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VANTAGGI E BENEFICI DELL’ACQUAGYM

Angelo Roja

L’acquagym ha conquistato centinaia di entusiasti praticanti che dopo la prima lezione si sentono esausti e curiosi. Alla seconda pieni di energia e motivati. Dopo la terza non possono più farne a meno! E’ coinvolgente l’entusiasmo dei praticanti il Fitness, il ritmo della musica e l’istruttrice trascinano la classe. Si possono praticare nell’acqua quasi tutti i corsi di fitness normalmente insegnati in palestra. I benefici di questa disciplina riguardano prima di tutto il potenziamento muscolare, effettuando dei movimenti che puntano a tonificare diverse parti del corpo, con o senza accessori, rimanendo più o meno immersi nell’acqua. Per lo svolgimento degli esercizi si possono usare diversi accessori: palme, guanti palmati, cinture, pesi, tubi galleggianti o strumenti più grandi come lo step per l’acquastep o una bici per l’acquabike. Per quanto riguarda l’abbigliamento bastano una cuffia e un costume da bagno. In acqua il peso del corpo viene a trovarsi quasi in uno stato d’assenza di gravità (tutto il corpo immerso in acqua pesa solo il 3% rispetto al reale; fino alle spalle peso il 20%; fino al petto pesa il 50%; fino al polpaccio pesa il 95%), cosa che consente di evitare il sovraccarico sulle articolazioni e i traumi e microtraumi a livello osteo-muscolare che sono possibili negli esercizi dove c’è uno spostamento verticale del baricentro, corsa, salti, ecc.

I benefici dell’acquagym sulla schiena

L’acquagym è l’ideale per chi soffre di mal di schiena. L’acqua, scaricando il peso corporeo, rende l’allenamento più leggero per la struttura scheletrica, alleggerendo il lavoro muscolare e dando quindi meno carico alla schiena. I muscoli della schiena sono tonificati dagli esercizi di acquagym e riescono quindi a rafforzarsi e diminuiscono i dolori cronici. Gli stessi esercizi, inoltre, le regalano una maggiore flessibilità, donando elasticità alla struttura muscolo-scheletrica. Infine, è la stessa graduale perdita di peso, che lo sport promette, ad alleviare la schiena da un carico eccessivo.

Prove sperimentali effettuate dal C.O.N.I. di Roma

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L’Istituto di Scienza dello Sport del C.O.N.I. di Roma ha effettuato delle prove sperimentali, consistenti in una misure “pilota” di costo energetico durante una lezione di Acquafitness su due soggetti. Due donne di 40 anni, 174 cm e 79 kg, la prima, e 33 anni, 161 cm e 50kg, la seconda sono stati monitorati anche durante una lezione di step a secco e sono stati sottoposti ad un test massimale al cicloergometro per determinare il loro VO2 max (39 ml*kg-1*min-1 in media).
La lezione di Acquafitness, che è stata ridotta a 36 minuti effettivi, è stata condotta in una profondità medio-alta (170 cm) della vasca proprio per sfruttare le caratteristiche principali dell’esercizio in acqua: l’uso di galleggianti, quali ausili didattici, consisteva in una cintura (Hidrobelt ) propria della disciplina, che permetteva di avere un galleggiamento verticale lasciando le spalle appena emergenti dall’acqua. Per evitare di danneggiare con schizzi d’acqua il lettore della ventilazione dell’apparato K4b2 si è dovuto scegliere tra una gamma di esercizi che non prevedessero la fuoriuscita dall’acqua degli arti, sia inferiori sia superiori. La lezione condotta prevedeva quindi un allenamento di potenziamento e di resistenza cardio-muscolare, senza una coreografia stabilita, eseguendo una sequenza di movimenti in successione tra loro e senza sosta.
Per integrare la misura del V’O2, sono stati anche effettuati durante la lezione (5° – 15° – 25° minuto e stop) dei prelievi di una piccola quantità (25 microlitri) di sangue capillare dal lobo dell’orecchio per determinare la concentrazione di lattato. I risultati ottenuti appaiono molto interessanti, anche se va premesso che a essi si può dare un significato solamente indicativo, dato l’esiguo numero di soggetti testati.

