LE OPINIONI

Mamma, papà, smettetela di pubblicare mie foto: Il fenomeno dello sharenting

Il confine tra la vita reale e quella digitale è sempre più sottile. L’uso intensivo della Rete e dei Social Network ha determinato un quadro preoccupante soprattutto per quanto riguarda la privacy degli utenti. Già nel 2014 il Garante della Privacy intervenne, pubblicando un vademecum chiamato “Social privacy: come tutelarsi nell’era dei social network”. “Non esistono più barriere tra la vita digitale e quella reale: quello che succede on-line sempre più spesso ha un impatto fuori da internet, nella vita di tutti i giorni e nei rapporti con gli altri”, dichiarò Antonello Soro, presidente dell’autorità garante per la protezione dei dati personali.

Quando parliamo dei rischi connessi all’uso (e all’abuso) della Rete il nostro pensiero va quasi automaticamente ai giovani e ai giovanissimi: bambini, ragazzi e adolescenti già iperconnessi, che passano la maggior parte del tempo con un cellulare in mano, comunicano con i propri coetanei tramite Whatsapp e condividono i propri momenti più intimi su Instagram. Non è, però, l’unica categoria da tenere sotto osservazione, secondo il Garante della Privacy: anche i genitori, poco pratici o disattenti, spesso non resistono all’impulso di condividere informazioni e immagini molto intime riguardanti i propri figli. Che alcuni genitori si lascino sfuggire troppe dettagli sulla vita dei figli durate una chiacchierata con gli amici non è certo una novità, ma la condivisione di contenuti (post, foto, video) sulla rete ha una particolarità che non può essere trascurata: tutto ciò che pubblichiamo on-line resterà per sempre sul Web e sarà accessibile a molte più persone rispetto a quelle che immaginiamo.

Il fenomeno ha assunto il curioso nome di sharenting, termine che deriva dalla fusione delle parole share (condividere) e parenting (genitorialità ). Secondo uno studio condotto da Nominet nel 2016 ogni anno i genitori pubblicano in media 300 foto dei propri figli, con una media di 1500 entro il quinto anno di vita. Un’altra ricerca di AVG nel 2010 ha mostrato come negli Stati Uniti il 92% dei bambini sotto i 2 anni sia presente online, mentre in Europa la percentuale è minore e si assesta intorno al 73%.

Cosa spinge le digital mom e i digital dad a condividere informazioni riguardanti i propri bambini? Spesso un genitore usa un social o un forum per ottenere consigli su come risolvere un problema, che può riguardare la salute del figlio, l’alimentazione, l’educazione o la gestione del tempo. Ma non è solo questo: i genitori condividono anche aneddoti divertenti, foto buffe, video di momenti intimi, frasi cariche di affetto e, molto spesso, riferimenti a momenti di difficoltà attraversati. Gli adolescenti non reagiscono sempre positivamente al gesto degli orgogliosi genitori che, seppur motivati da intenzioni benevole, finiscono per mettere in imbarazzo i propri figli. In Francia i ragazzi hanno la possibilità di denunciare i propri genitori per la condivisione non autorizzata delle proprie immagini. In Italia, invece, manca una normativa in proposito. Spesso una mamma o un papà possono essere motivati dal desiderio di apparire dei buoni genitori. Le qualità dei figli, la bellezza, il talento e la simpatia, sono sfoggiati ed utilizzati anche come strumenti per competere con gli altri genitori. Una piccola battaglia a colpi di foto e video per mostrare a tutti chi è il bambino più bello e bravo. I like e i complimenti che sicuramente si riceveranno fungono da rinforzo positivo, aumentando le probabilità di ripetere il comportamento.

Altre volte, invece, i genitori possono sentirsi tristi e isolati, magari provati dalla stanchezza dopo lunghe notti insonni: la desiderio (comprensibile) di suscitare interesse con una foto carina del proprio bebè può essere il modo di ottenere un po’ di attenzione e sentirsi meno soli. La situazione può però sfuggire pericolosamente di mano quando i genitori, per disattenzione o per mancanza di familiarità con i meccanismi del Web, pubblicano foto dei propri bambini parzialmente o completamente nudi, ignorando il fatto che quasi la metà delle immagini pedopornografiche presenti sul Web sono il risultato di foto modificate messe in rete da genitori ignari. Le foto, inoltre, contengono informazioni sottoforma di metadati che ne consentono la geolocalizzazione. Non dobbiamo dimenticare poi che questo materiale si accumula negli anni fino a formare una vera e propria identità digitale a cui potranno accedere molte persone: futuri colleghi, collaboratori, clienti o datori di lavoro potrebbero vedere immagini imbarazzanti o leggere dettagli intimi condivisi dai genitori anni prima. Diventa fondamentale quindi che gli adulti, che devono educare i figli all’uso responsabile della Rete, siano educati a loro volta e si assumano la responsabilità di ciò che condividono. Per fare questo devono comprenderne i rischi e ricordare che un bambino è troppo piccolo per difendere i propri diritti e tutelarsi.

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Articolo della dottoressa Tiziana Di Scala (tel. 3208531292)

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Liberamente” è curata da Ilaria Castagna, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi de L’Aquila, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva Comportamentale di Caserta A.T. Beck

Tel: 3456260689

Email: castagna.ilaria@yahoo.com

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