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Abusi di necessità, “scintille” tra De Chiara e Falanga

È stata copiosa l’affluenza a un convegno che, nonostante la natura tutto sommato piuttosto “tecnica” del tema in esame, ha sviscerato i numerosi aspetti di un problema notoriamente molto sentito da gran parte dei cittadini isolani. Parliamo della proposta di legge del senatore Ciro Falanga, che punta a introdurre un criterio di gradualità nell’esecuzione degli abbattimenti degli immobili abusivi, e che è stata oggetto di un interessante dibattito svoltosi ieri pomeriggio a partire dalle 17 nella Sala azzurra dell’Hotel Regina Isabella, brillantemente moderato dal giornalista Ciro Cenatiempo. Il sindaco di Lacco Ameno Giacomo Pascale ha fatto gli onori di casa, dando il benvenuto al prestigioso parterre di relatori e alle Forze dell’ordine rappresentate in sala. Il primo cittadino ha ribadito l’ingiustizia della mancata applicazione del “terzo condono” nella regione Campania e ha auspicato che la legge Falanga «sia l’inizio di una fase positiva che porti a una seria iniziativa legislativa a favore di migliaia di cittadini finora discriminati».

Il presidente dell’Assoforense isolana, l’avvocato Francesco Cellammare ha poi aperto i lavori: «Oggi affrontiamo un tema scottante, ma credo che il ddl Falanga rappresenti un punto di svolta verso una legge che riconosca finalmente il diritto costituzionalmente riconosciuto alla propria abitazione. La distinzione tra la speculazione edilizia e la necessità abitativa è fondamentale e speriamo che quanto prima il legislatore riconosca tale differenza». I saluti istituzionali dell’avvocato Armando Rossi, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli che ha ricordato ai numerosi presenti l’inizio tra pochi giorni della quinta edizione del prestigioso premio “Andrea Cafiero” (che per la prima volta si svolgerà a Ischia), hanno preceduto il lungo e articolato intervento dell’avvocato Bruno Molinaro che ha illustrato il nascente provvedimento legislativo.

IL DDL SECONDO MOLINARO. L’esperto professionista ha compiuto una ricognizione della storia recente della materia: «L’hanno chiamata “legge bloccaruspe”, “cavallo di troia”, “condono mascherato”, ma non è così. È una legge che mette ordine nella complessa materia, e regolamenta i poteri sanzionatori dal punto di vista amministrativo, aspetto poco considerato dalla stampa, dagli ambientalisti e dagli stessi critici. Un interrogativo è se questa legge possa valere anche per quelle r.e.s.a. (provvedimenti inseriti nel registro esecuzioni sanzioni amministrative) già finanziate dalla Cassa depositi e prestiti, quindi sentenze già passate in giudicato. Io credo che il ddl Falanga si applichi anche in tali casi, perché va a incidere sul versante sanzionatorio penale, e quindi opera anche per il passato. Il nuovo testo legislativo prevede tre categorie: la prima riguarda gli immobili costruiti su aree demaniali, o soggette a vincolo oppure di impatto ambientale. La seconda categoria, gli immobili che per qualunque motivo costituiscono un pericolo per la pubblica e privata incolumità. La terza categoria è costituita dagli immobili realizzati da soggetti appartenenti alla criminalità.

All’interno di queste tre categorie il procuratore dovrà dare la priorità, di regola, agli immobili in corso di costruzione o comunque non ultimati alla data della sentenza di condanna di primo grado e agli immobili non stabilmente abitati». Molinaro ha ricordato che diversi critici si sono scagliati sulla legge, ritenendola contraria al diritto costituzionale e a quello comunitario, mentre invece la Corte europea per i diritti umani (Cedu) ha esplicitamente riconosciuto l’inviolabilità del diritto alla propria abitazione. «L’interesse punitivo dello Stato va coniugato a tale diritto, ed è stato così sancito dalla Cedu. La legge Falanga recepisce meritoriamente tale orientamento», ha spiegato Molinaro, che ha ricordato come fin dal 2008 era stato adottato un protocollo d’intesa a Siracusa, seguita poi da altre città. Essi stabilivano quelli che di fatto erano accordi di programma, adottando il principio di gradualità nelle demolizioni ben prima che esso venisse legislativamente riconosciuto. Anzi, proprio il protocollo di Santa Maria Capua Vetere, poteva essere definito un condono mascherato. «Invece il ddl Falanga è molto più restrittivo – ha spiegato Molinaro – anche del decreto Riello, e non lega affatto le mani alla giustizia, ma evita le disparità di trattamento tra i circondari e i distretti. Riello aveva già contemperato i principi dell’uguaglianza, della solidarietà e del valore sociale della proprietà. A Salerno, invece, senza un protocollo, è stata abbattuta un’abitazione».

