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DA VICINO NESSUNO E’ PERFETTO

Era il 19 febbraio 1997 quando per la prima volta, si aprirono le porte dell’Ospedale Psichiatrico “L Bianchi” di Napoli (ex manicomio). Io felicissimo e il cuore in gola quando, attraversato il mare, arrivai nella mia terra, nella mia Ischia dalla quale, medici senza scrupoli, mi allontanarono in giovane età, senza il mio consenso. Ho dimenticato persino di nuotare, io che al mare ci andavo sempre. Magari a fare un po’ di casino.

Adesso sentire il suo rumore, mi riporta alla mia giovinezza, a quella rumorosa incoscienza di ragazzo che voleva mangiarsi il mondo e che è finito invece ricoverato, prima nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, una via di mezzo tra carcere e manicomio, e poi al Bianchi. Col passare degli anni e il lavoro certosino degli operatori ho cominciato a godermi la vita e a partecipare a tutti progetti che mi piacevano. Facevo teatro, corso di vela, Cantavo, andavo ogni settimana al cinema. Partecipavo alle feste dentro e fuori la SIR, Struttura Intermedia Riabilitativa che si trovava a Barano e da dove si vedeva il mare e quelle navi da crociera che facevano viaggiare la mia testa, già ballerina per la malattia. La cosa che mi piaceva fare di più era andare alle gite in terraferma, scoprire la provincia della Campania e fermarmi agli autogrill che non avevo mai visto.

Una volta, addirittura, partecipai ad una partita di calcio alla stadio San Paolo. Facevo il portiere. Giocammo contro la Polizia Municipale del Comune di Napoli. Perdemmo, ma ero così felice di farmi la doccia dove la faceva Maradona, che non mi preoccupai molto della sconfitta. Ricordo con emozione la prima volta che partecipai alle Elezioni Politiche. Il mio diritto al voto era finalmente riconosciuto come tutti gli altri cittadini. Ho imparato parole come presa in carico, accoglienza, integrazione, riabilitazione ed emancipazione sociale. Andavo a trovare spesso mamma e papà. Cn lui stavamo ore a chiacchierare, a ridere e giocare. Loro mi davano sempre dei soldi che io utilizzavo per acquistare qualche pacchetto di sigarette in più, un caffè e qualche sfogliata. Si, sigarette e caffè.  Nessuno può capirci, ma sono le nostre droghe giornaliere. Le nostre ritualità di malato alle quali non sappiamo rinunciare.

Siamo un po’ strani. Vestiamo senza seguire le mode e senza coordinare i colori. Non abbiamo la consapevolezza dei nostri diritti. Ma qui sullo Scoglio ci vogliono tutti bene, senza se e senza ma. E se non siamo proprio dei modelli da passerella, mi consolo con una frase che lessi un giorno su un libro: Da vicino nessuno è perfetto.

 

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