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Rubarono un cellulare in un microtaxi, chiuse le indagini per tre lacchesi

Il pubblico ministero Claudio Orazio Onorati ha chiuso le indagini preliminari nei confronti di tre lacchesi: si tratta di Pasquale Scotti, Giuseppe Raiano e Giuseppe Migliaccio. I tre risultano indagati per il reato di furto in concorso perché «in unione tra loro ed al fine di trarre profitto – e svolgendo Raiano e Migliaccio il ruolo di “pali” mentre Scotti compiva materialmente l’azione di impossessamento – introducendosi nell’abitacolo di una motocarrozzetta del tipo Piaggio “Ape” adibita a servizio mototaxi si impossessavano della borsa di Silvestri Tiziana, contenente tra l’altro un telefono cellulare Samsung road “S5” e la somma di euro 60,00 in contanti, sottraendoli alla predetta persona offesa che l’aveva momentaneamente lasciata all’interno del veicolo, a sua volta appena parcheggiato sulla pubblica via. Con l’aggravante di aver commesso il fatto su cosa esposta per necessità e consuetudine alla pubblica fede». Per la cronaca i difensore nominati dai tre giovani sono Carmine Bernardo (Pasquale Scotti), Antonio Trani (Giuseppe Raiano) e Massimo Stilla (Giuseppe Migliaccio). I fatti in questione, per la cronaca, risalgono allo scorso 15 marzo e nel caso di specie bisogna anche segnalare la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale per Scotti e per Raiano, il che rende la posizione dei due indagati ancor più complicata.

Per il resto, come da prassi, indagati  e difensori sono stati avvisati ai sensi dell’art. 415 bis del codice di procedura penale che le indagini preliminari sono state completate e che allo stato non esistono i presupposti per richiedere l’archiviazione del procedimento. I tre, naturalmente, hanno facoltà entro venti giorni dalla notifica dell’avviso, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonchè di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposti ad interrogatorio. Poi si deciderà se rinviarli o meno a giudizio, con la prima ipotesi che – invero – allo stato dell’arte pare decisamente più gettonata della seconda.

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