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Terzo condono, il Consiglio di Stato ampia l’applicabilità

ISCHIA. Dal Consiglio di Stato arriva un’importante sentenza sul tema, sempre incandescente, delle normative condonistiche. L’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro ha visto accolte le sue argomentazioni nel giudizio di appello su una decisione del Tar relativa all’applicabilità del terzo condono edilizio. Parliamo della “famigerata” legge 326 del 2003, che riguarda tante abitazioni e immobili della nostra isola, oltre che dell’intera regione, e che è stata al centro del recente aspro dibattito parlamentare e mediatico nato intorno all’approvazione delle misure urgenti per la ricostruzione post sisma. La sentenza che andiamo a illustrare ha ribaltato la decisione del Tribunale amministrativo regionale, che aveva respinto il ricorso proposto da una cittadina contro il diniego del Comune di Casoria sull’istanza di condono edilizio relativa a un locale commerciale strumentale all’esercizio dell’attività. I giudici di primo grado avevano respinto il ricorso sul rilievo che “il condono edilizio di un locale ad uso commerciale ai sensi della legge n. 326/03 e s.m.i non è concedibile”; a sostegno del decisum, hanno richiamato il “consolidato indirizzo giurisprudenziale in forza del quale, ai sensi dell’art. 32, co. 5, d.l. n. 269/2003, il condono è applicabile soltanto agli interventi di edilizia residenziale”. La cittadina campana, assistita dall’avvocato Molinaro, si oppose. La questione è stata discussa dinanzi la Sesta Sezione del Consiglio di Stato lo scorso 15 novembre: nei giorni successivi, ecco il responso che invece accoglie in pieno la prospettazione difensiva, stabilendo un importante precedente. Il collegio della Sesta Sezione nella sentenza spiega dapprima che con il primo motivo d’appello, l’appellante aveva dedotto l’errore di diritto in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure laddove – senza considerare la reale natura dell’intervento oggetto di condono consistente nell’ampliamento del preesistente locale a destinazione commerciale – hanno avallato il diniego impugnato, sebbene l’articolo 32, comma 5, d.l. n. 269/2003 escluda il rilascio del condono (limitatamente) ai (in toto) nuovi manufatti abusivi non residenziali. Ritenendo l’appello fondato, i giudici affermano chiaramente che, “in conformità all’indirizzo tracciato da Consiglio Stato, nell’adunanza plenaria n. 4/2009, qui condiviso, gli ampliamenti di costruzioni esistenti, senza alcuna distinzione circa la loro destinazione d’uso, sono suscettibili di condono”. Infatti si è osservato che “il legislatore del 2003, nel reiterare la normativa sul condono, ha inteso ridurne l’ambito di operatività oltre che per preservare varie tipologie di vincoli posti a tutela del territorio, anche con riferimento alla destinazione del manufatto, nell’obiettivo di bilanciare l’interesse al recupero della legalità violata con le imponenti ragioni di finanza pubblica emergenti. Le tipologie di “abusi minori” come definite dall’art. 32 comma 25 del d.l. n. 269/2003 convertito in legge n. 326/2003 non contemplano evidentemente, tra le fattispecie di abuso sanabili, le “nuove costruzioni con destinazione non residenziale”. Il collegio specifica che “nella stessa formulazione della norma è insito per le nuove costruzioni abusive il limite della destinazione “residenziale”, laddove, ad un semplice raffronto con l’analoga disposizione di cui all’art. 39 della legge n. 724/1994, balza evidente il requisito ulteriore e differente della residenzialità prescritto per le nuove costruzioni dalla norma del 2003 a differenza di quanto previsto nel 1994”. La conclusione è che “di qui discende che la condonabilità delle opere con destinazione non residenziale deve intendersi limitata dalla normativa alle sole ipotesi di opere realizzate “in ampliamento” entro i limiti di cubatura ivi prescritti, proprio in quanto per tale ipotesi non v’è alcun discrimine con riferimento alla destinazione residenziale o non, a differenza di quanto avviene per le “nuove costruzioni”». Dunque, nel caso in esame, il locale commerciale realizzato dall’appellante in ampliamento (fatto questo non contestato) ad un fabbricato di maggiore consistenza, già di sua proprietà, è condonabile entro i limiti volumetrici previsti dall’art. 32, comma 25, primo periodo, d.l. n. 269/2003. L’accoglimento del principale motivo d’appello ha poi di fatto assorbito le residue censure. Dunque, il collegio formato dai giudici Bernhard Lageder, Presidente facente funzioni, dai consiglieri Marco Buricelli, Oreste Mario Caputo, Dario Simeoli e Francesco Gambato Spisani, ha accolto la tesi dell’avvocato Molinaro secondo cui il terzo condono si applica anche agli ampliamenti ad uso non residenziale dei fabbricati preesistenti. Una decisione che potrà avere un peso rilevante in futuro nell’esame delle istanze di sanatoria per quei casi di ampliamenti di strutture destinate ad esercizi commerciali, che rappresentano una parte non certo trascurabile della materia condonistica.

Francesco Ferrandino

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