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Di Nubila, recuperare il senso dello studio e del lavoro

Ischia Che ruolo ha la formazione didattica nell’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro? «Determinante. Se la didattica e la scuola, gli insegnanti, gli studenti, i genitori non fanno uno sforzo di integrazione tra saperi diversi, rischiamo di trasformare l’alternanza nell’ennesima schiera di cose inutili».
Sono più le scuole, a dover essere accompagnate in questa formazione, o le aziende?
«Le aziende devono rendersi conto di un ruolo che hanno sempre sottovalutato: quello formativo. Diverso dalle scuole, complementare e non sostitutivo. In questo processo di consapevolezza, l’azienda va aiutata. Questo impegno educativo e sociale è il suo marketing migliore, la sua migliore immagine verso quelle giovani generazioni che rischiano di vedere con diffidenza il lavoro solo nelle fasi più crude. Bisogna riscoprire il senso dello studio e il senso del lavoro, che spesso mancano».
Quali sono le garanzie di qualità che offriamo agli studenti e alle famiglie?
«Non facciamo alternanza per preparare manodopera. Questo deve essere chiaro. Facciamo alternanza per puntare a un obiettivo comune: l’apprendimento, la crescita. Vogliamo che guardino al valore dello studio e dell’esperienza nel campo del lavoro come la loro prima garanzia. Come adulti, non abbiamo garanzie da dare ai nostri giovani. Dobbiamo però creare tutte le condizioni che mettano gli allievi al riparo da improvvisazioni, o da un crisi tremenda che poterebbe travolgerli».
Che risposta può dare un docente a un ragazzo che invece si sente manodopera a costo zero?
«Il rischio c’è. Ho incoraggiato sempre gli insegnanti, nonostante le difficoltà. Specialmente nei licei, dove l’alternanza è partita da poco e dove, quasi per costituzione, è più forte l’attaccamento al sapere generalista, umanista, oggi di gran ritorno. E’ necessaria molta accortezza, bisogna accompagnare con enorme attenzione i ragazzi in un percorso che ha le sue difficoltà. Penso a Ischia, al patrimonio delle sue aziende, a quanto possa essere sufficiente ad accontentare tutte le scuole. Non bisogna spaventarsi. Vorrei solo che le aziende mettessero nel loro patrimonio di bilancio questa quota di socialità, un modo per aiutare i giovani e per dare alla scuola il senso di un ambiente necessario».
Dalla sua esperienza ha notato resistenze, incertezze, risposte diverse tra le scuole del Nord e del Sud?
«E’ un problema diffuso che spesso diventa un alibi. La sicurezza va strutturata prima che parta l’esperienza di alternanza scuola – lavoro. Le parti sociali vanno allertate, perché l’alternanza scuola lavoro deve diventare un’azione protetta, garantita, affiancata. Non bisogna più cadere nel vecchio errore che scaricare un ragazzo in un’azienda, magari per fare uno stage, significhi fare alternanza. E’ un errore che mette a rischio l’azienda stessa che, in tempi di crisi, abusa di un lavoro “grigio” a costo zero». (Gia.Ca)

 

 

 

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