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Tutti i tormenti della Pascale’s band

ISCHIA. Era già nell’aria da alcune settimane: al vertice dell’amministrazione di Lacco Ameno si stanno concretizzando gli attesi movimenti per tentare di parare almeno in parte gli eventuali contraccolpi “giudiziari” che si profilano nelle prossime settimane. Il primo cittadino Giacomo Pascale ha infatti firmato il decreto con cui Giovangiuseppe Zavota è stato sostituito nel ruolo di vicesindaco dall’assessore Domenico Miragliuolo. Benché nel provvedimento si faccia riferimento a un presunto criterio di “rotazione” tra i componenti della giunta allo scopo di garantirne la massima partecipazione e collaborazione, la motivazione della sostituzione ha chiare radici politiche. Radici che non sono da cercare in qualche dissapore tra Pascale e Zavota, che anzi hanno sempre dimostrato grande sintonia reciproca nell’azione di governo del paese del Fungo, bensì in una serie di vicende giudiziarie, a partire dalla ormai arcinota sentenza che il Tribunale di Napoli dovrebbe emettere il prossimo 11 luglio. Il sindaco di Lacco Ameno è tra gli imputati nel processo relativo all’area di gestione rifiuti della zona 167, nella parte alta del territorio comunale; anche il capogruppo di maggioranza, Ciro Calise, è chiamato a rispondere nel processo. Una sentenza di condanna per il primo cittadino ne imporrebbe le dimissioni. Ma un’eventualità del genere  non basta da sola a giustificare la sostituzione del vicesindaco. C’è infatti un’altra spada di Damocle che pende sui vertici dell’amministrazione, ed è quella di un giudizio d’appello che coinvolge proprio Zavota, colui che fin qui è stato il vice di Giacomo Pascale. Due anni fa Zavota era  accusato di abuso di ufficio e di tentata concussione ai danni del signor Vincenzo Senese in relazione al rilascio di un permesso a costruire su una proprietà di quest’ultimo nelle zone baraccali di Lacco Ameno sorte dopo il terremoto del 1883. La Quarta sezione penale del Tribunale di Napoli assolse il vicesindaco per l’ipotesi di abuso d’ufficio “perché il fatto non sussiste”, ma lo giudicò colpevole per la tentata concussione, condannandolo a una pena di due anni. Zavota evitò così la decadenza, che sarebbe già arrivata in caso di condanna (non definitiva) per il più grave reato di abuso d’ufficio, ma ora resta da definire il giudizio di secondo grado per la tentata concussione. E una eventuale condanna avrebbe potuto far ripiombare la giunta nelle stesse ambasce vissute in queste settimane. Per non ripetere l’esperienza, e rischiare quindi di ritrovarsi un commissario alla guida del paese fino alle prossime elezioni, ecco dunque il turn over che pone alla carica di vice un elemento incensurato e senza procedimenti pendenti.

La scelta è caduta su Miragliuolo, benché ci fossero altri potenziali nomi nell’ambito dell’esecutivo e della maggioranza lacchese. Un’ulteriore soluzione sarebbe stata quella di nominare un “esterno” alla giunta: tuttavia in questo caso si sarebbe dovuto procedere a sostituire un componente, cosa che è stata scartata all’unanimità. Meglio dunque puntare su una soluzione “interna”, da scegliere tra i consiglieri o gli assessori in carica. I delicati rapporti tra l’amministrazione e Polito, tramite l’assessore Antonio Di Meglio, avrebbero sconsigliato la nomina di quest’ultimo. Restavano dunque il dottor Domenico Miragliuolo e l’avvocato Cecilia Prota: due stimati professionisti il cui operato nell’ultimo triennio viene giudicato più che soddisfacente dalla maggioranza. La scelta è infine caduta su Miragliuolo, giudicato probabilmente più incline al dialogo con le varie componenti politiche. In ogni caso, se davvero l’11 luglio il sindaco dovesse essere costretto a fare un passo indietro, la macchina amministrativa potrebbe subire un certo rallentamento. Nel suo pur controverso triennio sindacale, Pascale ha dimostrato un certo coraggio nelle scelte politiche, imposto forse anche dalle circostanze. Scartata anche la soluzione “interna e intermedia”, come ad esempio quella di nominare Michele De Siano come vicesindaco, perché anche tale possibilità avrebbe significato rimuovere dalla giunta uno tra Di Meglio, Miragliuolo e Prota. Per gli ultimi due, vale il ragionamento fatto in precedenza: sarebbe apparso ingiusto far fuori uno qualsiasi dei due, visto l’impegno profuso nel proprio ruolo. Rimuovere Di Meglio dalla giunta, neanche a parlarne: avrebbe significato rendere ufficiale una profonda spaccatura nella maggioranza, una vera e propria dichiarazione di “guerra civile”. Ecco, in sintesi, i motivi e le dinamiche che con ogni probabilità hanno indotto l’amministrazione a questo cambio di formazione.

Francesco Ferrandino

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