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Tariffa NU esosa, l’albergo fa ricorso contro il Comune

CASAMICCIOLA TERME. L’Hotel Elma Park non ci sta. I titolari della nota struttura ricettiva casamicciolese si oppongono a una delibera di giunta municipale che nella scorsa primavera fissò le tariffe della Tari per il 2018, e lo fanno con un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica composto da un’articolata serie di motivi per chiedere l’annullamento della delibera e di tutti gli atti consequenziali. Innanzitutto, la famiglia Italiano contesta l’atto sotto il profilo della disparità di trattamento, dell’eccesso di potere e della violazione del giusto procedimento, in quanto la determinazione delle aliquote della tassa rifiuti (Tari) per l’anno in corso si porrebbe in contrasto con la normativa di settore e sarebbe viziato da carenze istruttorie e di motivazione. La tassa come è noto si compone di una parte fissa e una variabile: la prima è determinata tenendo conto delle componenti del costo del servizio di igiene urbana, mentre la parte variabile copre i costi del servizio rifiuti integrato (raccolta, trasporto, smaltimento) ed è commisurata alla qualità e quantità di rifiuti prodotti presumibilmente da ciascuna categoria di utenti, valutazione che viene sintetizzata in un’aliquota.

Ebbene, la delibera contestata distingue tra utenze domestiche e non domestiche, individuando al loro interno differenti categorie, per ciascuna delle quali è appunto individuata un’aliquota. La società titolare dell’hotel, operando nel campo delle attività alberghiere, viene ricompresa tra le utenze non domestiche (categoria “alberghi con ristorante”), per la quale è prevista un’aliquota di € 10,93, di gran lunga superiore a quella imposta per le utenze domestiche per le quali è prevista un’aliquota che va da un minimo di € 3,78 a un massimo di € 4,00. In sostanza, secondo i ricorrenti, le strutture alberghiere casamicciolesi sono soggette al pagamento di una aliquota superiore di oltre due volte a quella stabilità per le utenze domestiche, senza che l’amministrazione abbia motivato la cosa. In tal modo l’ente avrebbe violato un obbligo normativo: i provvedimenti che determinano le tariffe relative alle tasse sui rifiuti, pur avendo natura di atti generali, soggiacciono a particolari esigenze di garanzia procedurale, visto il loro carattere di specialità che impone all’amministrazione di motivare analiticamente le scelte operate, in particolare quanto alle ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, nonché ai dati e alle circostanze che hanno eventualmente comportato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo. Sarebbe quindi servita una congrua e comprensibile motivazione dell’atto, circa i criteri scelti per la quantificazione delle somme, allo scopo di assicurare il controllo, dei cittadini e del giudice, sull’esercizio del potere discrezionale degli enti locali. L’avvocato che rappresenta i titolari dell’Elma ha quindi invocato l’illegittimità (per violazione di legge, oltre che per eccesso di potere per difetto d’istruttoria e motivazione) del provvedimento contestato. Ma il legale è andato oltre, spiegando nel ricorso che l’atto oltre che a mancare la motivazione della sproporzione illustrata, non ha fondamento logico, perché la tipologia di rifiuti prodotti da un albergo è pressoché identica a quella di un’abitazione familiare, in quanto il presupposto della maggior capacità degli alberghi di produrre rifiuti rispetta a un’abitazione privata non sarebbe suffragato dalla realtà. Infatti, le strutture alberghiere presentano all’interno estese superfici che sono oggettivamente inidonee a produrre rifiuti, rendendo quindi il presupposto citato come una mera petizione di principio. Citando la giurisprudenza amministrativa, il ricorso richiama la necessità di un “percorso logico” nella decisione dell’amministrazione (pur nel rispetto della sua discrezionalità) che tuttavia manca nel caso in questione.

