LE OPINIONI

IL COMMENTO Che il 2024 sia l’anno della metamorfosi

DI ANTIMO PUCA

L’odore della legna. Il rumore del martello che colpisce il ferro. La fragranza di un pane caldo appena sfornato. I versi degli animali. Le danze alla corte di Erode. Le urla dei soldati romani che invitano i passanti a censirsi. Il calore del fuoco e poi la luce. Una grotta illuminata dall’alto. Ai lati il bue e l’asinello. Dentro Maria, Giuseppe e Il Bambinello. Borghi e strade dei Comuni isolani si trasformano in poesia. Raccontano La Notte de La Luce. Bambini e ragazzini sono un segno che la tradizione ha buone speranze di essere tramandata e portata avanti dalle nuove generazioni. “Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più». (Sant’Agostino) Il tempo non si ferma. Nè ricomincia. E’ piuttosto un continuo scorrere e divenire della vita, in una sorta di cerchio in cui tutti i fatti in cui si è coinvolti, percepiti come temporali, sono il risultato di relazioni di precedenza e successione tra eventi e memorie. Mentre passato e futuro sono scanditi con le ore, i giorni i mesi e gli anni che abbiamo inventato, creando l’illusione che gli avvenimenti e le cose che accadono, inizino e finiscano.

Quello del 2024 dovrebbe essere l’anno della metamorfosi. L’isola dovrebbe cambiare pelle per affrontare le prossime sfide. Dalla qualità della vita, alla valorizzazione di boschi, pinete e belvedere, alla piantumazione dei Pini Marini, simbolo identitario isolano, alla mobilità urbana. Dalla crescita economica all’occupazione. Abbiamo bisogno di futuro, perché i nostri giovani possano soddisfare, qui a casa, a Ischia, le loro ambizioni, di studio, di creatività, di professionalità e di occupazione. Ma abbiamo bisogno anche di conoscere meglio la storia della nostra isola senza smettere mai di sperare e di sognare. In concreto, tante le partite da giocare. Progetti innovativi per il turismo e l’immagine dell’isola. Un poeta austriaco, Ferdinand Raimund, racconta, nella sua commedia La corona che reca sventura, di una fata benevola che dona al protagonista, Ewald, una fiaccola prodigiosa, che ha il potere di trasfigurare la realtà. Chi guarda il mondo alla sua luce vede dovunque splendore e poesia, anche là dove ci sono miseria e squallore. La fata Lucina, consegnando il regalo a Ewald, gli svela il trucco. Lo avverte che la torcia gli mostrerà cose bellissime ma illusorie. La consapevolezza non distrugge tuttavia la seduzione delle cose illuminate da quella luce e la vita di Ewald, grazie a quel dono, diviene più ricca. Quella fiaccola non è falsa. Chi la usa senza sapere che essa abbellisce il mondo viene ingannato, perche’ non vede il dolore e l’abiezione e s’illude che l’esistenza sia armoniosa. Ma chi la rifiuta è altrettanto cieco ed ottuso, perchè quel dono, che rischiara il grigiore del presente, fa capire che la realtà non e’ soltanto piattezza e miseria. Dietro le cose così come sono c’è anche una promessa, l’esigenza di come dovrebbero essere. C’è la potenzialità di un’altra realtà che preme per venire alla luce. Come farfalla nel bozzolo Ricominciamo a sognare. Il sogno, lo diceva Goethe, ha in sé una forza spirituale immensa. Qualcosa di bello accadrà. E se anche quest’anno non dovesse succedere, ci sarà un altro nuovo anno e un altro ancora e ancora.

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