LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Dimmi pure che futuro avrò, zingara?»

Passato in poche settimane nel dimenticatoio la ricerca di un nuovo modello di mobilità per evitare il deserto di lamiere e il problema della sicurezza stradale sull’isola d’Ischia (l’ultimo incidente avvenuto al Castiglione risale a qualche giorno fa: due ragazzi sono in prognosi riservata al Rizzoli), la media delle discussioni ha preso un’altra strada. Anche questa, bisogna ammetterlo, senza passare dal via sul percorso del buon senso. C’è sempre un motivo per interrompere il silenzio.

C’è sempre un motivo per interrompere il silenzio. La nostra abitudine a farlo, spesso, è pari solo alle saghe fantasy di chi dice di lavorare per un fantomatico bene del paese quando nella sostanza non ha che raggiunto un fico secco (ogni riferimento alle fibrillazioni nella maggioranza di Lacco Ameno che rischiano di farla crollare, alle palpitazioni in quella di Forio e alla fuga in avanti di Barano alla Città Metropolitana sono casualmente volute), oppure ai cocktail di polemiche demenzialmente corrette dal senso di rivalsa come dalla pretesa di esser migliori della classe, anche se neppure noi ne abbiamo ancora capito il motivo. L’importante però è ripeterlo, dieci, cento, mille volte, all’infinito. Per la legge dei grandi numeri, magari qualcuno disposto a crederci alla fine lo troveremo. La discussioni sulla tutela della “zingara” e quelle sullo “scippo” da parte dei Procidani hanno assunto dimensioni grottesche

La nostra abitudine a farlo, spesso, è pari solo alle saghe fantasy di chi dice di lavorare per un fantomatico bene del paese quando nella sostanza non ha che raggiunto un fico secco (ogni riferimento alle fibrillazioni nella maggioranza di Lacco Ameno che rischiano di farla crollare, alle vibrazioni sotterranee in quella di Forio e alla fuga in avanti di Barano alla Città Metropolitana sono casualmente volute), oppure ai cocktail di polemiche demenzialmente corrette dal senso di rivalsa come dalla pretesa di esser migliori della classe, anche se neppure noi ne abbiamo ancora capito il motivo.

L’importante però è ripeterlo, dieci, cento, mille volte, all’infinito. Per la legge dei grandi numeri, qualcuno disposto a crederci davvero alla fine lo troveremo. La discussioni sulla tutela della “zingara” e quelle sullo “scippo” da parte dei Procidani hanno assunto dimensioni grottesche. Forniscono una valida cartina tornasole per darci la possibilità di evidenziare le cause, i motivi per cui altre realtà lavorano sul poco che hanno mentre a Ischia quel che c’è, descritto dalla storia, dal numero di chiese e dall’enorme patrimonio di bellezze, non riusciamo a valorizzarlo e usarlo per eseguire una manovra striminzita o una finta e candidarci – e vincere, come ha fatto Procida – a “Capitale della Cultura”. Se si parlasse della difesa di quel particolare gruppo etnico [gli zingari, appunto], non ci sarebbe nulla da dire, neppure un accenno di critica. Invece guardando nella sfera di cristallo per capire che futuro ci aspetta, la “zingara” in questione è il famoso panino divenuto oggetto della nuova contesa tra “ischitani” e “procidani”, dopo quella che “Procida non meritava di essere Capitale Italiana della Cultura” e altre stupidaggini simili. Siamo di fronte a un dibattito di altissimo profilo di psicopatia in entrambi i casi che fa passare gli altri [ritenuti importanti solo da una piccola schiera di persone, a questo punto] in secondo piano. Partendo dalla “sicurezza stradale” che ha tenuto banco, bisogna supporre, solo per l’emotività della perdita di Manuel Calise la cui morte si aggiunge a quella di Francesco Taliercio e di altri prima e che ci hanno stimolato soluzioni soltanto per la tragicità dell’evento, fino al completo silenzio di fronte all’inadempienza delle Amministrazioni che non hanno – ancora – ripreso il Patto per lo Sviluppo dell’isola d’Ischia, di esempi se ne potrebbero fare a centinaia.

