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Tari, errata applicazione dei criteri di calcolo e contestuale diritto di rimborso

Sollecitato l’intervento dell’apparato di governo dalle rumorose proteste sollevate da contribuenti destinatari di avvisi di pagamento T.A.R.I. aventi ad oggetto la richiesta di importi sempre più ingenti ed in molti casi, assolutamente ingiustificati, è stata presentata un’interrogazione sul punto in Commissione Parlamentare conclusasi con l’emanazione di una Circolare M.E.F. concernente chiarimenti in merito ai criteri applicabili da ciascun Comune in termini di determinazione dell’importo riscuotibile a titolo di tassa sui rifiuti.

Che si intende per TARI e quali i principi? Trattasi di una tassa introdotta con l’emanazione della Legge 147/2013 e concepita con l’intento di colpire la capacità di produrre rifiuti all’interno di un immobile. L’art. 1 c. 641, individuava la categoria di contribuenti interessata, con espresso riferimento a tutti i soggetti legati da un vincolo di possesso o comunque di detenzione qualificato, ad un immobile adibito a qualsiasi uso e suscettibile di produrre rifiuti urbani, escludendo le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, comunque non operative, e le parti condominiali non occupate in modo esclusivo.

Oltre al vincolo di detenzione sull’immobile, è importante riporre attenzione su due ulteriori fattori quali la superficie e la tariffa. Con riferimento alla prima si assume il dato dichiarato ovvero in alternativa, quello accertato dal Comune, che nell’ambito delle categorie catastali A, B, C, può optare tra due differenti regimi:

  1. il regime transitorio: adottabile in via esclusivamente momentanea, considerando la sola superficie calpestabile;
  1. il regime permanente: da adottarsi, in sostituzione del primo e solo dopo che i dati catastali siano stati uniformati ai dati toponomastici.

Quanto alla tariffa, questa si compone di una parte fissa ed una variabile, quest’ultima articolata nelle fasce di utenza domestica e non, con l’aggiunta di una maggiorazione del 5% a titolo di addizionale provinciale. Si rappresenta che nell’ ambito delle utenze domestiche, la parte fissa è determinata moltiplicando la superficie dell’immobile, maggiorata dell’area delle pertinenze, per la tariffa unitaria relazionata al numero degli occupanti (nucleo familiare); la parte variabile, da sommare alla prima, è costituita da un dato assoluto, in effetti rapportato esclusivamente al numero degli abitanti l’immobile, il tutto tenuto conto anche delle eventuali relative pertinenze quali ad esempio i classici box-garage-cantine.

Quale l’oggetto del contendere? È stato riscontrato che molti Comuni hanno operato una duplice quantificazione della quota variabile, sia sull’abitazione che sulle pertinenze, laddove avrebbe dovuto effettuare un’unica quantificazione considerando la superficie totale. Così come indicato all’interno della Circolare M.E.F. si può ipotizzare il verificarsi del caso che il nucleo occupante un appartamento ampio 100 mq senza pertinenze abbia pagato importi inferiori rispetto a quanto richiesto a soggetti occupanti un immobile ampio 80 mq più 20 mq a titolo di pertinenza (garage- box-cantina).

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Tale meccanismo, frutto di un’errata interpretazione del chiaro dettato normativo fornito dal legislatore, ha inciso in maniera rilevante sul calcolo degli importi a debito a carico dei contribuenti, che dal 2013 ad oggi sono stati obbligati a corrispondere somme illecitamente riscosse dall’ Ente Pubblico.

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Quale lo strumento di difesa a disposizione dei contribuenti? A coloro i quali sia stato applicato un errato criterio di calcolo, è concessa l’opportunità di chiedere il rimborso della sola TARI, quindi degli importi differenziali illecitamente riscossi dal 2014, presentando una precisa istanza presso l’Ufficio Tributi del Comune di competenza. Fondamentale è il rispetto del termine di prescrizione del diritto che è stato stabilito in un tempo massimo di 5 anni dall’effettuazione dell’errato pagamento (si consideri pertanto il giorno dell’effettivo pagamento come da ricevuta di versamento). Nella sopra menzionata Circolare, si precisa inoltre che sarà necessario indicare gli elementi identificativi dei soggetti interessati, i dati dell’immobile e relative pertinenze, ripercorrere i pagamenti effettuati e la modalità di applicazione della Legge che si ritiene errata. Se la tassa è gestita da una società privata e gli avvisi sono emessi a nome della suddetta società, la domanda di rimborso deve essere presentata a quest’ultima. Il Comune o la società privata devono rispondere entro il termine di 90 giorni, trascorsi i quali il cittadino, può proporre un ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale competente, sino allo scadere del termine di prescrizione (5 anni). In caso di esplicito/ formale rigetto dell’istanza, il ricorso deve essere proposto entro e non oltre 60 giorni dalla relativa notifica.

Risulta opportuno invitare tutti i contribuenti soggetti passivi T.A.R.I., ad effettuare i controlli di rito sugli avvisi di pagamento notificati dal 2014, al fine di accertare la correttezza dei criteri applicati dal Comune di appartenenza, ovvero demandando tali attività al consulente di fiducia, che altresì curerà con professionalità l’intero percorso da intraprendere per la restituzione dell’importo ingiustamente preteso dall’Ente Pubblico.

alessandrolavolpe@yahoo.it

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