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Terme Ischia, bilancio di fine stagione. Di Costanzo: «Avvio difficile, ma sono tornati i tedeschi»

Gianluca Castagna | Ischia – Il termalismo è un segmento importante dell’identità e dell’economia turistica dell’isola d’Ischia, conosciuta – non a caso – in tutto il mondo anche per le sue straordinarie acque termali. Una pratica antichissima, un patrimonio culturale di ordine assoluto, ma anche un affare che muove milioni di euro, che produce benessere, vitalità, occupazione.
Una risorsa che deve trovare il suo ruolo aggiornato nelle esigenze di salute (e non solo) della società moderna. Vincendo quali sfide?

Protocolli terapeutici e di trattamento basati sulla scientificità e la sicurezza; individuazione di nuove forme di gestione delle strutture termali; utilizzo delle tecniche digitali in campo diagnostico e riabilitativo; inserimento del termalismo nei programmi nazionali sulla salute; attività sistematiche di indagini, analisi e ricerche; soluzione dell’annoso problema della depurazione; promozione e prospettive di rilancio all’altezza dei tempi (e della concorrenza, italiana e internazionale); aggiornamento delle strutture e formazione del personale alle luce delle nuove esigenze e trasformazioni sociali ed economiche in atto in un mondo sempre più globalizzato.
Sono solo alcuni degli aspetti con cui, negli anni a venire, deve confrontarsi il termalismo isolano se vuole uscire da quella sorta di appannamento che ne impedisce il dispiego completo delle sue infinite potenzialità. Una risorsa tanto grande, quanto sottovalutata.
Eppure sul territorio sono ben due le associazioni (Federalberghi Terme e Federterme, facente capo a Confindustria) che si occupano dello sviluppo della cultura termale e della promozione dell’intero settore. Il passaggio dell’Associazione Termalisti Isola d’Ischia da Federterme a Federalberghi Terme (avvenuto ormai oltre due anni fa), è sintomatico di una certa insofferenza pregressa che da tempo alimentava gli umori dei termalisti isolani. Ma anche di un spinta propulsiva a trovare nuove strade, energie e progettualità per il rilancio di un settore in affanno, forse mai adeguatamente valorizzato. Di questo, e altro ancora, abbiamo parlato con Giuseppe Di Costanzo, presidente (riconfermato nel marzo 2017) dell’Associazione Termalisti Ischia.

Presidente, perché nasce Federalberghi Terme e come spiega il passaggio compatto dei termalisti isolani da FederTerme alla nuova associazione?
Abbiamo preso questa decisione perché su alcuni argomenti, negli ultimi tempi, registravamo posizioni diverse tra Ischia e l’associazione nazionale. Resta tuttavia fermo lo spirito di collaborazione: la concorrenza fa bene a tutti perché ci spinge a essere uno più bravo dell’altro e operare i necessari miglioramenti in un settore che merita un forte rilancio.
Strategie troppo diverse?

Anche. Sui grandi principi si può essere tutti d’accordo: lo scopo delle associazioni è comunque difendere e promuovere il termalismo e le aziende che operano nel mercato. Purtroppo tra normative europee e italiane, e difformità di interpretazioni di una Direttiva come la Bolkestein, la vita di molte aziende termali dell’isola è diventata molto complicata.
I motivi di questa difformità?
Andrebbe chiesto agli uffici regionali. In Campania, ma non solo, sono sorte molte criticità per le aziende termali. Noi abbiamo sempre difeso l’interpretazione giusta: la Bolkestein non si applica al settore termale. Come poi è stato sancito anche dalla Legge di Bilancio, che cancella per il comparto l’obbligo di rinnovare e affidare le concessioni mediante gare pubbliche. Esistono ancora delle limitazioni che potrebbero creare qualche problema in merito in merito alle future concessioni. Tuttavia siamo molto fiduciosi in nuovi investimenti nel settore.