  1. Se si parlasse della difesa di quel particolare gruppo etnico [gli zingari], non ci sarebbe nulla da dire, neppure un accenno di critica. Invece guardando nella sfera di cristallo per capire che fine faremo, la “zingara” in questione è il famoso panino divenuto oggetto della nuova contesa tra “ischitani” e “procidani”, dopo quella che “Procida non meritava di essere Capitale Italiana della Cultura” e altre stupidaggini simili. Siamo di fronte a un dibattito di altissimo profilo di psicopatia in entrambi i casi che fa passare gli altri [ritenuti importanti solo da una piccola schiera di persone, a questo punto] in secondo piano

Val la pena ricordare che se le sei forze centrifugate non si mettono insieme rischiamo di perdere pure i fondi del PNRR ma di fronte a ciò, è chiaro, l’attenzione collettiva è sollecitata più dalla possibilità di distribuire argomentazioni scientifiche sul “panino” e sulle sue origini che non dalle occasioni per sottoporsi ad un esame di coscienza [collettiva] che se fosse una prova di maturità, costringerebbe molti a ripetere l’anno. Su temi che hanno un’importanza fondamentale e dovrebbero averne riguardo lo sviluppo e il futuro delle persone, sull’emergenza economica che diventerà un vortice se non facciamo qualcosa, con le dovute eccezioni, nessuno è disponibile a scipparsi i capelli. Per la “zingara”, invece sì. Sono in molti [in modo particolare sui social] ad affannarsi discettando di “brevetti”, di “tutela del marchio” dando fiato alle trombe che annunciano la discesa di stuoli di avvocati sul terreno dello scontro trovando il modo per infilar all’interno dei ragionamenti qualche parola straniera come “marketing”.

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Che siamo di fronte all’indifferenza, al sonnambulismo di una società isolata nella propria bolla, ormai è un fatto. Lo testimonia proprio il silenzio sulle questioni che più contano e dovrebbero scuoterci l’attenzione. Che questo silenzio si estenda e travolga poi, tra i tanti problemi di cui si potrebbe parlare e non si parla mai abbastanza, l’urlo di molti malati obbligati ad affrontare non poche difficoltà per raggiungere la terraferma perché magari devono sottoporsi chi a un protocollo chemioterapico chi ad analisi che sull’isola è impossibile eseguire, anche questo è un fatto. Il silenzio è diventato lo spazio idoneo per dare agli ischitani la possibilità di esserci e rimarcare la questione diplomatica con “procidani”, rei di aver soffiato dal piatto uno dei panini più importanti della nostra tradizione culinaria. Un popolo (?) disarticolato, il nostro. Che non ha saputo sviluppare una visione d’insieme e lavora instancabilmente per evitare di farlo anche attraverso le Amministrazioni. Inadeguato, quando si tratta di farsi massa critica per chiedere soluzioni e risposte ai problemi reali su tutti Sanità e trasporti, indifferente di fronte alla minima ipotesi di collaborazione – magari proprio con Procida in vista di questo 2022 che a conti fatti si prospetta vantaggioso per l’isola di Graziella meno per Ischia – mentre resta aperta la disputa tra i “corpi” sociali spacchettati nei sei Comuni. La convinzione che sia questa la normalità è inutile anche ripeterlo.

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Il silenzio è diventato lo spazio idoneo per dare agli ischitani la possibilità di esserci e fare la voce grossa nei confronti dei “procidani”, rei di aver soffiato dal piatto uno dei panini più importanti della nostra tradizione culinaria. Un popolo (?) disarticolato, il nostro. Che non ha saputo sviluppare una visione d’insieme e lavora instancabilmente per evitare di farlo anche attraverso le Amministrazioni

Basta questo, ed è altro che un semplice dettaglio, a rendere assurdo ogni appoggio alle questioni internazionali sul panino, alle accuse a Procida per aver violato la legge “dell’eterna seconda” e detiene un “titolo” in modo ingrato o agli elogi autocelebrativi che “noi siamo il meglio” per esclusivo diritto divino. Faremmo più bella figura se la smettessimo con le “zingarate” e riconoscessimo a noi stessi che non abbiamo ancora imparato a gestire le [nostre] deficienze le quali trascinate dietro da anni sono diventate grandi tanto che facciamo fatica pure ad accorgercene. Il tutto, dopo aver sgonfiato l’ipertrofia di un ego che ci consuma e distrae dalla realtà. Non per resa. Per stabilire, al contrario, almeno un punto in grado di farci uscire dall’indifferenza e abbozzare un piccolo tentativo col fine di rivoluzionare la scaletta e la conseguente gestione delle necessità in modo diverso. Non sarebbe poco o molto ma un segnale che qualcosa sta cambiando. Nel frattempo sarebbe utile, quasi indispensabile, tornare a tacere.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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