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Procida e il giallo dell’eredità contesa , le verità di Fechtner

 

Egregio direttore,

Io sottoscritto Fechtner Fredrich, nato a Napoli il 26.05.1951 e residente in Casamicciola Terme, alla via Cumana n. 42, formulo, con il presente atto, istanza di rettifica ai sensi dell’art. 8 Legge n. 47/1948, del contenuto dell’articolo a firma di Gaetano Ferrandino dal titolo “Procida, si chiude la guerra per l’eredità: fu circonvenzione di incapace”, pubblicato alla pagina n. 3 del quotidiano da Lei diretto, nell’edizione di giovedì 6 ottobre 2016, ma con evidente risalto, in anteprima, sulla prima pagina, e immesso, altresì, sulla versione on-line, al sito www.ilgolfo24.it. Il suddetto articolo fonda, infatti, in parte, su molteplici inesattezze e in parte addirittura su notizie non vere, in primis quella – alla quale è stato dato grande risalto – secondo cui « la guerra per l’eredità » di Aurelio Schiano di Pepe si sarebbe chiusa a seguito della Corte di Cassazione. Il giornalista, infatti, scrive che, « con la sentenza della Cassazione Penale depositata il 27 settembre scorso, si definisce in tutti i suoi contenuti e contorni una storia che come detto aveva fatto parlare e non poco … ». Sono indotto a pensare che la fonte giornalistica abbia fornito una rappresentazione dei fatti alquanto parziale, sottacendo fatti e circostanze tutt’altro che secondari.

Invero, senza timori di smentite, posso dirLe con assoluta certezza che la contesa in merito alla eredità del mio compianto amico fraterno è ben lungi dall’essersi chiusa, ed anzi ha recentemente visto segnare un punto nettamente a mio favore. Gli ingiusti verdetti finora registrati in sede penale non hanno influenzato – né potevano – la causa civile vertente sulla sorte della predetta eredità e del testamento olografo con cui sono stato designato erede universale di Aurelio. Difatti, il Tribunale di Napoli, X Sezione Civile, specializzata in materia di vertenze testamentarie, in composizione collegiale ed in persona dei Giudici, dr. Michele Magliulo, Presidente, dr.ssa Giovanna Ascione, Giudice a latere, e dr.ssa Barbara Gargia, Giudice estensore, con sentenza n. 6706/2016 emessa il 27/05/2016 all’esito del procedimento civile n. 26595/2009 R.G. incardinato ad istanza di Maria Grazia Schiano di Pepe, pur in presenza di tutti gli atti penali e delle due sentenze di condanna per circonvenzione di persona incapace già intervenute in sede penale – atti prodotti nel mentovato giudizio dalla predetta attrice – dopo aver specificamente confutato le predette due decisioni penali, quella del G.I.P. in data 18/10/12 e quella della Corte di Appello di Napoli in data 24/06/14, ha stabilito che:

  • per aversi l’incapacità naturale del de cuius, tale da annullarsi il testamento olografo del 12/11/08, occorreva, « come da granitica giurisprudenza di legittimità », che « il soggetto sia privo in modo assoluto al momento della redazione dell’atto di ultima volontà della coscienza dei propri atti, ovvero della capacità di autodeterminarsi », il che non è stato provato;
  • non era sufficiente « la prova che il normale processo di formazione ed estrinsecazione della volontà sia stato in qualche modo alterato o turbato per ragioni di età o per una grave malattia; essendo necessario che sia fornita la prova rigorosa dell’assoluta impossibilità del testatore di autodeterminarsi nel momento in cui ha redatto l’atto »;
  • dalla cartella clinica del ricovero del 24/06/08 dell’anziano Schiano di Pepe Aurelio prodotta dall’attrice, « non risulta la diagnosi di una patologia idonea a dar prova di una totale incapacità di intendere e di volere dello stesso. Ed anzi, nella cartella i sanitari, all’atto della consulenza chirurgica, attestano che il paziente è vigile, ben orientato nel tempo e nello spazio »;
  • dal certificato medico rilasciato in data 27/06/08 dal dr. Zupo, « in esso viene diagnosticata nel paziente la vasculopatia cerebrale cronica, patologia che potrebbe avere come effetto il deterioramento cognitivo che, comunque, non lascia ipotizzare, di per sé un’assenza di capacità di orientamento ed autodeterminazione (peraltro viene affermata solo una riduzione dell’autonomia nelle capacità strumentali del paziente) »;
  • « detto certificato appare, in ogni caso, smentito dai due certificati medici successivi prodotti dal convenuto datati 11/07/08 e 16/12/08 …, nei quali si attesta il pieno possesso delle facoltà mentali di Schiano di Pepe e che lo stesso, nonostante l’età avanzata e la presenza di diversi malanni fisici, si presentava a quella data lucido, coerente, critico ed orientato nel tempo e nello spazio »;
  • detto ultimo certificato era stato emesso da un medico specialista in psichiatria;
  • anche dalle dichiarazioni dei testimoni escussi [molti dei quali assunti a sommarie informazioni nel corso delle indagini preliminari], non è « emerso uno stato di deficienza psichica del testatore »;
  • « nessuno dei testi ascoltati abbia riferito che lo Schiano di Pepe – nel periodo che interessa in questa sede che va dal novembre 2008 alla morte del testatore avvenuta nel marzo 2009 – si presentava mentalmente non lucido o comunque incapace di intendere e di volere »;
  • neanche dalle dichiarazioni dei testi addotti da parte attrice (Maria Scotto La Chianca, Arturo Calise, ing. Vincenzo Muro e avv. Augusto Cirla) risulta un giudizio di incapacità quale richiesto dalla giurisprudenza ai fini dell’annullamento del testamento;
  • al contrario, smentiscono le deduzioni della attrice Marzia Schiano di Pepe le dichiarazioni dei testi indotti da parte convenuta (Umberto Trapanese; Michele Scotto di Perta ing. Elio Notarbartolo; Arcisio Montefusco.);
  • l’affermazione che lo stesso Aurelio fosse incapace di autodeterminazione volitiva non può « derivare dalle dichiarazioni riportate nella sentenza del G.U.P. e assunte dinanzi alla P.G., » in quanto lo stato di decadimento fisico non permette di affermare con certezza un’assoluta incapacità di intendere e di volere nel novembre 2008;
  • anche le dichiarazioni del notaio Alfredo Limosani e del notaio Alessandra Panelli, riportate nella sentenza resa in sede penale dal G.U.P. di Napoli, evidenziano un « perfetto grado di intendere e di volere »;
  • infine, che la volontà espressa da Aurelio Schiano di Pepe nel testamento olografo impugnato corrisponda realmente alle intenzioni del de cuius deve desumersi dall’istruttoria, dalla quale emerge che, « senza ombra di dubbio, negli ultimi anni i rapporti tra il de cuius e l’odierna attrice, unica nipote e parente, erano gravemente peggiorati »; sul punto vengono ricordate le dichiarazioni dei testi Trapanese, Scotto la Chianca, Scotto di Perta e Notarbartolo i quali hanno confermato che Aurelio Schiano di Pepe arrivò a confidare a più persone di non voler lasciare i propri beni alla nipote, volendola diseredare.

