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Il terremoto di Casamicciola in una tesi di laurea

ISCHIA. Ilaria Mennella, giovane isolana, ha conquistato un importante traguardo: il diploma accademico di Primo livello al Corso di Scultura, presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Un traguardo coronato da una tesi nel cui sviluppo ha contato molto anche la drammatica esperienza del sisma che colpì la nostra isola un anno fa.  È Ilaria stessa a spiegarlo, nella sua tesi, intitolata “I’m art, you’re art”, di cui vi proponiamo alcuni stralci che meglio esprimono il significato del concetto studiato da Ilaria.

INTRODUZIONE

«Durante il mio percorso di studi mi è capitato spesso di confrontarmi con cose che mi erano nuove ed il più delle volte, il mettermi alla prova con progetti di vario genere mi mandava in uno stato confusionale, tanto da ritenermi non in grado di riuscire a realizzare qualcosa di puramente artistico. Tutto ciò mi ha portata a riflettere sul concetto di arte, sulla sua funzione e sul perché per fare arte è necessario avere specifiche competenze o doti. Da qui la scelta del mio tema. Mi sono interessata a ricercare qualcosa che fosse aperto a tutti, che tutti potessero comprendere e a cui tutti potessero partecipare. Un qualcosa che testimoniasse il fatto che non bisogna essere artisti per fare arte e che chiunque possa avere la possibilità di avvicinarsi ad essa. L’arte relazionale, oggetto della mia tesi, è una forma di arte contemporanea la quale ripensa in modo nuovo le figure dell’artista, dell’opera e del pubblico fruitore. Essa va alla ricerca dell’origine di una sorta di creatività collettiva che si esprime attraverso pratiche artistiche nuove nei modi, nelle tecniche e nelle finalità, per la quale non è importante l’opera, ma la sua motivazione e il suo processo, dove la “relazionalità” introduce la “necessità” della collaborazione artista-fruitore. Nei prossimi capitoli si parlerà delle origini di questo tipo di arte, della sua teorizzazione, elaborata dal critico e curatore francese Nicolas Bourriaud nel suo libro “Estetica Relazionale” (1998) e dei diversi tipi di azione che possono costituire questo determinato concetto di arte. Seguirà un’analisi degli artisti che lavorano in campo relazionale e delle mostre contemporanee più famose, tra cui la mostra “Traffic 1996”, presso il CAPAC di Bourdeaux, curata dallo stesso Bourriaud.  Numerose sono le critiche avanzate nei confronti del critico francese e del suo pensiero. In particolar modo sarà dedicato un capitolo al saggio “Antagonism and Relational Aesthetics” di Claire Bishops, pubblicato sulla rivista October nel 2004, dove si analizzeranno i principali punti di critica posti al fine di confutare i concetti di Estetica Relazionale. Il titolo dell’intera tesi I’M ART, YOU’RE ART, è stato pensato proprio per rendere l’idea di integrazione del pubblico nel contesto artistico. Di fatti in conclusione verrà presentato un personale esperimento di Arte Relazionale realizzato grazie alla collaborazione degli abitanti del Comune di Casamicciola Terme che nel 2017 ha subito un tremendo e violento terremoto. L’opera è basata proprio sul processo di creazione in comune e servirà a testimoniare praticamente il concetto di relazionalità nell’arte».

 

PRIMO CAPITOLO – L’ARTE RELAZIONALE

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«L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana, svolta singolarmente o collettivamente, che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Pertanto l’arte è un linguaggio, ossia la capacità di trasmettere emozioni e messaggi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione. Da questa definizione si può affermare dunque che l’arte non è considerata esclusivamente come una produzione di oggetti specifici da far ammirare al pubblico ma può essere un mezzo per unire artista, opera e spettatore. L’Arte relazionale è un’arte che verte sull’universo delle relazioni umane e del contesto sociale in cui si svolgono e che implica la partecipazione attiva del pubblico a cui è destinata. Tema fondamentale della ricerca di questa tipologia di arte è il rapporto tra arte e vita, sulla base di una analisi di carattere filosofico-esistenziale dell’individuo moderno. La problematica del rapporto tra arte e vita è stata nel tempo una problematica altamente importante per l’umanità. Nel mondo dell’arte quasi tutti gli artisti si sono trovati ad analizzare questo rapporto, hanno cercato di studiarlo e hanno cercato il modo di rappresentarlo nelle loro opere. Molti hanno ragionato sulle modalità attraverso le quali l’arte entra in relazione 00con la vita degli individui, come essa incida nel loro modo di comportarsi e nel loro pensiero e come essa gravi nel miglioramento della vita quotidiana. Nell’era moderna e contemporanea, e in particolare in occidente, l’arte è stata considerata “fine a se stessa”, autonoma dalle altre sfere del sociale, per liberarla dai legami religiosi, ideologici e politici, ma ben presto ha iniziato a svolgere una funzione trasformativa ed un ruolo sociale importante ed ha spostato il suo accento da alcune forme tradizionali ad altri e nuovi linguaggi. Alcune teorie estetiche hanno considerato la stessa vita come possibile opera d’arte. In particolare, all’inizio della seconda metà del XIX secolo, di fronte all’ oppressione del mondo industriale, all’ampliarsi delle metropoli percorse da folle immense, all’insorgenza di nuove classi tra i cui bisogni urgenti non s’impone certamente quello estetico, l’artista sente minacciati i propri ideali e decide di farsi “diverso”.  L’artista relazionale, abbandonando l’idea della produzione di un qualsiasi oggetto artistico, si concentra sulle possibilità di intervento sulla persona, la propria e quella del fruitore, in un rapporto di reciproche influenze ed interazioni.  L’arte diviene così luogo di incontro, dialogo e confronto in cui l’artista gestisce con metodologie proprie il compiersi della finalità dell’opera. Di conseguenza l’opera artistica subisce nel tempo un cambiamento: è passata dall’essere monumento, dipinto, opera finita e fisica, a essere evento partecipativo e mutevole.  Durante gli anni ‘60 l’approccio comunicativo era la conclusione del processo artistico; ora tale aspetto è il principio, l’origine della riflessione su cui si basa il processo e su cui si basa l’opera finale. L’Arte Relazionale, quindi, va alla ricerca dell’origine di una sorta di creatività collettiva che si esprime attraverso pratiche artistiche nuove per la quale non è importante l’opera, ma la sua motivazione, la processualità attraverso la quale si compie, in una “zona di confine indistinta tra io e noi”. Le opere non sono più quadri, immagini, sculture, ma vere e proprie performance e azioni che hanno come carattere principale l’essere effimere e partecipative. In concreto le opere non sono oggetti comuni commercializzabili, ma in realtà ciò che è considerato l’oggetto del lavoro è un rapporto personale con il mondo, che si concretizza in un’opera che determina le relazioni che si hanno verso questo rapporto.

