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Terremoto e furbetti: non decide il cittadino a chi spetta il Cas

Spett.le dott. Gaetano Ferrandino,

leggo il suo articolo apparso sul quotidiano “Il Golfo” il giorno otto dicembre scorso, dall’inquietante titolo “I furbetti del terremoto” dove in maniera oserei dire inopportuna affibbia l’aggettivo di “furbetto” a chi ha perso casa, al punto da crearLe persino sdegno. Afferma quindi che, in dispregio a colui che “… realmente ha perso la casa e quindi gli affetti più cari…” ci siano altri che vogliono “accaparrarsi il gruzzoletto mensile…”. Quindi a suo dire, solo chi ha perso l’unica casa ha subito un danno mentre per tutti gli altri terremotati, è normale perderla, così come fare a meno degli affetti più cari (sic!). Ma lei sta scherzando o ha scritto ciò con cognizione di causa? Mi auguro che tale sua apodittica affermazione sia una madornale scivolata a cui le consiglio (a nome di tutti i terremotati) di porre rimedio quanto prima.

Lei focalizza l’articolo sugli aventi diritto del contributo CAS – acronimo di contributo di autonoma sistemazione – dove da una prima verifica degli addetti comunali emergerebbe che non tutti i richiedenti possano beneficiarne, anche perché presentate “taroccate” da soggetti non titolari dei requisiti necessari. Lei si porta all’art. 2 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 476 del 29 agosto che, tra le varie, indica appunto i predetti requisiti: “Nuclei familiari la cui abitazione principale, abituale e continuativa sia stata distrutta in tutto o in parte, ovvero sia stata sgomberata in esecuzione di provvedimenti delle competenti autorità, adottati a seguito dell’evento sismico…”.

Dallo stesso sito della Protezione Civile, a cui quello del Commissario delegato per il sisma di Ischia fa riferimento, emerge però in sintesi quanto segue:

1) Il CAS è un contributo per il ristoro al disagio di chi ha la casa inagibile;

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2) Il CAS è una misura destinata alla famiglie ed al singolo cittadino la cui abitazione si trova in area in cui è vietato l’accesso (zona rossa) oppure è stata distrutta in tutto o in parte o è stata sgomberata in seguito al sisma;

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3) Possono far richiesta tutti i residenti delle zone colpite dal sisma;

4) Possono far richiesta anche il non residente ma in questo caso bisogna dimostrare che alla data del terremoto abitava stabilmente in un edificio inagibile, distrutto a causa del terremoto o in zona rossa. A tale scopo il cittadino deve presentare adeguata documentazione (es. contratto di lavoro, contratto di affitto, intestazione di utenze).

Quindi, secondo Lei, cosa significa avere la dimora abituale e continuativa? Significa avere solo la residenza? Significa avere un’attività produttiva, imprenditoriale e/o professionale? Significa vivere in quella casa frequentemente? Oppure essere titolari di quelle unica casa (ora inagibile) e non averne altre come lei lascia intuire? Ebbene, conviene con me che i requisiti così come indicati lasciano parecchie libere e legittime interpretazioni su chi ne ha realmente il diritto? Non pensa invece che il modello CAS, per il sisma di Ischia, vista la particolarità alloggiativa e lavorativa della nostra isola, doveva essere predisposto in maniera più chiara e non fare un veloce “copia e incolla” del modulo del sisma dell’Italia centrale? Per me, ai fini di una vera giustizia, al di là di tutti questi cavilli e precisazioni che creano solo confusione al povero terremotato, il CAS dovrebbe essere dato a tutti i terremotati che hanno la casa inagibile, dando ovviamente precedenza ai titolari dell’unica casa e secondariamente e in misura ridotta a tutti gli altri. Perché a chi sì e a chi no? Sono o non sono i proprietari di altre case che contribuiscono maggiormente al mantenimento (vedi Imu e Tarsu) degli Enti locali? Mi preme nuovamente ricordare che il CAS è un contributo per il ristoro al disagio di chi ha la casa inagibile! Quindi in linea di principio ed equità sociale tutti i terremotati con la casa inagibile stanno vivendo un disagio e pertanto tutti devono avere questo contributo. Specie per l’abbandono dello Stato per quanto riguarda i tempi e le certezze per la ricostruzione.