Conseguentemente, il collegio della Decima Sezione Civile del Tribunale di Napoli, con la ricordata sentenza civile – intervenuta, lo ribadisco, ben dopo le decisioni a mio sfavore dei Giudici di merito penale – ha affermato che la decisione della causa civile è insensibile alle vicende penali ed alla stregua del quadro probatorio in atti ha rigettato entrambe le domande proposte da Maria Grazia Schiano di Pepe, di nullità del testamento olografo del 12/11/2008, per asserita incapacità naturale di Aurelio Schiano di Pepe e di annullamento della stessa scheda, accogliendo la mia domanda riconvenzionale e dichiarandomi, pertanto, erede universale di Aurelio Schiano di Pepe, in forza del su richiamato testamento olografo del 12/11/08, pubblicato il 06/05/09 dal notaio Limosani di Napoli.

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Il medesimo Tribunale ha affermato che «dalle prove assunte, è emerso che – considerati i rapporti ormai inaspriti con la nipotela volontà dello Schiano di Pepe fosse proprio quella di diseredare la nipote e lasciare i propri beni al Fechtner con il quale, negli ultimi anni, ormai trascorreva le giornate ed al quale era legato da un sentimento di affetto». La fonte giornalistica che ha ispirato l’articolo ha verosimilmente omesso di riferire che le statuizioni racchiuse nella recente sentenza civile del Tribunale di Napoli – in forza delle quali sono stato dichiarato erede universale del mio amico fraterno Aurelio – sono le uniche, allo stato, a poter sancire le sorti della “eredità contesa” e non possono essere influenzate [come, difatti, non lo sono state] dall’esito del giudizio penale.

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Si tratta, infatti, di due ambiti, quello civile e quello penale, che – come mi è stato spiegato – sono del tutto autonomi tra loro, nel senso che il Giudice civile deve compiere una valutazione indipendente da quella che deve compiere il Giudice nel processo penale. E d’altra parte, nel corso delle udienze civili alle quali ho sono stato presente, gli avvocati della signora Maria Grazia Schiano di Pepe hanno chiesto al Tribunale civile di conformarsi ai verdetti già intervenuti in sede penale, ma tale richiesta è stata disattesa, come dimostra la sentenza pocanzi citata, n. 6706/2016, che segue una direzione completamente diversa dalle prime. Infine, a fronte delle molteplici anomalie che hanno caratterizzato il procedimento penale fin dalla fase delle indagini preliminari, Le preannuncio che ho già dato mandato ad esperti avvocati di portare il caso all’attenzione dei Giudici della Corte Europea, poiché reputo di aver subito un processo penale “ingiusto”.

Come vede, quindi, anche sul versante penale la partita è tutt’altro che chiusa. Le chiedo, pertanto – in forza del citato art. 8 – che sia sulla prima che sulla terza pagina, ove è stato riportato l’articolo, siano pubblicate, entro i prossimi due giorni e con lo stesso risalto, le suddette rettifiche. Analogamente vorrà regolarsi per la versione on-line del quotidiano. Mi riservo ogni altra iniziativa.

 

Fredrich Fechtner

 

RISPONDE GAETANO FERRANDINO – Nel prendere atto delle precisazioni del sig. Fechtner, non possiamo che fare due cose. La prima, ringraziarlo per avere fornito un quadro più ampio ed esaustivo della vicenda in oggetto. La seconda, che c’è ben poco da riservarsi in termini di iniziative: il processo penale si è concluso e dunque non abbiamo scritto alcune inesattezza. Poi mi perdonerà il nostro interlocutore ma vorrei pormi un’ultima domanda: come si fa ad affermare che le sentenze penali sono ingiuste e quelle civili invece sacrosante? Insomma, una valutazione dei fatti obiettivamente di parte. In bocca al lupo, in ogni caso.

 

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