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“È un’arte volta a creare rapporti sociali con l’interumano.” (Nicolas Bourriaud)

Si pensa che questa ricerca sia nata ai tempi della corrente dadaista negli anni ’10 -’20 del Novecento quando si ragionava sul fatto che ad attribuire significato e valore all’opera d’arte era il meccanismo attraverso cui lo spettatore diffonde le relazioni tra artista e mondo in cui l’opera è inserita.

“Sono gli spettatori a fare i quadri.”

Con quest’affermazione Marcel Duchamp presupponeva la transitività come proprietà già appartenente all’opera d’arte. Tra i primi a fornire una codificazione più precisa di questo tipo di estetica è Nicolas Bourriaud, uno dei critici e curatori contemporanei di maggiore rilevanza nella seconda parte del XX secolo, che, grazie alla sua esperienza a contatto diretto con gli artisti, teorizza una nuova definizione per le pratiche artistiche anni Novanta. Dalle sue considerazioni consegue un cambiamento dei valori legati all’ideazione delle opere d’arte e anche ad un cambiamento del ruolo dello spettatore che allo stesso tempo è produttore dell’opera stessa e coinvolto emotivamente e personalmente nell’atto. Anche il ruolo dell’artista cambia, perché si pone a livello del suo pubblico e mette in primo piano nel suo lavoro l’interazione tra persone e il modello di partecipazione».

CONCLUSIONE

Infine, vi proponiamo la conclusione della tesi di Ilaria: «Con il presente lavoro di tesi ho cercato di analizzare e mettere in luce la pratica e le teorie relazionali di Bourriaud. L’ artista relazionale diventa una specie di regista di azioni e di pratiche in diversi luoghi seguendo un progetto che non è più concepito come il lavoro manuale di una sola persona, ma come il risultato di un gruppo di lavoro.

Come già anticipato nell’introduzione, l’arte relazionale ha catturato la mia attenzione nel momento in cui si è acceso l’interesse di cercare l’arte in tutto ciò che è la quotidianità, quindi l’allontanarsi dalla bellezza materiale e l’avvicinarsi a un qualcosa a cui tutti potessero prendere parte, non solo l’artista. A tal proposito ho voluto sperimentare la messa in atto di un processo creativo che ha messo in relazione persone che hanno in comune l’esperienza di un episodio tragico della loro esistenza. Il 21 agosto 2017 il mio paese è stato colpito da un evento il quale, oltre alla terra, ha scosso anche gli animi e la vita delle persone. Dopo un disastro del genere la quotidianità di Casamicciola è andata perdendosi per sostituirsi alla paura, alla disperazione e allo sconforto. Nel giro di circa quattro secondi numerose famiglie hanno perso il loro tutto: le loro case, il loro lavoro e le loro abitudini. Oggi, a distanza di quasi un anno, la piccola frazione di Casamicciola è una zona fantasma, disabitata e priva del via vai che era solita avere, costituita da   nient’altro che macerie e case crepate che dominano in un inquietante silenzio. Proprio per questo motivo ho pensato di inserire la pratica relazionale in questo contesto. Lo scopo è quello di dare vita, anche se solo temporaneamente, a un luogo che da quasi un anno non lo è più. Grazie a coloro che si sono resi disponibili a contribuire all’opera fisicamente e simbolicamente, lasciando delle impronte colorate in quelle strade desolate, abbiamo reso un’idea di vita. Le impronte rappresentano la prova di un passaggio e trasmettono il senso di quotidianità tipico di ogni paese, allo stesso tempo possono essere una speranza per un futuro di ripresa, speranza che non ha mai abbandonato l’animo di queste persone. La relazionalità è resa grazie all’intervento di coloro che hanno preso a cuore questo progetto essendo stati essi stessi, con le loro famiglie, vittime di questo disagio. Quindi l’opera non è svolta personalmente ma la realizzazione è di un gruppo di persone che seguono passo dopo passo le indicazioni. L’individualità è messa da parte per dare spazio alla collettività anche nell’agire artistico».

 

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