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Voto clientelare e voto di scambio, tra etica e giustizia

DI FRANCO BORGOGNA

 

Quando, quasi in contemporanea, in 3 grandi città-Regioni ( Napoli, Roma,Milano) accadono scandali pubblici ( indagato Vincenzo De Luca; arrestato Marra,capoufficio del Personale e braccio destro del Sindaco Raggi; indagato il Sindaco Sala), è bene inquadrare e delimitare la portata dei fatti. Per quanto ci riguarda, ci soffermiamo sul caso De Luca, perché riguarda la nostra Regione, perché è quello che presenta più somiglianze con una molteplicità di atti e comportamenti adottati anche da amministratori locali, con i quali siamo abituati a confrontarci. Il Governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca, è indagato per “ induzione a voto di scambio”.

Negli anni ’80 fui molto colpito dalla raffica di incriminazioni di politici ( soprattutto DC e PSI) ad opera di una Magistratura arrembante, per “voto di scambio”. Non riuscivo a capire quale potesse essere il limite tra il lecito e il non lecito. Tenevo presente che, almeno dagli anni ’70, nel Comune d’Ischia ( tanto per fare un esempio) nell’ufficio anagrafe erano soliti sostare alcuni amministratori comunali che contrabbandavano il semplice rilascio di un certificato ( di nascita,cittadinanza,

residenza) come favore o agevolazione al cittadino ( magari facendogli guadagnare 5 minuti di fila a scapito di qualcun altro). Si trattava di voto di scambio? Quando a Napoli si privatizzò il servizio di nettezza urbana, con la costituzione di 10 lotti, piovvero sulle ditte affidatarie, migliaia di lettere di raccomandazione ( da partiti, sindacati, ambienti universitari, dalla Chiesa,compreso Cardinale e Vescovo di Napoli)  Molti dei nominativi segnalati erano effettivamente casi di estrema necessità. Bisognava indagare tutti questi “ segnalatori”? Adesso viene indagato Vincenzo De Luca, personaggio il cui linguaggio colorito è stato immortalato da Crozza ( tanto che è difficile distinguere l’originale dal clone) per aver usato un discutibile frasario in un’assemblea di Sindaci PD. Viene ipotizzato, in sostanza, che i Sindaci presenti siano stati sollecitati da De Luca a praticare un voto di scambio. Ma quale nesso diretto ci può essere tra un Sindaco che fa votare “ Si” o “ No” ad un Referendum sulla Riforma Costituzionale e l’elettore? Quale può essere l’immediato interesse e tornaconto del politico e l’ingiusto beneficio dell’elettore? Ha vinto il “ No”, ma se avesse vinto il “ Si”, quale ingiusto beneficio sarebbe arrivato all’elettore dal Sindaco? Vogliamo seriamente ipotizzare che una “ frittura di pesce”, nel 2016, basti a condizionare un elettore?

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Non ho simpatia per il linguaggio (tra il vetusto, l’onirico e il satirico) usato dal Governatore, ma non stiamo – per caso – esagerando? Vogliamo tentare di definire che cosa è effettivamente un “ voto clientelare” e quando si profila veramente il reato di “ voto di scambio”? Inoltre, quale percentuale di incidenza ha, nell’esito delle votazioni, la pressione clientelare, rispetto ad altre componenti, come il rapporto di amicizia o parentela, il voto di opinione, il voto ideologico, il voto di simpatia o antipatia? Mi sembra interessante cercare delle risposte a questi quesiti. E nella ricerca, può sicuramente aiutarci l’esito dell’ultimo referendum sulla Riforma costituzionale. Il “ voto di scambio” si verifica quando un candidato, in cambio di favori leciti o illeciti, promette ad un elettore di ricambiare il voto da parte di quest’ultimo con un tornaconto personale o con una promessa dello stesso. Il reato era già codificato nel diritto romano dalla “ Lex Baebia” e poi confermata dalla “ Lex Tullia”, proposta da Cicerone . Fu, però, proprio Cicerone che assunse la difesa di Lucio Licinio Murena, di cui ci è stata lasciata memoria nel “ Pro Murena”. Murena, candidato console romano, era stato accusato da un altro candidato, Servo Sulpicio Rufo ( assistito da Catone il Giovane, discendente dal noto Censore) di corruzione elettorale. Ebbene, Rufo e Catone, entrambi moralisti e legalitari intransigenti ed estremi, ricorrevano spesso a denunce e stigmatizzazioni di comportamenti dubbi dei pubblici amministratori. Ma Cicerone vinse la causa, dimostrando che sì, andavano rispettati i “ mos maiorum”, ma che la vita pubblica ( come quella privata) va vissuta anche con “ humanitas”, con cordialità, con capacità relazionale, senso di umorismo e senza astio. Cicerone ci ha lasciato memoria di questa arringa nell’opera “ Pro Murena”, dalla quale stralciamo il seguente passo: “ E’ normale prassi politica che i candidati offrano giochi e banchetti come Murena e i suoi amici hanno fatto, senza peraltro scadere nell’esagerazione e nello sperpero”. Se fosse ancora vivo Cicerone, difenderebbe De Luca, dicendo che una bella mangiata di “ frittura di pesce” fa parte dei godimenti della vita e non per questo viene inquinata la pubblica amministrazione. Fuori dallo scherzo, ci sembra che un linguaggio abnorme e pittoresco che mirava semplicemente a “ caricare” i seguaci per un impegno elettorale nel Referendum, non possa costituire ipotesi di reato. E male hanno fatto i 5 Stelle a denunciare l’accaduto. Altro discorso è, naturalmente, lo “ scambio elettorale politico-mafioso”, sancito già nel 1992 e ribadito e precisato il 16/4/2016 con la modifica dell’art. 416 codice penale. Certo, la promessa di una frittura di pesce o altre sollecitazioni ( “ come cazzo volete”, a dirlo con De Luca) non sono bastate a far prevalere il “ Si” al Referendum, sepolto da una valanga di “ No”. Ciò vuol dire che il voto clientelare conta, ma non tanto quanto si pensa o si teme. A livello locale i nostri amministratori dovrebbero capire che è pressoché inutile inscenare pseudo selezioni e concorsi a un passo dalle elezioni, nel tentativo di ingannare centinaia di giovani. E’ pressoché inutile perché quelli abituati a votare in cambio di favori sono pronti a tradire se al decimo favore richiesto non li soddisfi. E’ pressoché  inutile perché i giovani, disincantati e scettici, magari accettano anche la prebenda, senza sentirsi per ciò obbligati. La gente vuole “ contare di più”. Questo spiega perché, alle elezioni amministrative, conti di più il legame di parentela o di amicizia rispetto al clientelismo. Si spera, attraverso il parente o l’amico, di incidere più direttamente sulla vita pubblica. Messo da parte il voto ideologico, resta, però, in piedi il “ voto visionario”, il voto per la speranza di una svolta importante, di un progetto urbano e civile più sano, ecologico, in cui le “ regole” e i “ quadri di riferimento” facciano da apripista ad un progresso effettivo e ad una diffusione del benessere. E, a proposito di “ fritture “, non va dimenticato che i giovani non le amano, preferiscono mangiare leggero e salutare!.

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