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Il terremoto, il malessere e l’isola che non conosce la coesione

Sarò sincero, pur correndo il rischio di rivelarmi impopolare. Non vedo nulla di buono all’orizzonte per le nostre comunità relativamente alla gestione del post terremoto. Dallo scorso 21 agosto qualcosa è stato fatto, non sarebbe giusto sparare nel mucchio ed essere sempre e soltanto disfattisti, ma adesso che siamo arrivati alla prova del nove – al momento in cui bisogna mostrare i muscoli – l’impressione è che rischiamo di fare i conti col nostro atavico nemico o difetto. La mancanza di unità e di coesione della isclana gente, che potrebbe rivelarsi un vero e proprio boomerang. Soprattutto in uno “spartiacque” come questo, in cui ci sarà la necessità di essere ascoltati dal Governo centrale e dunque sarebbe da autentico suicidio presentarsi in maniera sparpagliata.

Eppure mi pare evidente che tutti i segnali sembrano andare esattamente in questa direzione. Mi riservo di assumere qualche informazione in più sul nuovo “movimento associazionistico” che si è riunito ieri sera al Capricho, ma sembra chiaro che si tratti di un soggetto che, se proprio non si pone in contrapposizione al comitato Risorgeremo Nuovamente, di certo rappresenta un nuovo e diverso e autonomo organismo. Non ci vuole molto a capire e trarre la conclusione che già Casamicciola alta è divisa in due, figurati il resto. E fin qui siamo alla faida familiare, vale a dire a quella che riguarda la singola municipalità, con riferimento alla cittadina termale. Ma c’è dell’altro. Sempre rimanendo in tema di Capricho – per ovvi motivi divenuto negli ultimi tempi una sorta di “ombelico del mondo” – all’assemblea che si è svolta la scorsa settimana c’era soltanto un eroe chiamato Raffaele Di Meglio, vicesindaco di Barano, a rappresentare un Comune isolano a parte Casamicciola e Lacco Ameno. E si discuteva di terremoto, con tutti i problemi annessi e connessi. Di Ischia, Forio (per giunta parte in causa, sia pure in piccola parte…) e Serrara Fontana nessuna traccia. E a poco vale l’alibi della presenza dei primi cittadini a Roma per discutere la questione legata alla salvaguardia sull’isola del presidio giudiziario: tra assessori e consiglieri comunali, c’era un ampio ventaglio di scelta per spedire almeno un delegato all’importante appuntamento. Sarebbe stato un apprezzato, per quanto magari solo simbolico, attestato di vicinanza. Invece niente. Un atteggiamento, quello che arriva dall’altra parte dell’isola, che continua ad esasperare la gente di Casamicciola e Lacco Ameno che non a caso ultimamente ripete in maniera reiterata, quasi a loop, lo stesso avviso ai naviganti: “Siamo stufi, se muore Casamicciola muore tutta l’isola d’Ischia”. E l’impressione è che di questo passo, prima o poi, dal dire si passerà inesorabilmente al fare.

In questo panorama a tinte decisamente fosche, ho fondato motivo di ritenere che il corteo di protesta in programma martedì 7 novembre possa rappresentare una sorta di crocevia e rimettere a posto una serie di equilibri o finire di “scombinarli” definitivamente. In primis ci si aspetta la presenza di tutti coloro che hanno subito danni e disagi dal terremoto (si parla di oltre 2.000 persone ma chissà perché in tutti gli appuntamenti che contano se ne registra la presenza al massimo di 200) ma anche del resto della comunità isolana. Anche di chi non ha perso casa, lavoro, affetti, la sua quotidianità, e continua a vivere come se nulla fosse accaduto. Chi lo fa sta commettendo un errore gravissimo, non rendendosi conto che le conseguenze di questa calamità ricadranno sul groppone di tutti quanti noi, indistintamente. E non soltanto in termini di presenze turistiche (il danno, più o meno, c’è stato già) ma anche di turbamento di quella pace sociale che per l’isola e la sua gente ha rappresentato una conquista che ci siamo sudati. E che in fondo ci rendeva, se non il paradiso dei tempi andati, un’oasi ancora felice.

gaetanoferrandino@gmail.com

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