Non sarebbe a questo punto opportuno che il Commissario delegato (o anche i sindaci dei Comuni colpiti dal sisma) chiarissero meglio anche questo aspetto nella “faq” aggiornata al 28 novembre 2017 (vedi sito del Commissario delegato) mentre i termini di presentazione “stranamente” hanno avuto una scadenza anticipata al 17 novembre? Così per dare la possibilità eventualmente di rimediare, ritirando e/o rettificando le domande già presentate? Guardi, sarebbe una clamorosa ingiustizia verso il terremotato che oltre al danno subisca anche la beffa nell’avere “l’umiliazione” e un accanimento degli organi “inquisitori” alla luce dei tanti sacrifici effettuati nel tempo per mantenere, anche fisicamente, la propria casa ora inagibile. Credo sia inutile ricordarLe che oggi, tra tutti i terremotati con la casa inagibile, esiste una condizione di disagio che per certi versi è di vera sofferenza. Augurare ad alcune di queste persone un altro “… brutto quarto d’ora…”, mi consenta, ma significa essere un pochino perfidi e cattivi!

Perché invece di sfornare articoli di “scalpore”, Lei e gli altri giornalisti ischitani, che avete un grande potere nella produzione di parole e immagini, non aiutate informando, laddove latitano gli altri, il terremotato affinché non cada, per così dire, in fallo? Guardi, che se di furbetti si vuole parlare, inizi da quelli veri… dai Furboni. Cioè quelli che hanno le case fantasma, quelli che eludono le tasse, quelli che hanno costruito illegittimamente in dispregio ad ogni norma di legge, lucrando sull’onesto cittadino. Ma di certo non possono essere definiti tali, i terremotati (isolani e non) che proprio a Ischia il 21 agosto hanno perso casa. Non sono questi i “furbetti” che cercano ristoro e rimedio ad un grosso danno subito. Non trova? In attesa di un suo articolo chiarificatore rimango fiducioso anche degli enti in indirizzo e specie per il commissario delegato, affinché in maniera più esaustiva vengano chiariti i requisiti degli aventi diritto al CAS.

Con cordialità,

Antonio Di Costanzo

***

RISPONDE GAETANO FERRANDINO – Egregio signor Di Costanzo, faccio una premessa: questa sua lunga missiva viene pubblicata soltanto perché io sono una di quelle persone che odia la censura in tutte le sue forme, e su questo posso assicurarle di costituire poco più di una mosca bianca, almeno dalle nostre parti. Ciò premesso, non posso esimermi dal dirle senza troppi giri di parole – e spero che me ne scuserà – che nelle sue esternazioni c’è un vero e proprio delirio e presumibilmente anche un pizzico di malafede. Lei inizia spiegando come stanno le cose, poi prosegue sottolineando come dovrebbero stare. In realtà il mio articolo di venerdì scorso, caro signor Di Costanzo, è chiarissimo ed è stato compreso anche da molti terremotati che non vedono l’ora che la Guardia di Finanza si muova per davvero. I giri larghi che lei fa attraverso le sue elucubrazioni, mi creda, sono davvero di difficile comprensione. Faccia una cosa, visto che lei non ha capito il contenuto del mio articolo (mi sembra impossibile, ma sa… sono uno di quelli che crede sempre alla buonafede  del prossimo) mi contatti per un caffè, che provo a spiegarglielo da vicino, forse riuscirò a essere più chiaro e a ovviare a una sua errata – macroscopicamente errata – lettura.

Mi permetta altre due considerazioni. La prima: lei scrive che a suo avviso il CAS non andrebbe dato solo a tizio o caio ma a tutti. Bene, io le rispondo che quello che pensa lei, così come quello che posso pensare io, non rappresenta vangelo e se ci sono regole e paletti è giusto che vengano rispettati. E mi creda, glielo ribadisco ancora una volta, qui c’è qualcuno che ha cercato di cogliere la palla al balzo. Il tempo dirà se avevamo ragione o meno. Nel frattempo, mi sia consentito un auspicio: ora più che mai, a tutela dei terremotati e delle persone “realmente bisognose”, è giusto che indaghi la Finanza. Secondo: accetto tutto, ma non si permetta più di scrivere che io ho augurato “un brutto quarto d’ora” ai terremotati, davvero non si permetta più. Questa è un’osservazione talmente sciocca che meriterebbe una querela, voglio continuare a far finta che lei non abbia capito nulla. Il brutto quarto l’ora l’ho augurato, e continuo a farlo, su chi ha pensato di lucrare su questa storia. E lo ribadisco ad alta voce, senza se e senza ma. Ma più ci penso e più mi sembra impossibile che lei possa non aver compreso. Cordialità.

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