Secondo l’avvocato, il ddl Falanga mette ordine nella fase esecutiva delle demolizioni, privilegiando la distruzione degli ecomostri. «Un’altra critica è quella secondo cui tale legge favorisce gli avvocati aumentando il contenzioso. Non è vero: nessun avvocato coscienzioso consiglierà mai al cliente di completare l’edificio in via di costruzione, visto il dato normativo». Molinaro si è soffermato anche sui poteri che la legge conferisce al Prefetto: «In tale ottica essa è più restrittiva di quanto stabilì la terza sezione della Cassazione nel ’99. Decorsi nove mesi sarà il Prefetto a procedere, e contemporaneamente non viene meno l’importanza dei Comuni». Secondo alcuni lo stanziamento dei fondi per la demolizione non sarebbe sufficiente. «Non è così – ha smentito ancora Molinaro – perché i dieci milioni annui stabiliti dalla legge vanno semplicemente ad aggiungersi ai 50 milioni già previsti dal fondo di rotazione della legge del 2003».

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SCINTILLE FALANGA-DE CHIARA. Dopo gli interventi degli altri relatori, i cui dettagli leggete a parte, non è mancato un serrato e vivace confronto tra il dottor Aldo De Chiara e il senatore Ciro Falanga. L’ispiratore della legge ormai prossima all’approvazione definitiva in Parlamento ha contestato il parametro utilizzato da De Chiara per cercare di definire l’abuso “di necessità”, basandolo sui metri quadri dell’immobile: «Non capisco come faccia il dottor De Chiara a utilizzare tale criterio: chi costruisce una casa può anche prevedere di viverci insieme ai suoi figli, quindi anche una casa, poniamo, di 180 mq può essere definita di necessità». Immediata la risposta di De Chiara: «Se così fosse, perché invece alcuni cittadini devono accontentarsi di un appartamento di edilizia pubblica?». E Falanga ha ribattuto: «Dov’è questa edilizia pubblica, in concreto?».

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Il botta e risposta è continuato anche su un altro fronte, la legge regionale, che prevede l’acquisizione dell’abuso al patrimonio del comune. Falanga è stato battagliero anche su questo punto: «Mi sembra un assurdo dal punto di vista civilistico. Se l’immobile è illecito, come può l’ordinamento stipulare un contratto di locazione con l’autore dell’abuso per consentirgli di continuare ad abitarlo? Io credo che gli uomini delle istituzioni dovrebbero provare vergogna ad abbattere un immobile di chi, rispettando le leggi dello Stato, magari lo ha acquistato “davanti al notaio” e non ha commesso alcun abuso».

L’appassionato dibattito è così salito di tono, e il “duello” De Chiara-Falanga è diventato una “triangolazione” quando si è inserito anche il giudice Alberto Capuano, il quale ha affermato che la legge andava perlomeno scritta in modo migliore per evitare di creare nuove incertezze interpretative, e l’avvocato Molinaro. Insomma, non si può dire che sia stato un convegno “ingessato”, e il susseguirsi degli interventi ha appassionato il pubblico, composto non soltanto da avvocati ma anche da diversi cittadini, ansiosi di conoscere gli sviluppi di un iter legislativo che comunque avrà importanti conseguenze nella spinosa materia.

Francesco Ferrandino

foto di Franco Trani

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