CRONACA

Turismo, 2020 annus horribilis: un dipendente su quattro ha perso il lavoro.

I dati dello studio di Federalberghi e Fipe in partnership con l’Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo: «Polverizzate 350mila posizioni tra fissi e stagionali»

Dopo anni di crescita, nel 2020 è diminuito il numero di occupati nel settore turistico. Questo, che in anni normali vale il 13% del Pil, si è trovato al centro della tempesta perfetta. Questa la fotografia dello studio, basato su dati forniti dall’INPS, e realizzato da Federalberghi e Fipe in partnership con EBNT (Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo) e analizza l’andamento dell’occupazione dipendente dell’intera filiera del turismo italiano nel corso del 2020.

Le restrizioni agli spostamenti come misura per contrastare il contagio pandemico, hanno di fatto reso impossibile fare turismo o spostarsi per partecipare a fiere ed eventi. Tutto ciò, ovviamente, ha avuto pesantissime ripercussioni dal lato dell’occupazione nel settore, passata da un anno record come il 2019 con 1,3 milioni di occupati a 953 mila. In un solo anno è come se si fosse tornati indietro di una decade, infatti, siamo tornati al numero di occupati del 2011. In sostanza, nel 2020 un dipendente del turismo su quattro ha perso la propria occupazione. Il calo peggiore ha riguardato chi aveva contratti a tempo determinato o stagionali: tra questi uno su tre ha perso il lavoro. La crisi ha colpito maggiormente le donne (183 mila occupate in meno rispetto al 2019), i giovani e gli stranieri: infatti, queste ultime due categorie hanno visto ridursi l’occupazione del 30% e le giornate lavorate del 40%.

I dati diffusi dall’Ente bilaterale nazionale del turismo fanno luce sulla devastazione che la pandemia da Covid-19 ha comportato per il turismo italiano. Nel 2020, ovvero quello che sarà ricordato probabilmente come l’annus horribilis per il turismo, il numero degli occupati nel settore è calato vertiginosamente: le giornate retribuite sono diminuite del 38%. Inoltre, 200mila posizioni di lavoro stagionale e 150mila a tempo indeterminato sono state letteralmente polverizzate. Per il settore ricettivo, l’anno trascorso si è chiuso con una perdita di 233 milioni di presenze, con una flessione media del 53,4% rispetto all’anno precedente e con punte che in alcune località hanno superato l’80%. Il costo occupazionale di questa catastrofe è di un crollo del 37,3% dell’occupazione dipendente negli alberghi italiani, con punte del 45,5% per quanto riguarda i rapporti di lavoro a tempo determinato. A questo dato va aggiunto quello relativo all’integrazione salariale, che è stata nel 2020 pari a oltre mezzo miliardo di ore per alberghi e ristoranti. «Questa emorragia di professionalità rischia di compromettere le capacità di ripresa del settore – ha dichiarato il Presidente di Federalberghi Bernabò Bocca – e di causare una crisi sociale profonda. Occorre creare le condizioni per recuperare i livelli occupazionali ante-Covid, intervenendo principalmente sul costo del lavoro». «Le misure adottate con il nuovo decreto sostegni vanno in questa direzione – ha concluso Bocca – ma occorreranno ulteriori sforzi per raggiungere l’obiettivo del pieno rilancio del settore».

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