Regine nella loro parrocchia. Il
Comitato “studia” le mosse giuste per prendere due picioni con una fava: escludere dai festeggiamenti il vescovo Lagnese, ma attraverso un Programma diluito in tre giorni, in cui la Diocesi è confinata ad un puro atto formale (la celebrazione della Messa al terzo giorno) in modo da salvare “capra e cavoli”, come nella migliore tradizione clericale!

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Non è il massimo per un avvenimento così importante, ma al Comune e ai Fedeli di san Vito non va proprio giù doversi incontrare con il vescovo e alcuni sacerdoti troppo fedeli alla Curia e, forse, invidiosi di un collega prescelto non dal…Signore, ma più prosaicamente dal Comune di Forio!

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Come va, come non va, domenica 27 è festa grande nella Chiesa Madre: Spari di mortaretti, suono di campane a distesa, messa solenne con scuola cantorum, sindaco con la fascia tricolore e un mare di fedeli accorsi per omaggiare il povero Giovì, che a fatica ha raggiunto il tempio profumato di incenso e di fiori , ma ha voluto ugualmente indossare i sacri paramenti e salire all’altare per rendere grazie al Signore della lunga e proficua giornata terrena vissuta ininterrottamente nella sua parrocchia.

E’ stata dunque una festa di popolo –con esclusione pilotata dei preti e di mons. Vescovo- – spediti al…Terzo Giorno, martedi 29, per la celebrazione di una messa che già si preannunciava come una Caporetto su tutta la linea.

E infatti –testimoni oculari della disfatta- ad attendere mons. Lagnese e una quindicina di sacerdoti con sacchetti in spalla e giacche “borghesi”, vi era uno sparuto gruppo di fedeli, il vice sindaco, due assessori e una guardia municipale con la camicia nera d’ordinanza. Peggio di così non poteva andare. La tortura è finita con un Giovì immortalato dall’unica macchina fotografica presente in chiesa, racchiuso nei paramenti della Festa e della…Passione. Un eroe dei nostri tempi così diversi dai suoi, quando l’obbedienza, il sacrificio e il rispetto avevano ancora un valore, un’etica, una morale. Mons. Regine è tornato a casa contento e commosso, in pace con se stesso e la sua famiglia, ma la “guerra” a Forio –statene certi- continua.

Foto GiovanGiuseppe Lubrano

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