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Voleva l’assunzione in Ischia Ambiente, il giudice del lavoro dice “no”

Luigi Serra era uno dei due lavoratori Stec che aveva fatto causa alla partecipata: si era opposto al licenziamento siglato dai vertici aziendali, ma il Tribunale ha rigettato il suo ricorso

Se il primo tentativo, in attesa della discussione, era andato a vuoto, stavolta dal Comune di Ischia possono tirare un sospiro di sollievo. Perché il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli, dott.ssa Manuela Fontana, ha sciolto la riserva formulata nella procedura promossa da Luigi Serra nei confronti di Ischia Servizi spa. Si tratta di uno dei due dipendenti della STEC chiamati a supporto da Ischia Ambiente e che a un certo punto avevano fatto causa alla società partecipata chiedendo l’immissione in pianta organica come lavoratori con contratto a tempo indeterminato dopo che la società lo aveva licenziato.

Ebbene il ricorso è stato rigettato e dunque il lavoratore in questione non potrà pretendere di entrare in pianta organica. Prima di proseguire ed esplicare le motivazioni che hanno indotto il giudice ad esprimersi in tal senso, è il caso di ricordare che i lavoratori della STEC vennero chiamati a collaborare con Ischia Ambiente diversi anni fa: il loro compito era quello di provvedere a trasportare gli automezzi dei rifiuti solidi urbani in discarica, una collaborazione voluta dagli allora vertici della società per evitare che si dovessero pagare esosi straordinari al personale che alle volte restava ore ed ore ad aspettare di poter conferire. Una scelta che però nel tempo si è rivelata deleteria, dal momento che entrambe le maestranze hanno chiesto l’assunzione a pieno titolo nella partecipata monnezzara.

La Ischia Servizi spa aveva licenziato il Serra nello scorso giugno e lo stesso si era opposto chiedendo di “… dichiarare nullo e/o annullabile e comunque illegittimo e/o inefficace il provvedimento di licenziamento intimato dalla Ischia servizi spa (già Ischia Ambiente spa) al ricorrente con nota del 19 giugno 2019, b) per l’effetto… condannare… la resistente alla reintegrazione dell’odierno ricorrente nel posto di lavoro in precedenza occupato, con le medesime mansioni e qualifica, nonché al pagamento, in favore del ricorrente, di una indennità risarcitoria nella misura massima di 12 mensilità ovvero nella misura anche inferiore che sarà ritenuta equa e di giustizia, commisurata all’ultima retribuzione globale dovute secondo i criteri accertati con sentenza del Tribunale di Napoli n.1363/2019 dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento, con gli accessori di legge, sempre dal giorno del licenziamento impugnato è stato comminato in violazione della procedura prevista dalla legge e di conseguenza accogliere il presente ricorso col ritenere e dichiarare nullo o annullabile il provvedimento di licenziamento intimato”. Il Serra a sostegno della sua domande deduceva che con sentenza del Tribunale di Napoli Nord aveva accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti. La Ischia Ambiente a quel punto aveva però disposto un nuovo licenziamento sulla scorta della disciplina in materia di obblighi di assunzione e per essere la pianta organica aziendale già dotata della figura professionale del lavoratore.

In ogni caso, come detto, il giudice sentenzia che il ricorso va rigettato e la motivazione, dopo essere stata ampiamente articolata, viene sintetizzata nella parte finale del dispositivo, dove si legge testualmente: “Dal prospetto depositato dalla società risulta che, alla data del recesso, non sussisteva alcuna possibilità di collocazione del lavoratore in posizioni corrispondenti allo stesso livello di inquadramento ovvero a quello immediatamente inferiore. Né assume rilievo la circostanza della vacanza di posto a seguito delle dimissioni del dipendente Pinelli, in quanto verificatesi solo successivamente (16 luglio 2019) all’intimazione del recesso. Deve dunque concludersi per il rigetto della domanda attorea”. Scendendo maggiormente nei dettagli ed esaminando il caso di specie, il giudice del Lavoro aveva inoltre osservato che “nell’ipotesi in oggetto, di accertamento per via giudiziale dell’esistenza di un rapporto di lavoro tra le parti in ragione della ritenuta sussistenza di una ipotesi di illecita interposizione di manodopera, con condanna al ripristino della funzionalità del rapporto di soggetto diverso dal formale datore di lavoro, la ragione organizzativa è da individuarsi nella inesistenza, ab origine, nell’organizzazione aziendale dell’impresa individuata per via giudiziale come effettiva datrice di lavoro, di una posizione lavorativa vacante in cui ricollocare il lavoratore”. La dott.ssa Manuela Fontana aggiunge poi ad ulteriore supporto che “dalla visura camerale del 29 gennaio 2019, versata in atti dalla società, risulta infatti che la stessa aveva una consistenza occupazionale di 78 unità. Parte datoriale ha poi versato negli atti un prospetto relativo all’organigramma della società, la cui riferibilità all’assetto aziendale di fatto non è oggetto di contestazione specifica da parte del ricorrente, da cui risulta che le posizioni lavorative di autista con inquadramento del terzo livello sono tutte assegnate ad altri dipendenti”.

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