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Tentato omicidio a Serrara, la parte civile: «L’imputato voleva uccidere Salvatore Iacono»

NAPOLI

. Si è svolta ieri mattina a Napoli, presso la settima sezione penale del Tribunale, una nuova udienza del processo nei confronti di Domenico Iacono. Nel febbraio 2016, il cittadino serrarese fu denunciato dal conterraneo Salvatore Iacono: al termine delle indagini successive, Domenico Iacono fu rinviato a giudizio con l’accusa di tentato omicidio. Dopo la richiesta di condanna del pubblico ministero, che un mese fa ha invocato una pena di sei anni di reclusione per l’imputato, ieri è stato l’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro a tenere l’arringa finale dinanzi al collegio presieduto dal giudice Palumbo. Un’arringa articolata, dettagliata, quella del noto penalista isolano, durata oltre tre quarti d’ora e dipanatasi ripercorrendo sinteticamente la vicenda a partire dallo scontro tra le vetture dei due protagonisti, titolari di due appezzamenti di terreno confinanti: una circostanza che aveva già dato origine a diversi contrasti. Il contatto tra le due vetture fu seguito dalla presunta aggressione che Domenico Iacono avrebbe portato nei confronti di Salvatore tramite un “marrazzo”, la roncola usata nei lavori agricoli. L’avvocato Molinaro ha evidenziato che l’esito dell’aggressione, risoltasi con alcune ferite alla testa e al braccio destro della vittima, non era stato fatale soltanto perché quest’ultima era riuscita a darsi repentinamente alla fuga dopo aver subìto i colpi sferrati con la roncola, pesante quasi due chili, alla quale aveva tentato di opporsi proprio protraendo il braccio destro. Secondo il penalista, il reato si è dunque fermato alla fattispecie di tentativo ma l’azione dell’imputato avrebbe potuto cagionare la morte della vittima, vista la zona del corpo destinataria dei colpi.

IL DOLO. La discussione si è poi addentrata su particolari più squisitamente tecnico-giudici, soprattutto circa la natura del dolo nel presunto aggressore. Il penalista, pur non nascondendosi la difficoltà della ricostruzione dei processi mentali che hanno attraversato la mente dell’imputato, e la conseguente delicatezza del compito di cui sono investiti i giudici del collegio, ha comunque affermato che esistono delle direttrici da seguire. Anche il presidente del collegio, il dottor Palumbo, si è mostrato vivamente interessato alla ricostruzione dell’elemento soggettivo del reato da parte dell’avvocato Molinaro, il quale ha spiegato che il tentativo, avendo come presupposto l’esecuzione di atti diretti alla commissione di un delitto, non può contemplare quella figura di dolo definita come “eventuale”, ma piuttosto il dolo diretto “alternativo”: numerosi riferimenti giurisprudenziali sono stati portati a corroborare tale ricostruzione. Nel caso in questione, si tratterebbe senza dubbio appunto di dolo diretto alternativo, dove ognuno degli eventi è stato voluto dall’imputato.  Per essere più precisi, come ha testualmente affermato in aula l’avvocato, previsione e volizione dell’evento sono sullo stesso piano, “equipollenti”. Il dolo  si evince dal comportamento del signor Domenico Iacono, prima e dopo la commissione del reato, ma anche dall’arma utilizzata, che non era certo una “spilla da balia”, bensì un’arma idonea a cagionare la morte. In particolare, il famigerato “marrazzo” è stato utilizzato dalla parte affilata, in grado di arrecare lesioni di gran lunga più gravi, che è stato diretto verso una parte del corpo (la testa della vittima, colpita alle spalle) che avrebbe potuto provocare la morte, come sottolineò anche il dottor Angelo Mascolo, consulente del pubblico ministero, nel corso della sua deposizione. L’avvocato ha richiamato anche diverse sentenze della Suprema Corte di Cassazione, che hanno stabilito come in tema di tentato omicidio anche la lieve entità delle lesioni non possano escludere l’intento omicida, anzi, a volte le lesioni possono  essere del tutto assenti, senza che venga meno il tentativo. Fra l’altro, il fatto che la vittima fosse in movimento ha sicuramente attutito l’entità delle lesioni, e qui l’avvocato Molinaro ha riportato un esempio “sportivo”, quale quello del pugilato, dove chi si difende può mitigare fortemente le conseguenze di un pugno ritraendo la testa all’indietro. Sulla natura del dolo l’arringa del penalista si dunque è fortemente discostata dalla linea tenuta dal pubblico ministero Ciro Capasso, che aveva invocato il dolo eventuale nel caso in esame, fattispecie che l’avvocato Molinaro ha spiegato essere del tutto incompatibile con il delitto tentato. Anche lo spirito di rivalsa nutrito dall’imputato nei confronti di Salvatore Iacono secondo la difesa di parte civile ha avuto un peso decisivo nel comportamento sfociato con l’aggressione armata. La legittima denuncia sporta da Salvatore Iacono nei confronti del vicino per alcuni lavori edilizi abusivi che avevano arrecato danno nel fondo confinante, secondo l’avvocato Molinaro ha indubbiamente contribuito alla determinazione dell’imputato.

