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TURISMO: NAPOLI, SALERNO O CAPRI SONO UN MODELLO PER ISCHIA?

L’occasione dell’elezione del nuovo Presidente di Federalberghi, che si terrà il prossimo 14 dicembre, spinge ad una riflessione di carattere più generale. Premesso che il Presidente uscente Ermando Mennella e il maggior candidato alla sostituzione, Riccardo Sepe Visconti, sono entrambi miei amici, a cui non voglio fare torti, attesa la loro buona fede e il loro impegno, c’è da chiedersi se hanno, del turismo, un’idea tra loro diversa o anche contrapposta. So che le riserve maggiori che vengono mosse – ad entrambi – da molti settori, attengono alla circostanza che né l’uno né l’altro conducono un’attività alberghiera (chi non lo fa più e chi non lo ha mai fatto). Ma, per quanto mi riguarda, questa considerazione non è dirimente. La guida di un’Associazione può anche essere soddisfatta da chi ha doti manageriali a prescindere da un effettivo esercizio dell’attività alberghiera. Il punto è un altro: oltre ad una necessaria capacità di coordinare e promuovere un marketing moderno, c’è nel Presidente uscente e nei nuovi candidati che si propongono, un’idea di “prodotto” da offrire alla clientela nazionale e – ancor più – internazionale? C’è un’idea di paese da proporre a chi ci amministra e da propagandare all’esterno? Andiamo alle Fiere Internazionali del Turismo, a veicolare quale messaggio? E’ questo che non appare chiaro dalla diatriba che sta dividendo l’Associazione. La diversità, anche lacerante, delle impostazioni ci sta, può essere foriera di dibattito fecondo e di crescita intellettuale e professionale, ma se tale diversità non attiene a ciò che vogliamo offrire in futuro ai potenziali turisti, è una diversità fine a se stessa, che non approda a nulla se non a un eventuale cambio di vertice che gattopardescamente “cambierebbe affinché nulla cambi”. Insomma ci saremmo aspettati un dibattito che penetrasse più nella sostanza del problema. Ermando Mennella è stato un convinto sostenitore di Giosi Ferrandino e del suo modo di amministrare ed è, naturalmente, una scelta legittima. Ma anche Riccardo Sepe Visconti ha sostenuto convintamente Giosi Ferrandino. Se Ermando è stato spesso accusato di essere troppo appiattito nei confronti del potere locale, possiamo ritenere che Sepe Visconti si propone invece di guidare l’Associazione sostenendo un modello di sviluppo alternativo a quello – fino ad oggi – perseguito da Giosi? E, ampliando lo sguardo al di fuori dell’isola, a quale modello turistico si ispirano i candidati alla Presidenza dell’Associazione?

Tanto per fare un esempio, prendiamo tre diverse realtà campane, tutte realtà turistiche di successo: Napoli, Salerno e Capri. Quale tra questi tre modelli riteniamo più assimilabile all’idea che abbiamo del nostro sviluppo turistico? Per me, che vivo in Provincia di Bologna e ho l’opportunità di analizzare i mutamenti che, a distanza di lassi di tempo di breve-medio durata, riesco a percepire durante le mie visite, Ischia mi sembra stia perseguendo un tracciato turistico non assimilabile a nessuno dei tre modelli campani. Non fa la scelta elitistico qualitativa di Capri e nemmeno la scelta di turboturismo popolare di Napoli e Salerno. Ho da poco visitato Salerno e la sua manifestazione più importante: Luci d’artista. La scelta di De Luca è stata quella di richiamare quanta più gente è possibile, grazie all’evento natalizio, caratterizzato da una fantasmagoria di luci che si dipanano per 35 chilometri di percorso tra strade, stradine, vicoli e parchi pubblici. L’evento richiama centinaia e centinaia di autobus quotidiani, stracarichi di turisti provenienti dalle province e Regioni più vicine ma anche da quelle lontane. E’ un turboturismo superconcentrato più o meno in un mese, un mese e mezzo. Ovviamente l’intento sarebbe quello di sollecitare un allargamento dell’afflusso anche in altri periodi dell’anno. Senonché, se si punta tutto sulla “meraviglia” dell’atmosfera, sullo “stupore” delle luci natalizie, non è affatto automatico l’estendersi dell’effetto agli altri periodi stagionali.