Inoltre, la scelta delle tariffe sarebbe inficiata dall’assoluta mancata valutazione della stagionalità delle strutture alberghiere “con ristorante”, tenute ingiustamente al pagamento di una tassa dalle proporzioni enormi anche nei lunghi periodi di chiusura dell’attività, in cui non viene prodotto nessun rifiuto. Tale irragionevole mancanza porterebbe a ripartire il carico fiscale della Tari sulla sola astratta capacità di produrre rifiuti da parte di tutti i soggetti passivi del tributo: un assunto ritenuto non condivisibile in quanto il calcolo deve essere effettuato sulla base di regole tecniche ed empiriche, improntate ai principi di proporzionalità e del “chi inquina paga” di stampo comunitario. Principi che attribuiscono necessariamente rilevanza al carattere naturale della stagionalità, carattere che conforma la specifica attività alberghierà e che incide – imponendo un’adeguata considerazione di tale elemento –  sulla corrispondente capacità media delle strutture interessate di produrre rifiuti. Sul punto sono state richiamate alcune importanti decisioni del Consiglio di Stato, le quali stabiliscono che “mentre le ordinarie abitazioni civili sono usualmente abitate nel corso dell’anno (salve le case utilizzate solo per le vacanze), gli alberghi caratterizzati da frequenza stagionale e legata ai flussi turistici hanno una presenza antropica discontinua: la quale comporta di conseguenza una produzione media annua di rifiuti tendenzialmente inferiore rispetto alle prime. Il principio di proporzionalità cui si deve conformare la discrezionalità tecnica amministrativa nell’individuazione delle aliquote fiscali, porta quindi a ritenere non legittimo un criterio di determinazione che risulti all’atto pratico e a priori, più gravoso per gli esercizi alberghieri rispetto alle abitazioni”. Inoltre, “ragioni di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza nonché il fondamentale principio del “chi inquina paga” premono affinché l’amministrazione indirizzi la propria più ampia discrezionalità in tema di politica tariffaria nel senso di dover introdurre nella normativa una o più sottocategorie a seconda del contenuto delle prestazioni fornite, tenendo conto di parametri quali ad esempio il numero di pasti o di clienti ospitabili e la stagionalità dell’attività”. Invece, come illustra l’avvocato Dresda, il Comune di Casamicciola non chiarisce in alcun modo la ragione delle scelte operate: nel provvedimento infatti trasparirebbe la mera volontà dell’Ente di raggiungere la copertura dei costi con i ricavi addossando gran parte di questi costi a strutture, come quelle alberghiere, senza che sia dato atto di alcuna motivazione e senza considerare che tali attività producono rifiuti solo in un periodo limitato dell’anno.

Infine, l’operato dell’Amministrazione viene censurato perché, nonostante le evidenti disparità di trattamento illustrate, essa non ha preso in considerazione la possibilità di adottare il sistema di misurazione dei rifiuti previsto dal D.M. del 20 aprile 2017. Quest’ultimo è stato introdotto allo scopo di permettere agli enti di realizzare sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti dalle utenze al servizio pubblico, e sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio in funzione del servizio reso. In tal modo il legislatore ha voluto introdurre uno strumento di misurazione dei rifiuti tale da scongiurare gravi sperequazioni nel pagamento della tassa sui rifiuti – come avviene nel caso di specie – aderendo alle indicazioni di stampo comunitario che vogliono la tassa in esame determinata alla luce del più volte citato principio del “chi inquina paga”. In particolare, il decreto ministeriale ha introdotto lo strumento della pesatura diretta con rilevazione del peso, o indiretta mediante la rilevazione del volume di rifiuti conferiti, permettendo quindi di realizzare una misurazione puntuale delle quantità di rifiuti conferite e di commisurare a questa il servizio ricevuto e quindi la somma dovuta all’ente. Con l’utilizzo di tali strumenti, il Comune di Casamicciola avrebbe ovviato alle evidenti disparità di trattamento tra utenze alberghiere e domestiche, oltre a evitare che strutture ricettive che operano (e quindi producono rifiuti) solo stagionalmente, siano gravate da una tassa eccessiva e ingiusta.

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