LE OPINIONI

IL COMMENTO Sei stata fortunata 

DI GIORGIA ORLANDO

Sei viva e se lo sei è perché  sei stata fortunata. Devi sentirti fortunata. Devo sentirmi fortunata? Desolata, non comprendo. Mi sia spiegato meglio in che senso è una fortuna che io sia in vita, quando quello di vivere è un diritto che ho acquisito col nascere. Va bene, mi sono espressa sicuramente male io. Chiarisco: perché non dovrebbe farmi impressione l’idea che il mio esistere, che ciò in cui la mia fortuna consiste, dipenda in gran parte dagli uomini che incontrerò o che ho incontrato? È sicuramente un mio limite quello di non sentirmi rassicurata dalla telefonata che faccio a mia madre quando è buio e percorro la strada deserta che porta a casa mia. Non mi rassicura neanche il mio sentirmi più coraggiosa se quella telefonata non la faccio e stringo forte le chiavi sperando che in-quel-caso possano servire a qualcosa. Mi dispiace, sono acida e noiosissima, ma proprio non riescono a divertirmi quelle battute e quei commenti che, a quanto pare, il modo più giusto per definirli è sessisti. Mi si perdonerà se sono fiera di essere una donna, vissuta con donne e che nelle donne e nella loro voce ha sempre creduto, abbracciandone tutte le battaglie, ma che non per questo mi sento un’invasata estremista. E chiedo che mi venga perdonata anche l’idea che l’alcool che bevo, la gonna che indosso, gli uomini con cui vado a letto non giustificano l’inesatto e gratuito appellativo di puttana e similari e ancora meno l’agire di mani invadenti. 

Ancora qualche precisazione. Vi chiedo di avere pazienza e fidatevi di me se vi dico che non è poi così difficile. Sarà che sono abituata perché di pazienza ne serve davvero tanta per accettare che un mezzo pubblico non è mai un posto sicuro, soprattutto non di notte e che è bene, allora, vestirsi in modo da non-dare-nell’occhio; che mi si chiami signorina anche quando sarò dottoressa, che se avrò figli sarò messa in discussione come madre, se non ne avrò sarò messa in discussione come donna. Se vi riesce, mi si convinca del fatto che non sono gli uomini che ora sono occupati a dirsi e a dirci che loro non-hanno-fatto-mai-niente e non a chiedersi quanto ci sia da mettere in discussione in una realtà inopportuna in cui le donne sono ammazzate proprio perché donne, il vero problema. Si metta da parte la mia malizia, ma se mi guardo intorno non posso non notare che coloro che sono più preoccupati a difendersi, quelli meno indignati, sono anche quelli che ho visto anche agire con quella tossicità maligna e velenosa che le donne non incontrano solo se sono, appunto, fortunate. Si sia indulgenti con me per l’amarezza che sfrigola sulle mie papille quando mi rendo conto che non c’è neanche una donna tra quelle che conosco (e ne conosco tante) che non abbia dovuto sopportare almeno una volta l’invadenza inopportuna e chiaramente sessuale di un maschio. Si sorvoli anche sulla frustrazione che sento quando mi rendo conto che, alla fine di tutto, di fronte a mani indesiderate che frugano, sguardi luridi che spogliano e parole volgari che violentano, siamo noi, le donne, ad avvertire il disagio. Mi si scusi anche se trovo insensato che la violenza di genere sia l’unico caso in cui viene chiesto alla vittima, se  quel male subito non lo abbia, in fondo, voluto. Davvero, ancora non capisco in che modo ce la cerchiamo, perché vorrei essere picchiata, perché la mia libertà di parola dovrebbe essere scambiata con insolenza da punire. Non capisco perché sia così difficile spiegare quanto può essere complicato essere donna in un mondo che  non mi accoglie ma mi chiede continuamente di difendermi, che mi consente di essere, appunto, fortunata solo se non sono mai tranquilla, mai ingenua, gentile sì ma solo fino a un certo punto e quale sia questo punto, quale sia in effetti la zona di sicurezza entro cui rifugiarci e tirare un sospiro di sollievo, nessuno lo sa. Se la società in cui vivo è davvero mia, se c’è davvero posto anche per me, perché devo sentirmi sempre pronta alla lotta? Perché tante volte non basta neanche questo?

Si sorvoli su tutti I miei dubbi. Non si sorvoli mai, però, sul diritto che aveva Giulia, e non solo Giulia, di scegliersi. Scegliere di vivere, come vivere, con chi vivere. Ci si ammutolisca di fronte al numero ingiusto e vergognoso delle più di cento donne ammazzate in Italia in meno di un anno, dai tu-sei-mia egoistici e possessivi di uomini che sembravano tanto-dei-bravi-ragazzi e invece, guarda un po’, erano degli assassini. Sembra evidente il bisogno di rivalutare il concetto di bravo-ragazzo se poi è lo stesso che si riunisce con gli amici per stuprare in gruppo una ragazza. Si provi vergogna per gli uomini che pretendono gli sia chiesto il permesso per uscire di casa, che sia per fare la spesa, uscire con le amiche, andare a ballare. Si provi vergogna, ancora, per quegli uomini che vogliono dirci come vestirci, che vogliono controllarci (perché di te non mi posso fidare, è colpa tua), dirci quando uscire, con chi uscire, quando e quanto fare l’amore, insultarci, picchiarci, metterci in discussione, picchiarci, umiliarci, deriderci. Ci si commuova di fronte al sorriso dolce e puro di Giulia e si sia, anche grande a quel sorriso, motivati e motivate a costruire una società nuova, che sia disponibile a un dialogo aperto e sincero si tutto ciò che implica una cultura inclusiva,  partendo dall’introduzione di un’educazione sessuale e sentimentale che non coinvolga solo le scuole, ma anche le famiglie, gli uffici, la televisione. Si tratta di una vera rivoluzione culturale che è quanto mai urgente. Si parta da interventi legislativi più convinti, che tutelino e accompagnino le vittime di violenza. Si combatta, partendo dalle parole e dai gesti più semplici. Lo si faccia per le donne di oggi e le bambine di domani. Ecco, ho finito. Firmato: Una donna. 

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