LE OPINIONI

IL COMMENTO Cosa significa nascere in una Striscia

DI ANTIMO PUCA

Nascere in una Striscia. Nascere e crescere in un campo profughi. Cacciati dalle proprie case. Dalla propria terra. Senza nessuna credibile prospettiva di poter superare quella condizione. Senza uno Stato nazionale. Senza una casa. Significa crescere a pane e odio. A volte può persino mancare il pane. L’odio però mai. Anzi, di sicuro esso viene accresciuto dalla mancanza del pane. “Il più grande carcere a cielo aperto”, la Striscia di Gaza, e il continuo furto di terreno da parte dei coloni israeliani nella Cisgiordania non possono rappresentare la spiegazione sufficiente dell’odio assassino di Hamas. La situazione sociale e politica del popolo palestinese in gioco nella genesi di quell’odio non basta a spiegare la ripetuta decapitazione di bambini ebrei, assunta quale simbolo più tragico dell’enorme massacro. Distinguere è il lavoro per eccellenza del ragionamento. Come dall’aggressività e dal disprezzo della proprietà altrui da parte dei coloni israeliani non è lecito inferire che tutti gli israeliani siano pronti a calpestare il diritto internazionale, così allo stesso modo dal massacro di Hamas non è lecito inferire che tutti gli abitanti della Striscia di Gaza siano pronti a compiere crimini inqualificabili. 

Ha affermato Sami Modiano, sopravvissuto ad Auschwitz: «Non è vero che l’odio è cieco, ha la vista molto acuta, quella di un cecchino, e se si addormenta il suo sonno non è mai eterno, ritorna». E che l’odio abbia la vista molto acuta lo dimostra l’accuratezza con cui Hamas ha preparato e condotto il massacro. Dopo aver osservato con il più rigoroso distacco le azioni umane nella loro genesi e nel loro sviluppo, Spinoza giunge alla conclusione che «l’odio non può mai essere buono» (Etica IV, 45). Sono del tutto d’accordo con lui. Mai vuol dire “mai”. Anche quando si tratta di rispondere all’odio ricevuto. Soprattutto quando ad agire è lo Stato, come Spinoza specifica: «Tutto ciò che appetiamo perché siamo affetti dall’odio è turpe e ingiusto nello Stato». La caratteristica peculiare di un vero politico è la capacità di affrontare il nemico con determinazione ma senza odio, perché, come ha scritto sempre Spinoza, «ognuno che è guidato dalla ragione desidera anche per gli altri il bene che appetisce per sé» (Etica, IV, 73). Desideri la terra? Dai la terra anche al tuo nemico. Desideri l’acqua? Dai l’acqua al tuo nemico. E così per ogni altro bene vitale. Perdonare offese. Anche dove è molto difficile farlo, dove le persone sono in lotta tra loro. Ma perdono senza giustizia è una resa. È una debolezza. Il perdono deve quindi essere accompagnato dal diritto indispensabile di stare dalla parte della luce, dalla parte della verità. 

Ci troviamo di fronte a una visione del mondo che va ben oltre lo storytelling e la definizione di una narrazione a cui siamo abituati nel discorso politico alle nostre latitudini. Esiste un rifiuto, un fondamentale rifiuto dei cosiddetti valori che, in questo specifico momento storico, vengono proposti da coloro i quali pretendono di essere potenze mondiali. Esiste una prova di lealtà a quel potere, una specie di lasciapassare per quel mondo “felice”, quel mondo di consumo eccessivo, quel mondo di apparente “libertà”. Ciò che sta accadendo nella sfera delle relazioni internazionali non è solo una questione politica. Si tratta di qualcos’altro, di qualcosa di molto più importante della politica. Si tratta del posto a destra o a sinistra. Siamo impegnati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico. Quando chiedete perdono a qualcuno che ha infranto la Legge o vi ha ferito ingiustamente, non state giustificando il suo comportamento, ma cessate semplicemente di odiarlo. Cessa di essere il vostro nemico, il che significa che il vostro perdono lo consegna al giudizio di Dio. Questo è il vero significato del perdono reciproco per i nostri errori. Noi perdoniamo, rinunciamo all’odio e allo spirito di vendetta, ma non possiamo cancellare la colpa umana. Con il nostro perdono, mettiamo i malfattori nelle mani di Dio, affinché il giudizio e la misericordia di Dio si esercitino su di loro. Affinché il nostro atteggiamento verso i torti e le offese degli uomini non sia la causa della loro rovina. Rinunciare alle nostre ingiustizie, metterci nelle mani di Dio è l’atto più importante: perdonare coloro che ci hanno offeso.

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