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«Siamo tutti colpevoli, e idioti»

Mario Leonessa qualche giorno fa ha reso una dichiarazione sulle cause del calo turistico nel periodo di Natale. Argomento di discussione assai bollente si può dire da parte del noto albergatore. Ha detto di problemi che conosciamo abbastanza bene, legati però a complicazioni che raccontiamo da anni – sempre le stesse – e che all’inizio potrebbero non apparirci in modo chiaro. Ha parlato di ”meteo inclemente e mare agitato” che ha “bloccato” i collegamenti con le isole: dubbio che ci mette di fronte alla questione non secondaria dei trasporti con la terraferma in cui s’inserisce la necessità di accorciare distanze e tempi di percorrenza magari con tratte dal tempo ridotto e attracchi più vicini all’isola, per poi raggiungere il capoluogo usando il treno o la metropolitana. Non è di secondaria importanza la considerazione che ha fatto sull’impossibilità per certi alberghi di rimanere aperti – per soli due giorni- nel periodo delle feste. Perciò ha accennato alla non convenienza rispetto ai costi: un dato che dovrebbe farci riflettere sulla ormai nota destagionalizzazione e sulle strutture ricettive che, se prolungassero il periodo di lavoro, potrebbero contribuire a sviluppare il turismo invernale (nel 2016 ho parlato della esistenza di finanziamenti della Comunità Europea che avevano tale scopo, ma nessuno vi ha partecipato!). Ha aggiunto il corollario dell’assenza di un marketing turistico serio e partecipato in grado di coinvolgere imprenditori e amministrazioni e ha toccato l’argomento «traffico», di cui abbiamo detto più volte suggerendo pure soluzioni sia nell’immediato e sia nel lungo periodo.

Va in questa direzione, per esempio, il regolamento unico per i taxi – ne ho parlato spesso, fatto proprio da alcuni, pochi, amministratori – allo scopo di uniformare sia le tariffe sia l’intero comparto e il servizio, eliminando perciò i confini amministrativi favorendo i cittadini e lasciare l’auto in garage. Anche il patron del Regina Isabella, Carriero, è all’incirca della medesima opinione. A parte le mancanze, secondo lui, dei turisti last minute, uno dei fattori controproducenti è stato il “clima pessimo”. Tuttavia ha rilevato che gli esercizi commerciali a Lacco Ameno erano chiusi, segno di una mancata programmazione da un lato, ma di un forte squilibrio territoriale ed economico dall’altro. Ha reso evidente l’esistenza di un’isola maculata, non uniforme, sulla sostenibilità economica e a varie velocità. La riprova è che nello stesso periodo molti degli esercizi commerciali a Forio erano aperti. Quali sono, allora, i temi principali? I due imprenditori ne hanno elencati alcuni, forse si tratta di quelli fondamentali. Non è difficile intuire, però, che molti di questi riguardano tutti noi. Perché, cari signori, ci toccano da vicino, anche se facciamo finta di non vederli o non sentire chi urla nel deserto. Mi chiedo, quanto tutto ciò interessi a ognuno poiché a nessuno importa un fico secco tanto della «politica da villaggio», niente affatto turistico, che alcuni si trovano a denunciare o addirittura combattere, quanto delle cose più «spicciole».

Eufemismo, questo, se consideriamo i milioni di euro spesi per i vari parcheggi nel Comune di Ischia o che per l’Eremo di San Nicola, bene culturale dell’isola tutta, situato sul Monte Epomeo, è stata stanziata la cifra di 300 mila euro per lo «sviluppo turistico». Dobbiamo rilevare, in questo caso, che a oggi non solo non conosciamo la destinazione effettiva di tale pacco di soldi e cosa è stato realizzato a Serrara Fontana e a quali costi ma gli fa da contraltare il quasi completo disinteresse da parte della popolazione sparsa nei comuni, ossia di gran parte dei circa 65 mila abitanti che «formano Ischia». Un’apatia, per farla breve, e si rispecchia nelle amministrazioni a ogni livello specie laddove manca la volontà – politica- di risolvere temi comuni con azioni condivise. Finisce Leonessa: «La cosa giusta da fare sarebbe quella di eleggere persone con determinate competenze nel settore oltre che sinceramente intenzionate a curare davvero gli interessi del paese, non altri».

Il punto dell’intera faccenda è questo. L’impressione di avere a che fare con una partitura operistica tardo romantica, basata sull’isola che fu come sulla frammentazione economica solo per tutelare botteghe personali e per la quale ogni amministrazione “lavora” per tenere spezzettata, facendo quel che gli pare senza lo straccio di una pianificazione o raggiungimento di obiettivi, è il tappeto che calpestiamo tutti. Nel frattempo s’intensificano clientele, affari buoni solo per certuni e cattivi per altri, regali, nomine per far piacere a questo e quello, e producono polvere che non sappiamo più dove mettere. Ecco siamo al punto. Da un lato c’è una massa di gente, professionisti e famiglie feudali in parte potenti, qualcuna dal soldo facile, che si è impossessata di fette cospicue di affari. Dall’altro, i membri di un blocco che rimane fuori dai «giochi» sono disposti a transigere su ogni cosa. Che si tratti di depressione o indifferenza, di distacco, di denigrazione del nostro «capitale», incapaci di essere nel tempo, senza una strategia o inabili nello stimolare chi abbiamo votato ad adottarne una, siamo tutti colpevoli di alimentare il «sistema», e idioti.

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