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L’accusa chiede l’assoluzione per D’Abundo

ISCHIA. È senza dubbio un dato sorprendente quello che emerge dall’udienza preliminare svoltasi ieri dinanzi al Gup Enrico Campoli nel procedimento a carico di Giovangiuseppe Ferrandino, Antonello D’Abundo e Ciro Castiglione. La vicenda che coinvolge i tre deflagrò quasi tre anni fa. Dopo una lunghissima fase preliminare, non priva di colpi di scena, si avvicina il momento di capire se essa si svilupperà o meno in un processo. Come alcuni ricorderanno, la difesa di D’Abundo, sostenuta dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio, aveva chiesto e ottenuto il rito abbreviato, ed è proprio relativamente alla posizione dell’imprenditore isolano che ieri è arrivata la “sorpresa”: entrando nel merito della questione vista la scelta del rito, il pubblico ministero Bianca Maria Colangelo ha chiesto l’assoluzione per Antonello D’Abundo in relazione a tutti i tre capi d’imputazione. In particolare, è stata invocata l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” per il reato di induzione indebita (articolo 319 quater del codice  penale), e l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” in relazione ai reati di millantato credito (art.  346 c.p.) e di concorso in rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio (art. 326 c.p.). La pubblica accusa torna quindi sui suoi passi, e smentisce così in parte l’impianto accusatorio fin qui edificato. In parte, perché per gli altri due indagati il p.m. Gennaro Damiano si è laconicamente limitato a chiedere il rinvio a giudizio riportandosi alla precedente udienza. Il giudice Campoli ha “tenuto a freno” lo schieramento difensivo rappresentato, oltre che dall’avvocato Migliaccio, anche dai colleghi Lorenzo Bruno Molinaro che con Mario Tuccillo rappresenta il maresciallo Ferrandino, e Michelangelo Morgera, legale di fiducia di Ciro Castiglione. Il magistrato infatti ha fatto capire ai penalisti che le memorie difensive fin qui prodotte sono sufficienti, e che dunque nella prossima udienza non ci sarà alcun bisogno di articolate arringhe, vista la natura essenzialmente documentale del procedimento.

Nelle memorie in atti, gli avvocati Molinaro e Tuccillo hanno chiesto il proscioglimento di Ferrandino per tutti i reati ascritti con la formula più ampia, “perché il fatto non sussiste”. In particolare, in un nuovo ampio e articolato documento difensivo, i due penalisti hanno fornito prove e documentazioni atte a dimostrare l’avvenuto pagamento in contanti da parte del maresciallo Ferrandino dei soggiorni di vacanza legittimamente fruite dallo stesso e dai suoi familiari presso il Valentino Grand Hotel Village a Marina di Castellaneta dove soggiornò con la propria famiglia sia nell’anno 2014 che nell’anno 2015, vacanze prenotate tramite l’agenzia di viaggi di Antonello D’Abundo. I due avvocati hanno anche eccepito la nullità delle intercettazioni telefoniche e l’inutilizzabilità della registrazione effettuata da Castiglione. Su quest’ultimo punto, in particolari, è stata richiamata un’appropriata pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del  2006. Secondo tale decisione, se è già in corso un procedimento, soltanto le registrazioni effettuate al di fuori di esso possono essere utilizzabili come prova nel processo, mentre quelle effettuate nel corso delle indagini vanno considerate come strumenti e documenti investigativi: attività che deve essere autorizzata dal giudice.

