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Tra Ischia e Procida bufera in nome della zingara

Il panino che nacque ad Ischia Ponte nel 1977 diventa un marchio registrato da un locale dell’isola di Arturo, che ne celebra (in maniera del tutto improvvisata) il trentennale. Il profilo instagram de “Il gazebo” sommerso di critiche e insulti, poi arriva il post di scuse

Che dire, possiamo prenderla anche con un pizzico di allegria. Perché se non altro la singolar tenzone che si è scatenata sull’asse Ischia-Procida è servita se non altro per fare in modo che sui social network per qualche ora – udite, udite – tutte le questioni annesse e connesse al covid 19 sono passate in secondo piano e capirete come di questi tempi ci volesse qualcosa di simile ad una “impresa” per riuscire in un colpaccio del genere. Tutta colpa di un attacco scagliato dai cugini procidani ad uno dei simboli della vicina isola verde. Attenzione, non parliamo del Castello Aragonese, del Soccorso, dei Pizzi Bianchi o della spiaggia dei Maronti, ma di quello che – a parte Sua Eccellenza il coniglio (con tanto di bucatino a fare da degna cornice) – rappresenta l’icona gastronomica isclana e cioè la zingara. Già, due semplici fette di panello (magari di Boccia, senza offesa per gli altri…), maionese, prosciutto crudo, mozzarella, pomodoro e due foglie di insalata. Tutto qua, nulla di più semplice eppure parliamo di un prodotto capace di diventare leggenda ed anche marchio identificativo della nostra terra.

A scatenare il putiferio ed allontanare gli internauti dalla triste realtà della pandemia, ci ha pensato lo staff di un locale procidano, “Il Gazebo”, che sul proprio profilo instagram ha ben pensato di celebrare i trent’anni dalla nascita della zingara, che sarebbe nata nel 1992. E qui c’è il primo falso storico perché in realtà questo gustoso panino ebbe i suoi natali ad Ischia Ponte, nel pub “La Virgola”, nel lontano 1977 ad opera di Aniello Massa e Giovanna Molino. E sulla storia, ovviamente, c’è ben poco da discutere. Ma ecco cosa scrivevano i gestori dell’attività commerciale procidana su Instagram: «La “Zingara” compie trent’anni: dal 1992, è sinonimo di convivialità e sapori autentici, e la festeggiamo annunciandovi che è, a tutti gli effetti, un marchio depositato. Una “Z” che si fonde tra le onde del mare della nostra piccola isola, gli strati dei buonissimi ingredienti della Zingara che si sovrappongono e la palette colori calda e naturale che la caratterizzano. Tutto questo, e molto di più, è per noi la Zingara. Dopo trent’anni, abbiamo deciso di registrare il marchio: “La Zingara”. E per celebrarla in tutto e per tutto, stiamo lavorando anche a delle nuove tipologie del nostro iconico panino!».

A quel punto, dopo una tale “uscita”, è servito soltanto un breve conto alla rovescia. Il profilo instagram del gazebo è stato letteralmente assaltato da ischitani di ogni fascia anagrafica, sesso, ceto sociale e chi più ne ha più ne metta, con commenti in alcuni casi ironici (non è mancato chi ha suggerito ai cugini di prendersi anche la paternità del coniglio, invero piatto gettonato anche sull’isola di Arturo) ma in alcuni casi davvero pesanti e ben oltre il limite della cosiddetta “censurabilità”. Insomma, una serie di sventagliate di mitra che hanno costretto di lì a poco i gestori del Gazebo a pubblicare un secondo post che sa tanto di marcia indietro e nel quale si leggeva testualmente: «Lo staff del Gazebo, per evitare spiacevoli equivoci, ha rimosso la frase “la zingara nasce qui”, precisando che la registrazione del marchio, avvenuta tramite studio legale, è stata pensata per tutelare un prodotto che produciamo ormai da trent’anni. Lungi da noi la volontà di attribuirci la paternità della Zingara e creare attriti non solo con il popolo ischitano, tra i quali annoveriamo stimati colleghi, clienti e amici». Tutto è bene quel che finisce bene? Mica tanto: perché, a prescindere dalle scuse, resta un marchio registrato, e relativo a un panino, che con Procida non c’entra proprio nulla. Ma su questo bisognerebbe aprire un nuovo capitolo, legato all’incapacità tutta ischitana di saper tutelare i suoi prodotti e marchi distintivi. Una lacuna assolutamente da colmare, se si vuole rimanere al passo coi tempi. Nel frattempo, per quanto si sia trattata di un’operazione tutt’altro che ortodossa, abbiamo preso un altro “schiaffo” da Procida. Sperando che, almeno, serva da lezione.

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