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Una mattinata dal sapore d’altri tempi a Ischia Ponte: protagonista il “cala cala”

di Isabella Puca

Ischia –  Si sono dati appuntamento ieri mattina a Ischia Ponte, ognuno con il suo cesto per dare vita a un riuscitissimo, quanto sentito, evento. Tutto è nato in modo spontaneo, dal web dove, sulla pagina della Borsa Verde 3.0. ideata da Luciana Morgera, è stato lanciato un singolare appello: adottate un “canisto” e calatelo dai balconi di Ischia Ponte. Detto fatto. In tantissimi hanno risposto e sono arrivati a Ischia Ponte con il loro canestro. Il primo “cala cala” è avvenuto proprio dinanzi alla galleria Mario Mazzella, noci, chiuppetelle e broccoli, tutto made in Ischia, naturalmente. Accanto, dinanzi la vetrina di “Le moire” un altro cala cala, questa volta a opera di Elena Mazzella; nel suo cestino finocchi, cavolo e una treccia di peperoncini. All’appuntamento ha risposto anche l’avvocato Antonio Rispoli, proprietario della Tenuta Biologica del Cannavale che, al motto di “Vietato calpestare i sogni” ha portato una cassetta piena di prodotti, rigorosamente bio, tutti da barattare. In un angolo non è mancata la presenza del maestro dell’intreccio, Salvatore Scotti di Minico, che ha creato un cestino sul momento esponendo tutti gli altri suoi lavori su di un ape car. «I canestri tradizionalmente sono composti di tre elementi: fondo, corpo e manico, se è tutto intrecciato per bene il canestro resiste anche a un peso eccessivo». A spiegarlo è Raffaella Scotti che stringe tra le mani un cesto che ha circa 80 anni, a intrecciarlo fu sua nonna.  «Il cesto per il cala, cala è intrecciato in modo diverso, si continua fino al manico proprio per avere la certezza che in canestro regga il peso». Intanto continua ad arrivare gente, tra questi Luciana Morgera organizzatrice dell’evento che, dal suo maggiolone, tira fuori diversi canestri pieni di prelibatezze: ci sono i suoi famosissimi panelli creati con farine particolari, libri su Ischia, marmellate, semi e prodotti della terra. «Il vero cala cala era diverso – racconta  Scotto Di Minico – lo facevamo noi contadini con i pescatori ed era un baratto più naturale. Le barche ci chiamavano e noi scendevamo dalla campagna al mare portando vino, fichi uva e altro». Il tradizionale cala cala racconta la storia contadina dell’isola d’Ischia, quando le donne calavano dai balconi questi cesti ricolmi di prodotti delle campagne, le stesse che negli ultimi anni stanno tornando a ripopolarsi. Un cesto delle meraviglie quello di Maria Monte e della sua mamma che richiama l’attenzione dei presenti per i grossi limoni pane, cedri profumati e un particolare frutto al gusto di cioccolato.   È incredibile come gli appassionati della terra si siano riusciti a riunire in questo meraviglioso evento organizzato a costo zero che ha divertito non solo gli ischitani, ma anche i turisti che si trovavano a passare per il borgo e che hanno assaporato così un po’ di autentica Ischia. «Luciana Morgera, Elena Mazzella, il borgo di Ischia Ponte con i residenti ed i commercianti: quando ci sono loro il risultato è garantito. Non posso che plaudere a iniziative come questa, che tendono a valorizzare le nostre tradizioni e i prodotti di questa magnifica isola. Sono convinta che in alcuni ambiti sociali noi ischitani siamo andati troppo avanti, mentre dovremmo guardarci indietro e riproporre ciò che eravamo per noi in primis ed anche per i nostri ospiti che sono alla ricerca delle tipicità del territorio». Questo quanto dichiarato dall’assessore alla cultura Carmen Criscuolo.

All’evento ha partecipato anche Kelly, qui a Ischia dal Sud Africa; con lei c’è il piccolo Salvatore, mascotte della mattinata che, accoccolato accanto al suo cestino ci mostra le uova e il miele fato dalle api del suo giardino. A mano, a mano il gruppo è al completo ed è bello vedere anche tanti giovani; tra questi c’è qualcuno che un piccolo cestino lo ha appeso al collo e chi ha pensato di portare un panaro pieno di fantasia come Maria che ha pensato di barattare abbracci e qualche altro che, con cucciolo di cane a seguito, baratta coccole. Dopo un’immancabile foto di gruppo, è partita la carovana, ognuno con il suo cestino tra le mani,  in giro per il borgo di Ischia Ponte a cercare cestini calati dai balconi. Nella piazzetta largo convento c’è quello di Gina Menegazzi dal profumo di limoni e d’insalate, fuori al negozio Lunaria c’è Michela che ha preparato un bellissimo banchetto dove spiccano agrumi, piante e fiori colorati. Individua il canestro appeso ai balconi e inizia col baratto. È questa la seconda regola della giornata e così, chi è arrivato con un cesto pieno di agrumi, va via con un cesto pieno di fiori e chi è arrivato a mani vuote, va via con un cedro o una piantina e ha barattato così una gentilezza senza prezzo. Si continua con il giro e nel vicoletto di Boccia si ha la prima sorpresa. Ad attendere il gruppo c’è Rosanna che, accanto al suo panaro pieno di fiori e verdura, recita un brano tutto dedicato al cala cala  “Rusinè acal ò panar che t’agg purtat coccos’ ra terr”. La passeggiata nel borgo d’Ischia Ponte continua e qualcuno attratto dal cesto di Teresa le chiede di scambiare i suoi prodotti dell’orto con una crostata appena sfornata. Dei giovani sposi non se lo lasciano dire due volte e posano accanto a un panaro appena calato da uno dei balconi più alti del borgo. Qualcuno, a metà mattinata, tira fuori una torta e il momento della merenda tutti insieme si fa dolcissimo. È tanta la voglia di ripescare le tradizioni del passato, insegnarle ai propri figli, raccontarle ai turisti e a chi ignora completamente il passato dell’isola nonostante ci viva, ci lavora, nonostante abbia deciso di mettere su qui la propria famiglia. Gli odori dei prodotti dell’orto si mescolano ai colori dei fiori e delle piante, i sorrisi diventano risate, i bambini mostrano con orgoglio il loro cestino e iniziano a pensare che forse è davvero più bello di una busta di plastica. Mentre la carovana di borseggiatori prosegue il suo giro di baratti, la signora Carmela avvolge un fulard su se stesso e lo adagia sul capo. Poi, alza il suo cesto pieno di odori, lo mette in testa e così inizia a camminare con un portamento davvero reale. «Ho imparato da mia madre, – ci dice – per andare in campagna. Portare il cesto in testa è un’eleganza».

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