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Test della VO2 max

Un primo dato che si evidenzia è che, apparentemente, le due signore, mentre nella lezione di step hanno fatto registrare un’intensità di esercizio pari al 77% del V’O2 max, nella lezione di Acquafitness sono state capaci di mantenere un V’O2 medio pari al 100% del V’O2 max. Ciò, da un punto di vista fisiologico, non sarebbe possibile sia per la durata della lezione (troppo lunga per poter resistere ad un’intensità del 100% del V’O2 max), sia perché se il valore medio è 100% vi devono essere stati valori di picco ben superiori al 100% del V’O2 max (come si fa ad avere valori superiori al max?). In realtà, se si considera che il test per il V’O2 max in laboratorio è stato eseguito in laboratorio al cicloergometro, appare plausibile, ed anche dimostrato scientificamente, che il valore registrato non sia il vero V’O2 max del soggetto; esso può, infatti, essere del 10-15% inferiore a quello che lo stesso soggetto avrebbe (a meno che non si tratti di un ciclista) se il test fosse fatto su un nastro trasportatore o comunque se fosse costretto ad usare una grande quantità di masse muscolari (non solo le gambe) oppure gli fosse permesso di fare un gesto al quale è abituato (non il ciclismo). Se si tiene conto di quanto appena detto appare dunque plausibile che il V’O2 medio nelle lezioni sia così alto; infatti, si può ipotizzare che il vero V’O2 max delle due signore sia percentualmente più elevato di quello misurato in laboratorio. Nonostante questa considerazione si è comunque deciso di continuare a considerare il V’O2 max come parametro di riferimento dello sforzo fatto nelle due lezioni, perché esso è comunque un indice standardizzato e perché tale rapporto rende bene l’idea dell’intensità alla quale le due signore hanno effettuato gli esercizi. Infatti, la valutazione degli altri dati conferma questo dato: la lezione di Acquafitness, almeno per la coreografia da noi studiata, comporta un dispendio energetico (11.53 kcal*kg-1*h-1) del 30% superiore a quello di una lezione di step (8,71 kcal*kg-1*h-1) ritenuta dall’istruttore simile per impegno fisiologico. Eclatante è l’incremento della lattatemia che appare non solo più che raddoppiata nell’Acquafitness rispetto allo step, ma addirittura presenta valori di picco (12 mM) tipici di sport agonistici ad elevato impegno del metabolismo anaerobico lattacido. Il quadro che si delinea da questi dati è quindi quello di una lezione di Acquafitness di intensità media molto elevata, ben superiore a quella che ci si sarebbe attesi, considerato ed accettato che l’obiettivo reale di tali esercitazioni sia lo sviluppo del metabolismo aerobico.

Conclusioni

In conclusione si può quindi dire che nell’Acquafitness è certamente vero che:

A – Si può fare esercizio fisico senza sottoporre le articolazioni e le componenti capsulari e tendinee al carico rappresentato dal peso corporeo ed agli impatti determinati dagli spostamenti del centro di gravità dello stesso.

B – La “forza sensibile”, che ogni allievo va a sviluppare e a migliorare negli esercizi acquatici, permette a ognuno di allenarsi individualmente, laddove la capacità di “sentire” gli appoggi nell’acqua e di aumentare i carichi di lavoro sono la conseguenza del grado di forza, di resistenza, di potenza, di coordinazione ed elasticità di ogni singolo individuo.

C – Proprio per queste ragioni, determinate dalla più elevata densità dell’acqua, una coreografia “ esasperatemente intensa “, per tempi e movimenti, può determinare un carico metabolico e funzionale (specialmente cardio-vascolare e metabolico) talmente elevato, da non rispondere più all’obiettivo di “allenamento aerobico”. Da non essere adatto a soggetti anziani, non in buona salute o non “allenati”. Da  richiedere una valutazione preliminare medico-sportiva di tipo agonistico per evidenziare eventuali cause di non idoneità. Insomma, almeno sulla base di questa prima esperienza, con l’Acquafitness, nei soggetti non allenati o avanti negli anni, si deve essere ancora più attenti che con gli esercizi in palestra.

 

 

 

 

 

 

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