Sottolineo altri due aspetti della strategia salernitana: il messaggio di “sicurezza” che si vuole trasmettere, con telecamere in abbondanza e stringenti controlli di polizia urbana e un particolare protocollo di accoglienza cordiale e accattivante. Colpiti da improvviso benessere turistico, i salernitani hanno capito che bisogna essere molto accoglienti e cortesi. Racconto tre piccoli episodi per rendere l’idea del loro concetto di accoglienza. Il bed&breakfast, in cui ho soggiornato era perfetto, comprensivo di tutto, anche di un ricco cesto di frutta fresca all’arrivo, una bottiglia di spumante italiano in frigo e colazione salernitana appesa in un cestino – di buon mattino – alla porta dell’appartamentino (il tutto a prezzi modici). Un ristorante, presso cui ho cenato assieme alla famiglia e ad amici, ha voluto regalare alla mia nipotina di due anni un pupazzetto per tenerla buona. Un bar, sul bel lungomare di Salerno, presso il quale abbiamo mangiato la migliore sfogliatella della nostra vita, ha voluto regalare, sempre alla mia nipotina, un piccolo gelato artigianale, non richiesto né pagato. Ad Ischia non ho memoria di comportamenti analoghi. Poi mi è capitato, domenica scorsa di fare un lungo giro per Napoli: folla impressionante, che ha invaso tutte le strade del centro e i vicoli dei quartieri, oltre naturalmente a Spaccanapoli e San Gregorio Armeno. Amici vomeresi, da noi contattati telefonicamente, si sono meravigliati di quanto riferivamo loro sugli ingorghi di folla. Al Vomero era una normale domenica. Via Marina e dintorni erano invasi da centinaia e centinaia di bus turistici provenienti soprattutto da Puglia, Calabria, Lazio, Abruzzo. Bivacchi dinanzi a Chiese (ma perchè mai tutte chiuse?) fontane, lo scalone dell’Università, rifiuti dappertutto, ristoranti e pizzerie presi d’assalto e una signora che chiedeva in giro “Qual è la strada per i Musei? “, come se Napoli avesse un solo polo museale. Turisti stranieri che apparivano piuttosto smarriti e a disagio di fronte a questa invasione e “straniti”, oltre che stranieri, alla vista di bagni indecenti (provate ad andare in quelli del Molo Beverello!) e dell’assenza di taxi in tutto il centro, a partire dalle 14.00 (eppure il Napoli non giocava). Napoli e Salerno, De Luca e De Magistris, sono questi i modelli di turboturismo da imitare? Agli scompensi del traffico veicolare, Ischia vuole aggiungere anche quelli di un turboturismo mordi e fuggi come Napoli e Salerno? O, viceversa, rinunciando alla gestione della modernità, intende fare un passo indietro, contingentando gli arrivi, limitando le corse di navi e aliscafi, rinchiudendo l’isola in una scelta elitaria, come sembra intenzionata a voler fare Capri? Prova ne sia che ad alcuni progetti moderni di collegamenti sotterranei in galleria su ferro, proposti dalle amministrazioni locali o con tapis roulants, Federalberghi, Ascom e Associazione Capri Excellence si oppongono fermamente, in nome di una intangibilità storico paesaggistica dei luoghi.

Un prestigioso storico dell’arte, come il professor Cesare De Seta, dell’Università di Napoli Federico II, si oppone al progetto di mobilità alternativa tra Capri e Anacapri, affermando “Ci sono nell’isola priorità che conviene non trascurare. La prima in assoluto è quale destino vuole darsi Capri nel suo futuro: calmierare il traffico di turisti è una priorità imprescindibile”. Ed è strana la coincidenza che nel mentre Capri ragiona di un’eventuale “chiusura” alla massificazione turistica, il regista cinematografico Mario Martone lancia il nuovo film “Capri Revolution”, in sala dal 20 dicembre prossimo: Questo film di Martone si ispira ad una comunità di intellettuali creata a Capri dal pittore spiritualista Karl Diefenbach, tra il 1910 e il 1913. E’ un discorso sul rapporto tra Natura e Progresso, con evidente inclinazione verso il mito del buon selvaggio, che il regista volge al femminile con la figura della capraia Lucia. Una “ revolution” paradossalmente regressiva. Anche ad Ischia conviene una “revolution” regeressiva, una specie di “decrescita” verso la primitività? Io ritengo di no. E per motivare questa mia opinione riferisco di un dibattito accesosi, poco tempo fa, sulle colonne di Repubblica. Tale dibattito si è sviluppato su un intervento del sempre intelligente filosofo Massimo Cacciari, a proposito dei destini di città come Venezia, il cui centro va spopolandosi a causa del proliferare di bed&breakfast, grandi catene commerciali, uffici assicurativi, legali, notarili nel centro urbano di Venezia, con un innalzamento della rendita immobiliare che “espelle” gli abitanti della zona. Cacciari, a differenza di altri intellettuali che predicano il “ripopolamento” del centro urbano, tramite una stretta contro i fenomeni “invasivi”, sostiene che il turismo è fenomeno economico inarrestabile ed essenziale per lo sviluppo. Tutto sta – secondo il filosofo – a non fare del turismo una “monocultura”, bisogna tessergli intorno una trama infrastrutturale dei settori direzionale, terziario, della ricerca scientifica, dell’istruzione e della cultura. A Ischia, oltre ai tanti residence, bed&breakfast, sono arrivati anche i centri commerciali gestiti dai cinesi. Allora che cosa scegliamo? Il turismo elitario, la mummificazione e la musealizzazione dell’isola per preservare il patrimonio storico, naturale ed artistico oppure il turboturismo senza scrupoli che punta alla massimizzazione di numeri e profitti? O, infine, come sostiene Cacciari, scegliamo una terza via, prendendo atto della modernità, e cerchiamo di “gestirla” e “regolarizzarla”? Facciamo la scelta di passare dalla “monocultura” turistica ad un “turismo aggregato”, ovvero arricchito da segmenti di sostegno, come l’enogastronomia, il termalismo, il welness, la nautica da diporto, la cultura, la ricerca, l’alta formazione Ecco , ci piacerebbe che Federalberghi e tutte le altre espressioni della società ischitana ci indicassero quale direzione vogliono intraprendere.

 

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Franco Borgogna

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