CRONACA

Luci accese sui ristoranti che si “spengono”

Ieri anche l’isola ha partecipato alla simbolica cerimonia per caratterizzare la crisi di un settore che pure produce 87 miliardi di euro l’anno: stamane le chiavi consegnate ai sindaci

Il primo step è stato portato a compimento. Il grido di aiuto da parte del mondo della ristorazione e ospitalità è sempre più forte e tuttavia inascoltato dal governo centrale. RISORGIAMO ITALIA, ecco il nome della manifestazione di protesta organizzata dai movimenti di imprenditori della Ristorazione e del mondo Ho.re.ca., a cui si sono uniti i movimenti degli imprenditori della Ristorazione di Ischia e dell’associazione Rive Droite. Ieri sera alle ore 21 il primo simbolico gesto: le luci delle insegne delle loro attività si sono accese simbolicamente per l’ultima sera, come testimoniano le foto che vedete in pagina. Le probabili misure che lo stato prenderà per l’eventuale riapertura dei ristoranti sono insostenibili per la gestione ordinaria di un locale e insopportabili economicamente.

Il secondo round arriverà nella mattinata odierna quando i ristoratori si recheranno davanti ai loro Comuni le chiavi dei propri locali. In una nota si legge tra l’altro: “Sebbene loro vogliano fortemente aprire e tornare al proprio lavoro, oggi non ci sono i presupposti economici per poterlo fare: ‘In sintesi ci stanno chiedendo di aprire con gli stessi costi, se non più di prima della emergenza epidemiologica, con una previsione di incassi nella migliore delle ipotesi pari al 30% sull’anno precedente’ affermano. Ecco le sigle di associazioni e gruppi spontanei nati sui social, confluite nella federazione nazionale di imprenditori della ristorazione M.I.O  (Movimento Imprese Ospitalità), Treviso Imprese Unite , Horeca Milano, Ristoratori Emilia Romagna ,Allarme Italia Liguria, Ristoratori Toscana, Horeca Umbria Uniti, Consorzio Foligno in Centro ,BPU BRAND PARTENOPI UNITI, Movimenti Impresa Puglia,A.R.T. Associazione Ristoratori Trapanesi, Carboni Attivi Sicilia e  i gruppi nazionali d Ho,re.ca Unita e la associazione Gpn . che aderiscono alla manifestazione (in ordine geografico da nord a sud) per un numero stimato di circa 70.000 imprese”.

La federazione M.I.O raccoglie le realtà, nate i primi di marzo, per chiedere, ancora prima del decreto Conte dell’11 marzo (TBD DATA), la chiusura dei loro locali per la tutela della salute dei clienti, dei dipendenti e della propria. Questi gruppi sono apartitici e slegati dalle associazioni di categoria, alle quali non vogliono sostituirsi ma esserne eventualmente la base popolare, raccogliendo il sentimento di chi ha dedicato e dedica la vita alla propria attività.

I portavoce della federazione nazionale dichiarano “Al ristorante, in un locale, al bar si va sicuramente per mangiare o per bere qualcosa di buono ma soprattutto per vivere un’esperienza di socialità, di convivialità che con le misure previste dal governo andranno perse del tutto. Siamo piccoli imprenditori, e le nostre attività, spesso familiari, sono state tramandate di generazione in generazione con enormi sacrifici. Lavoriamo 7 giorni su 7 insieme ai nostri dipendenti, con i quali abbiamo un rapporto che va oltre il professionale” e concludono “Sia chiaro che non cerchiamo assistenzialismo: le misure previste per la riapertura del 1 giugno, se non collegate a tutele economiche, quali cassa integrazione fino a Dicembre 2020 e moratoria sugli affitti e sulle utenze, ci costringeranno a licenziare, se non a chiudere del tutto, le nostre attività. Come possiamo mantenere gli stessi costi di una situazione di normalità sapendo che i nostri locali saranno a produttivi al massimo al 30%?”. In Italia, il fatturato prodotto dal mondo Ho.re.ca è di 87 miliardi (*fonte osservatorio nazionale distributori HO.RE.CA 2018/2019) con circa 500.000 attività commerciali che impiegano circa 1.500.000 dipendenti incluso l’indotto di forniture e servizi.

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