Una società che non ha memoria storica non ha futuro
Quest’anno, in occasione dei festeggiamenti del nostro Santo Patrono, S. Giovan Giuseppe della Croce, a chiudere un ciclo, che ha visto avvicendarsi tutti i corpi bandistici di Stato più prestigiosi, ci sarà quello della Polizia di Stato, complesso a cui io mi sento particolarmente legato per i motivi che in seguito spiegherò. La banda della Polizia di Stato mancava da Ischia dal 1957, tempo inspiegabilmente lungo, e a dirigerla allora c’era un nostro concittadino onorario che era cresciuto e si era formato professionalmente a Ischia: il Mº. Antonio Fuselli. A questo punto è doveroso ricordare il padre di Antonio, il Mº. Ettore Fuselli, che si insediò a Ischia e formò, nella seconda metà degli anni Venti, un dignitoso complesso bandistico con cui dava concerti in Piazza Croce per i turisti, che nel periodo estivo affollavano l’isola. E proprio durante uno di questi concerti, nel finale di “Cavalleria Rusticana”, si accasciava sul podio e finiva drammaticamente i suoi giorni terreni tra lo sgomento del pubblico presente e degli orchestrali. Tra questi ultimi, in prima fila accanto al podio, c’era un giovane adolescente: mio padre. Per ragioni anagrafiche io non ho potuto conoscere il Mº. Ettore, ma so di questa storia attraverso i racconti che mio padre faceva spesso nei periodi invernali, quando gli adulti sedevano attorno ad un tavolo e noi piccoli giocavamo in qualche angolo della casa. Ma a me, pur essendo un bambino di 5/6 anni quei giochi non interessavano e senza farlo notare ero attento ai discorsi dei grandi. Era la fine degli anni Quaranta, non c’era la televisione e noi ragazzi potevamo solo sognare e fantasticare, perciò la figura del Mº. Ettore, che si accasciava sul leggio mentre dirigeva, diventava per me una figura eroica, mitica: sentivo dentro di me il desiderio forte di andare alla scoperta del suo magico mondo, che allora ancora non capivo. I miei genitori avevano comprato una radio con le manopole e, a forza di armeggiare con esse, avevo imparato ad usarla per andare alla ricerca di quei programmi che toccavano la mia sensibilità. Ecco che allora Verdi, Puccini, Bellini, Donizetti, Mozart, Beethoven, ecc… incominciarono a diventarmi familiari; stavo ore ed ore ad ascoltare le loro musiche e, giorno dopo giorno, entravo sempre più in quel magico mondo del Mº. Ettore.
In seguito, al timone della banda, ad Ettore successe il figlio Antonio, che rivitalizzò il complesso portandolo in giro per l’Italia e dando, così, prestigio e visibilità alla nostra isola. Poi, per contrasti di veduta con la dirigenza, lasciò Ischia e ottenne la docenza ordinaria di Musica presso il Conservatorio di S. Pietro a Maiella di Napoli. A dei genitori attenti come i miei il mio comportamento non poteva passare inosservato e indusse mio padre a chiedere aiuto all’amico Antonio. Un giorno, mentre frugavo in un cassetto di mio padre, notai nascosta in un angolo, una busta aperta; la presi e la curiosità mi spinse subito a leggere il nome del mittente: era il Mº. Antonio Fuselli, che rispondeva ai numerosi quesiti che mio padre gli aveva posto. Lessi e rilessi più volte quello scritto come a voler imprimere nella mente ogni parola e, ancora oggi, a distanza di tanto tempo, ricordo perfettamente il finale della lettera: “Caro Vincenzo, se sei certo della predisposizione musicale di tuo figlio, iscrivilo a Napoli e vai sicuro, perché non c’è miglior istituto del nostro glorioso Conservatorio”. Allora capii quale fosse la mia strada anche se altri, inconsapevolmente, avevano deciso per me del mio futuro. Qualche anno dopo, Antonio (per noi affettuosamente Totonno) assurgeva al prestigioso incarico di Mº. Direttore della Banda Musicale della Polizia di Stato, però non si dimenticò di Ischia e per ben due volte, a distanza di qualche anno l’una dall’altra, vi tornò con il suo meraviglioso complesso: la prima volta per i festeggiamenti del nostro Santo Patrono, la seconda nel 1957 quando si esibì in piazzetta S. Girolamo.