TESTI. La discussione è poi continuata con l’esame delle dichiarazioni rese dai testimoni ascoltati durante il dibattimento: il signor Pasquale Maltese vide Domenico Iacono con una roncola in mano, e allo stesso tempo Salvatore Iacono che si copriva la testa con una mano insanguinata. Secondo il teste, come ha ricordato l’avvocato Molinaro, la vittima era poi fuggita, mentre il presunto aggressore era rimasto con il “marrazzo” tra le mani, prima di andarsene a sua volta. È stata citata anche la testimonianza resa dalla signora Marcellina Trofa che in seguito alle urla udite era uscita dalla sua abitazione notando un signore con l’attrezzo agricolo in mano, le due macchine urtate ferme sulla strada, e infine il signor Salvatore Iacono allontanarsi correndo e invocando aiuto. Sono state richiamate anche le dichiarazioni rese dal maresciallo Bonavoglia, che in aula ripercorse gli accadimenti di quel primo febbraio 2016, dall’informazione telefonica della lite appena avvenuta fino alla verifica del referto medico dell’Ospedale Rizzoli, che venne acquisito. Anche il comportamento dell’imputato dopo il fatto, resosi irreperibile per tre giorni e recatosi in un nosocomio della terraferma per farsi medicare, sono stati citati come ulteriore conferma della sua responsabilità. L’avvocato Molinaro ha poi sottolineato le incongruenze emerse nelle deposizioni dei due testimoni della difesa, il signor Iovene e il signor  Trani, le cui versioni dei fatti sarebbero false in quanto del tutto contrastanti con le evidenze documentali, soprattutto in relazione alle modalità dell’aggressione e delle ferite riportate da Salvatore Iacono.

Anche il consulente della difesa dell’imputato, il dottor Pietro Tarsitano, ascoltato il 28 febbraio scorso, del resto aveva ammesso sostanzialmente l’idoneità dell’azione offensiva a cagionare i danni. Ovviamente la difesa dell’imputato cercò di dimostrare che l’accaduto, comprese le ferite riportate da Salvatore Iacono,  è sostanzialmente il risultato di una colluttazione, mentre l’avvocato Molinaro ha posto in rilievo che il parere del dottor Tarsitano non corrisponde con quello che è emerso nel processo, cioè che i colpi avrebbero attinto la vittima praticamente di spalle,  quando  Salvatore tentava di fuggire all’aggressione. Il penalista h ricordato che  verso la fine dell’esame, il presidente del collegio giudicante, dottor Palumbo, aveva chiesto al consulente se l’oggetto usato come arma, la roncola meglio nota come “marrazzo”, utilizzata in un certo modo, avrebbe potuto cagionare un “exitus” letale, considerato il fatto che la calotta cranica protegge organi vitali. Il medico rispose che teoricamente l’oggetto avrebbe potuto farlo. L’avvocato Molinaro ha quindi concluso la sua discussione chiedendo al Tribunale di riconoscere la responsabilità penale e civile dell’imputato, oltre a una provvisionale di 10mila euro. La settimana prossima sarà la volta dell’arringa dell’avvocato Frojo, difensore del signor Domenico Iacono.

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Francesco Ferrandino

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