Al termine di questa stagione cosa possiamo dire sullo stato di salute del termalismo isolano?
L’inizio è stato molto lento, si è protratto fino a maggio e metà giugno, mesi tradizionalmente buoni per il termalismo. La partenza quindi è stata molto difficile, al di sotto delle aspettative e nel nostro settore quello che si perde, non si recupera. Nella seconda parte della stagione il trend è stato positivo, molto buono direi, rafforzato da un ritorno dei turisti tedeschi alle cure termali che ci rassicura e ci dà speranza per la prossima stagione.
La direttiva 2011/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011 indirizza complessivamente la prospettiva futura del termalismo italiano verso una prospettiva europea. Come sono i rapporti con l’altra clientela internazionale? Il turismo isolano, anche se timidamente, sta provando ad allargare la quota di turisti stranieri
Lo sosteniamo da molto tempo. Il termalismo ha una forte tradizione nei paesi che hanno avuto il benefici della dominazione romana, nei paesi slavi e in quelli arabi. Naturalmente anche cinesi e giapponesi, che amano molto l’antica medicina tradizionale, sono vicini al termalismo. Però ognuno ne dà un’interpretazione diversa. A Lacco Ameno, ad esempio, abbiamo incontrato di recente i delegati del turismo cinese in Italia e ci siamo trovati di fronte ad aspetti legati all’utilizzo delle acque termali molto diversi dai nostri. Nei paesi slavi è un termalismo più ospedalizzato, ci sono cliniche speciali per le cure. Naturalmente la cultura medica attuale è quella anglosassone, predominante in tutte le Università e centri di ricerca. Nella loro cultura, non vengono accettate come cura. Poi ci sono i francesi, anche loro con complessi termali e una tradizione di lunga data. Ne ospitiamo sempre più numerosi, ma si concentrano quasi solamente ad agosto. Intendiamoci: tutto è utile, specie quando arriva dal mercato internazionale. Però esiste chi ci dà 100 e chi 10. Dobbiamo tenerne conto.
Qualità del servizio: chi garantisce? Chi controlla?
L’ASL. E’ un partner molto severo, attento. Siamo soddisfatti, perché teniamo molto a certificare la qualità dei nostri trattamenti termali. E ribadisco: l’ASL è molto severo.

Il termalismo è un’ottima opportunità per destagionalizzare. Eppure non viene colta. Perché?
Dopo le grandi crisi economiche che abbiamo attraversato, un po’ tutto il sistema statale della medicina convenzionata è cambiato, per cui molte cose che venivano garantite oggi non possono esserlo più. Questo ha determinato un serio problema del nostro settore, e parlo di termalismo nazionale, non quello isolana, quindi è un problema che riguarda anche altre località termali. Pure quelle all’estero. Anche in Germania, ad esempio, il termalismo è in crisi: lo Stato che garantiva tutto, dalla culla alla tomba, non esiste più. Un problema che tra l’altro ha avuto ricadute gravi anche sull’occupazione.
Appunto, un tentativo serio di destagionalizzare sarebbe doveroso anche per dare fiato al mercato del lavoro.
Ci sono grossi costi. E la domanda, al momento, non c’è.
Non è anche l’offerta che fa la domanda?
Non sempre. Il problema è molto complesso, fatto di tante circostanze. Pensiamo ai trasporti marittimi fuori stagione, assolutamente inadeguati. Poi esiste una questione di prezzi. Calcoli che negli ultimi anni, per rimanere aperti d’inverno, bisogna accettare certe condizioni poco qualificanti. La politica dei prezzi troppo bassi, ad esempio. Ma c’è un aspetto molto positivo su cui stiamo lavorando come Federalberghi Terme: quello delle nuove disposizioni riguardo alla medicina transfrontaliera. Già da tempo è possibile fruire di prestazioni sanitarie in uno Stato diverso dal proprio grazie a dei provvedimenti di legge che garantiscono l’assistenza a determinate categorie come turisti, studenti, lavoratori, pensionati, e per specifiche situazioni tra le quali un temporaneo soggiorno all’estero per le cure. Una nuova legge quadro del settore potrebbe determinare una situazione nuova che forse ci aiuterebbe molto.

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Come sono i rapporti con le Università e i centri di ricerca?
Ottimi. Chi segue tutti i problemi relativi agli scarichi lo sa. Ci avvaliamo di consulenti impiegati anche dagli enti pubblici. Abbiamo bisogno di monitorare costantemente la qualità delle nostre acque termali, la tipologia è molto varia, quindi manteniamo un forte rapporto di collaborazione con centri di ricerche e studi medici. Alcuni di questi studi, commissionati dall’Associazione Termalisti dell’isola d’Ischia, sono stati pubblicati su riviste di grande prestigio internazionale.
E’ intervenuto al Radon Day al Polifunzionale di Ischia. I termalisti isolani hanno pari sensibilità riguardo ai temi della radioattività ambientale?
Certo, i primi studi completi sull’emissione di radon li abbiamo fatti noi dell’Associazione oltre 20 anni fa. Nelle strutture termali di Ischia non sono registrati episodi particolarmente pericolosi. Interessanti sì, ma pericolosi no. Ho conosciuto la Prof.ssa Pugliese del Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” tanti anni fa proprio con l’associazione che io rappresento. A quel tempo, nel rapporto di odio- amore che l’isola d’Ischia ha con il radon e la radioattività in generale, si viveva un momento di grande odio, tutti erano preoccupatissimi. Proprio grazie a quegli studi abbiamo dimostrato che, grazie ad alcuni accorgimenti, è possibile affrontare la questione senza troppi allarmismi. Chi conosce il problema, lo affronta bene. Il pericolo diventa meno pericolo. Certo, le paure sono sempre emergenti, le fake news non sono un’invenzione recente. Ma non dobbiamo pensare alla pericolosità del radon e della radioattività come qualcosa di inevitabile. Le informazioni, i convegni, gli studi e il coinvolgimento delle nuove generazioni possono dare un contributo forte alla conoscenza, soprattutto se documentati.

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