E’ inutile dire che io, allora adolescente, ero tra il pubblico ad ascoltarlo. Poco tempo dopo si diffuse rapidamente, come un fulmine a ciel sereno, la notizia che anche Totonno si era sentito male durante un concerto nella piazzetta di Capri e ci aveva lasciato. Per me fu un colpo che segnò la mia anima perché perdevo la mia guida, il mio eroe ma, allo stesso tempo, mi stimolò ancora di più nello studio affinché fossi degno di Lui. Professionalmente io provengo da studi pianistici e di composizione ma, ad un certo punto, ho deviato sulla Strumentazione per Banda perché sentivo che quello era il mio destino ma forse, in fondo in fondo, c’era anche il desiderio di arrivare dove Lui era arrivato e continuare il Suo lavoro, che un destino fatale aveva interrotto in maniera drammatica ancora in giovane età. Oggi, a distanza di tanto tempo, spesso mi chiedo: “Il trapasso è stato davvero così drammatico?”. Io penso che per un musicista non vi sia fine più bella che quella di chiudere gli occhi e lasciare questo mondo, mentre sta facendo ciò che ha fatto per tutta la vita. Caro Totonno, quel giorno hai lanciato in alto la tua bacchetta di direttore, sperando che qualcuno potesse afferrarla a mo’ di testimone per continuare il lavoro, che prima tuo padre e poi tu avete iniziato e poi lasciato per assurgere ad incarichi più prestigiosi. Ebbene sì, caro Antonio, qualcuno nel 1970 ha afferrato al volo quel testimone per riprendere e continuare il lavoro da dove Tu l’avevi lasciato. Da quel lontano 1970 sembra trascorso un secolo ed anch’io ho dovuto passare il testimone. Oggi nell’isola ci sono ben quattro gruppi bandistici e, non a caso, un giovane registra ischitano, che ha prodotto un documentario sulla Storia della Banda ad Ischia, l’ha definita “L’Isola dei musicanti”.
Verrà un giorno in cui anche i miei allievi dovranno passare il testimone ai loro allievi; è così che dev’essere perché il sale della vita è questo: la continuità. Oggi, in un mondo che tutto crea e tutto distrugge facilmente, io stento a ritrovarmi perché una società che non ricorda e dimentica i suoi figli migliori non può avere futuro. Pongo fine a questi miei pensieri con un grosso groppo alla gola e sento gli occhi inumidirsi di pianto (evidentemente la ferita non si era chiusa bene e si è riaperta): la maggior parte di quei protagonisti che hanno fatto la Storia della Banda ad Ischia, compreso mio padre, non ci sono più e sono stati dimenticati. Ecco perché, con l’avvicinarsi del 50º anniversario dell’ultimo abbraccio del Mº. Antonio Fuselli con Ischia, in quanto persona interessata, ho voluto fortemente la presenza del prestigioso complesso della Polizia di Stato, affinché si colmasse il vuoto di una lunga assenza e si rinsaldasse quel senso di appartenenza tra la gente di Ischia e la Polizia di Stato. Per questo sento di dover ringraziare Don Carlo Candido e i suoi collaboratori, che hanno fatto proprio il progetto e lo hanno portato avanti con grande forza e determinazione, nonostante le numerose difficoltà che hanno dovuto superare. Altrettanto sento di dover fare con tutte le autorità competenti: la Polizia locale, il Prefetto, il Ministero competente, il Mº. Maurizio Billi e i suoi collaboratori che hanno capito l’importanza dell’evento e verranno ad abbracciare i cittadini dell’isola d’Ischia per colmare così quel vuoto che si era venuto a creare. Grazie Mº. Ettore e Mº. Antonio per tutto quello che mi avete dato. Non vi dimenticherò mai.
Maestro Nello Trani