CULTURA & SOCIETA'

Vita e morte di Corradino di Svevia, presentato il romanzo storico di Lino Zaccaria 

Il giornalista ha raccolto a sé amici e colleghi per parlare del suo nuovo libro “L’aquilotto insanguinato”

di Marco Martone

Una mattinata di cultura, approfondimento, giornalismo e storia. Lino Zaccaria, che per oltre quaranta al “Mattino”, ha ricoperto il ruolo di redattore capo e che ora è direttore editoriale di “Napoli quotidiano”, ha raccolto attorno a se amici e colleghi, oltre ad illustri docenti, per parlare del suo nuovo libro: “L’aquilotto insanguinato – Vita avventura e morte di Corradino, l’ultimo rampollo degli Svevi”, edito dalla casa editrice Graus. Il volume è stato presentato al Teatro Diana del Vomero. A moderare gli interventi Ermano Corsi (giornalista e scrittore), presenti, oltre all’autore, Francesco D’Episcopo (scrittore e docente di letteratura italiana) e Gigi Di Fiore (scrittore e inviato de Il Mattino). Distanziamento e misure di sicurezza rispettate, all’interno del teatro, pieno nonostante l’inclemenza del tempo e la paura diffusa per un virus che non lascia tregua. Il libro è un susseguirsi di emozionanti ricostruzioni storiche, ambientate in pieno 1200. Una storia il cui epilogo tragico giunse in quella che è oggi piazza Mercato, a Napoli, sotto gli occhi commossi e atterriti di migliaia di cittadini, radunati apposta perché quella decapitazione fungesse da monito, anche per il futuro. La descrizione dell’uccisione di Corradino di Svevia è il “piatto forte” della ricostruzione biografica che Lino Zaccaria propone ai lettori. Una ricostruzione completa, che si apre con un’introduzione di carattere storico sullo scenario nel quale era poi maturata la vicenda dell’ultimo rampollo della dinastia Hohenstaufen.  Il giovane Corradino di Svevia aveva appena poco più di sedici anni. Era nipote diretto del grande Federico II, figlio del figlio Corrado. Era calato in Italia per riprendersi il trono su cui Papa Clemente IV aveva insediato Carlo d’Angiò. Ma l’impresa era fallita a Scurcola, in Abruzzo. 

Proprio quando sembrava che il giovane principe potesse avere la meglio al termine di una sanguinosa battaglia campale, il rivale, grazie ad una abile mossa tattica di un suo vecchio condottiero, era riuscito a prevalere su quell’esercito un po’ raccogliticcio, fatto di pochi Svevi e di molti ghibellini italiani che speravano di tornare al potere e di rimettere nell’angolo il Pontefice, come aveva fatto Federico II. Corradino, in fuga dopo la sconfitta, era stato catturato sul litorale laziale, tradito dall’anello imperiale che ancora portava al dito. E chi lo aveva catturato, Giovanni Frangipane, lo aveva poi consegnato a Carlo d’Angiò. Un passaggio ancor oggi discusso di questa vicenda: fu Frangipane un traditore nel consegnarlo al re angioino, visto che in passato lui e la sua famiglia erano stati fedelissimi degli Svevi?

Questo punto specifico è ampiamente esplorato nel saggio di Lino Zaccaria, con precise citazioni di quanti si sono schierati per la condanna e di quanti invece hanno assolto il Frangipane. Così come nel volume si può rinvenire un’accurata disamina di tutte le posizioni che si sono susseguite nei secoli tra quanti sostenevano che Carlo d’Angiò dovesse alla fine far salva la vita al giovanissimo rivale e quanti invece assumevano che la condanna a morte fosse inevitabile, perché Corradino vivo avrebbe rappresentato una spina nel fianco duratura per il sovrano francese trapiantato a Napoli. Tutta la vicenda si snoda attraverso una sistematica citazione delle fonti, che quasi sempre vengono riprodotte in maniera testuale. Una consuetudine che l’autore ha mutuato dalla sua lunghissima esperienza giornalistica e che, come asserisce nella premessa, deliberatamente ha inteso seguire. Lo sottolinea nella prefazione anche Pietro Gargano: “La scrittura è sorvegliata, semplice, volutamente scarna, perché la ricerca della verità non ha bisogno di abbellimenti di maniera”.

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