CRONACAPRIMO PIANO

Prepariamoci al peggio

Il sisma, la ricostruzione e il piano che non c’è e che rischia di rivelarsi una iattura per centinaia di famiglie. C’è il rischio dello stravolgimento urbanistico di Piazza Maio e le parole di Discepolo sulle 100 richieste di delocalizzione (a fronte delle 800 di ripristino degli immobili) sono un inquietante indizio. Fuori le carte, la gente deve conoscere la verità

Il sospetto lo avevamo già avuto, ma pian piano si sta tramutando in certezza. L’impressione è che la presenza della Regione Campania nel complesso processo di ricostruzione post sisma di Casamicciola e Lacco Ameno rischia di produrre, o meglio produrrà effetti devastanti per diversi cittadini. Che forse nemmeno immaginano lo “tsunami” pronto a riversarsi su due territori martoriati da quella ferita del 21 agosto 2017. Per capire come l’aria che tira non sia affatto delle migliori – e restiamo esterrefatti dalla circostanza che qualcuno possa ancora non averlo compreso prima – le risultanze dell’incontro svoltosi a Palazzo Reale lo scorso 22 agosto e seguito da una conferenza stampa alla presenza degli attori protagonisti ha di fatto annunciato, sia pure in sordina, tutte le conseguenze nefaste che rischiano di riversarsi su chi ha subito danni dal terremoto. Non ci vuole molto, basta fare alcuni semplici ragionamenti, frutto peraltro delle affermazioni rese dinanzi a taccuini e telecamere (e i filmati e le registrazioni sono ancora lì a fare fede). Punto primo: la Regione ha chiesto alle amministrazioni comunali di interloquire e fare osservazioni preliminari all’approvazione in giunta del piano di ricostruzione presentato (o meglio, annunciato, presentato è un’altra cosa) lunedì mattina. L’assessore regionale all’Urbanistica Bruno Discepolo ha spiegato che il piano stesso sarà approvato in giunta i primi di ottobre e attenzione a quello che ha detto l’esponente della giunta guidata dal governatore De Luca: si fa riferimento ad una modifica se non ad un vero e proprio stravolgimento dell’assetto urbanistico di Piazza Maio spiegando che si sono registrate circa cento disponibilità alla cosiddetta delocalizzazione. Attenzione, però, perché a questo numero si contrappongono la bellezza di ottocento manifestazioni di volontà a presentare ed ottenere richiesta di contributo. Di fatto, se la matematica non è un’opinione, soltanto il dieci per cento ha manifestato la sua disponibilità a trasferirsi altrove ma la quasi totalità ha espresso la volontà di ricostruire in loco così come suggeriva il piano di microzonazione sismica.

Ora, partendo dal presupposto che ci auguriamo di sbagliarci, è evidente che si prevede un piano di ricostruzione destinato a intaccare in maniera incisiva il territorio prevedendo finanche la demolizione o il ridimensionamento di interi agglomerati urbani: e di questo, con tutto il rispetto per scienziati e professori, i cittadini avrebbero il diritto di essere informati subito per presentare eventuali osservazioni e non a cose fatte. Anche perché va ricordato, e il dettaglio non è affatto trascurabile, che si interviene su proprietà private. Il rischio – siamo sinceri, ed è per questo che in molti temono il fatto che sia rimasto ancora “secretato” – è quelo di un piano di ricostruzione “ideologizzato” da tecnici e apparati regionali che proveranno a ridisegnare Casamicciola (per effetto domino non solo la parte alta) senza tenere conto della sua gente e della sua storia. Insomma, ritorniamo sempre allo stesso punto: i cittadini hanno diritto a conoscere le verità che sono state inserite nel piano.

Se i nefasti presagi dovessero trovare concretezza a quel punto una serie di interrogativi saranno inevitabile. In primis, chi si assumerà la responsabilità? E la politica locale? Chi ha spinto per avere un piano di ricostruzione “made in Palazzo Santa Lucia”? Chi, e qui ci riallacciamo all’ultimo quesito, ha sollecitato il Parlamento ad emanare una norma che tirasse in ballo la Regione? Siccome il grosso delle ferite insistono sul territorio di Casamicciola, l’auspicio è che l’attuale governo della cittadina termale – nella persona del commissario prefettizio dott.ssa Simonetta Calcaterra, fin qui dimostratasi estremamente attenta a tutte le necessità della comunità amministrata – possa coinvolgere cittadini, associazioni, tecnici, urbanisti per confrontarsi sul piano ed adottare eventuali correzioni o suggerimenti. Non è pensabile che la sorte di centinaia di famiglie sia affidata esclusivamente ad alcuni burocrati provenienti dalla terraferma, senza nemmeno poter capire a quale destino vanno incontro. Quanti cittadini, tanto per dirne un’altra, faranno ricorso nel momento in cui sulla propria testa sarà calato un piano che prevede la demolizione di determinati immobili? No, l’impressione è che questa ricostruzione è un po’ come quel matrimonio che non s’aveva da fare. Di più, così proprio non si deve né si può fare.

I clamorosi ritardi di Palazzo Santa Lucia sono stati evidenziati anche dal vulcanologo Giuseppe Luongo, che certo non è l’ultimo arrivato e che è stato decisamente duro nel suo commento: “Assurdo, dopo 5 anni dalla catastrofe del terremoto di Casamicciola del 21 agosto 2017 non è ancora pronto un piano per la ricostruzione, come si apprende dai risultati del summit che si è tenuto il 22 agosto al Palazzo Reale di Ischia, tra il Commissario Legnini, i sindaci di Forio e Lacco Ameno, il Commissario di Casamicciola e l’Assessore regionale Discepolo. Nel corso dell’incontro il piano di ricostruzione è stato illustrato dall’Assessore Discepolo, ma dal resoconto giornalistico della riunione non emergono indicazioni tecniche ne documentazione sulle linee portanti del piano, mentre si apprende che la sua definitiva approvazione si avrà a ottobre. La segnalazione, poi, che il piano è basato su accurati studi geoelettrici relativi alla faglia sismica, mostra che gli estensori del piano intenderebbero utilizzare l’area di emergenza della faglia per la ricostruzione. Le indagini geoelettriche non forniscono garanzie sulla sicurezza del sito, come potrebbe apparire dalla comunicazione dell’effettuazione di tali indagini, bensì rilevare la presenza della falda e la risalita delle acque termali che emergono in superficie lungo la fascia dal Gurgitello alla Rita, corrispondente alla faglia sismogenetica. Tutti elementi già noti prima delle indagini di microzonazione”. Insomma, il nulla assoluto. Che dire, che Dio ce la mandi buona. E pensare che questi signori ce li siamo anche andati a cercare…

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