Con ogni probabilità tra tre settimane si conoscerà la decisione del Gup, dunque proprio a un anno di distanza dalla conclusione delle indagini. Come alcuni ricorderanno, la vicenda trae origine da una serie di controlli effettuati presso una delle strutture ricettive della Casthotels relativamente agli scarichi fognari e che, secondo l’accusa, avrebbero visto i primi due indagati godere di una serie di favori in cambio di soffiate circa lo svolgimento dei controlli stessi. Il terzo, Castiglione, è entrato per ultimo nel registro degli indagati, dopo aver ricoperto a lungo il ruolo di parte lesa. Gli indagati sono tutti accusati del reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, perché “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, Ferrandino Giovangiuseppe in qualità di pubblico ufficiale e, in particolare, di sottufficiale dell’ufficio circondariale marittimo Guardia Costiera di Ischia, in concorso e previo accordo con D’Abundo Antonello, quale intermediario tra il Ferrandino e Castiglione Ciro abusando della qualità e dei poteri del Ferrandino il quale – nell’ambito dei suoi compiti istituzionali, comandato dall’ufficio di appartenenza su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli attuava, presso la struttura alberghiera Hotel Terme Tramonto d’Oro, ubicata in Forio d’Ischia e gestita dalla Cast Hotel srl di cui Castiglione Ciro era amministratore delegato, dal 12 aprile 2014 all’11 giugno 2014, una serie di controlli al fine di verificare la regolarità dei rifiuti e dei reflui da parte della suddetta struttura alberghiera, all’esito dei quali veniva disposto il duplice sequestro preventivo della struttura alberghiera su indicata per violazione in materia ambientale, rappresentando, direttamente e per il tramite del D’Abundo, al Castiglione che corrispondendo al Ferrandino le utilità di seguito indicate non sarebbero derivate ulteriori conseguenze pregiudizievoli a carico di quest’ultimo dagli ulteriori controlli che sarebbero stati posti in essere, successivamente alle date sopra indicate, dallo stesso Ferrandino nei confronti  della struttura alberghiera ovvero delle altre strutture alberghiere gestite dalla Cast Hotel srl, inducevano Castiglione Ciro a dare indebitamente al Ferrandino un’utilità, rappresentata dal soggiorno alberghiero dapprima dal 23 giugno 2014 al 6 luglio 2014 (per un costo di euro 3.062) e successivamente dal 21 giugno 2015 al 5 luglio 2015 (per un costo di euro 3.179) presso il Valentino Grand Hotel Village sito in Marina di Castellaneta, di cui usufruiva Ferrandino Giovan Giuseppe unitamente al proprio nucleo familiare, per un importo complessivo di euro 6.241, pagato dal Castiglione”.

Poi ci sono le accuse indirizzate invece ai due indagati della “prima ora”, Antonello D’Abundo e Vanni Ferrandino. Proprio al D’Abundo, in particolare, viene contestato il reato previsto e punito dall’art. 346 del codice penale ossia millantato credito, perché appunto “millantando credito presso personale di polizia giudiziaria, non meglio specificato, che nel mese di ottobre avrebbe dovuto effettuare controlli presso le strutture alberghiere di cui Castiglione Ciro era amministratore ed in particolare in occasione del controllo che si sarebbe realizzato, secondo quanto riferito da D’Abundo Antonello a Castiglione Ciro, in data 28 ottobre 2015 presso la struttura Hotel Tramonto d’Oro (controllo che in realtà non avrebbe mai avuto luogo perché non programmato, né delegato) si faceva promettere per conto del predetto personale di polizia giudiziaria un televisore marca Samsung di 50 pollici che nella realtà era destinato alla propria persona piuttosto che a terzi”. Un reato, questo, che si sarebbe consumato fino a tutto il 28 ottobre 2015.

Nell’avviso di conclusione indagini a carico di Vanni Ferrandino e Antonello D’Abundo si ipotizza anche il reato previsto e punito dall’art. 326 del codice penale, ovviamente in concorso, e cioè quello di rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio. Si legge infatti che entrambi gli indagati “in concorso e previo accordo tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi: Ferrandino Giovangiuseppe, in qualità di pubblico ufficiale e, in particolare, di sottufficiale dell’ufficio circondariale marittimo Guardia Costiera di Ischia, il quale nell’ambito dei suoi compiti istituzionali, comandato dall’ufficio di appartenenza, su delega della Procura della Repubblica di Napoli, di effettuare, presso la struttura alberghiera Hotel Tramonto d’oro, ubicato a Forio d’Ischia e gestita dalla Cast Hotel srl negli anni 2014 e 2015, e di cui Castiglione Ciro era amministratore delegato per l’anno 2014, una serie di controlli al fine di verificare la regolarità dello smaltimento dei rifiuti e dei reflui da parte della suddetta struttura alberghiera; D’Abundo Antonello, quale intermediario tra il Ferrandino e il Castiglione, rappresentando, direttamente e per il tramite del Ferrandino, al Castiglione l’effettuazione dei controlli delegati dall’ufficio di Procura di Napoli nell’ambito del procedimento penale violando i doveri inerenti la funzione del Ferrandino; rivelavano natura, tempi e modalità concernenti alcuni dei controlli da espletarsi nell’ambito del procedimento penale testé indicato, nonché, in particolare, rivelavano il controllo che sarebbe avvenuto in data successiva al 9 dicembre 2015 così come disposto dalla Procura della Repubblica di Napoli nell’ambito del procedimento penale a firma del sostituto procuratore dottor Luigi Cannavale e relativo in particolare alle strutture alberghiere Tramonto d’Oro e Punta del Sole”. Fatti, questi, relativi a un arco di tempo che si conclude nel mese di dicembre 2015.

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