Gioco d’azzardo, è svolta: ora i Comuni possono limitarlo
di Stefano Crupi
ISCHIA – Non è più un mistero che il gioco d’azzardo, negli ultimi dieci anni, ha assunto dimensioni rilevanti e per certi aspetti preoccupanti anche nel nostro Paese. Basti pensare che l’Italia è considerata il primo paese in Europa per numero di slot machine; se ne stimano circa 412mila distribuite in tutto il paese (in media 1 ogni 150 abitanti, circa la metà di quelle presenti in tutto il territorio degli Stati Uniti), installate praticamente dappertutto, nei bar, nei tabaccai, nelle metropolitane, negli autogrill. Addirittura da uno studio compiuto sul gioco d’azzardo in Italia e pubblicato sul dossier ‘Azzardopoli’ (redatto dall’associazione anti mafia “Libera”) nel gennaio del 2012 è risultato che le scommesse riguardanti lotto, superenalotto, totocalcio, poker, casinò online, gratta e vinci, cavalli, videopoker e slot machine rappresentino la terza industria italiana con fatturati stimati oltre i 10 miliardi. Da qui però il paradosso. Si pensi che nel corso dell’anno 2013 solo con le slot-machine e le videolotterie gli italiani hanno speso una cifra molto vicina ai 47,5 miliardi per un incasso dello stato stimato intorno ai 4,5 miliardi. Sempre nello stesso anno pare che lo stato abbia speso circa 7 miliardi di euro (quasi il doppio) per curare gli italiani affetti da ludopatia. Come si legge dal sito del ministero della salute www.salute.gov.it per ludopatia (o gioco d’azzardo patologico), si intende l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante l’individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze. Sembra che nei pazienti affetti da dipendenza da gioco d’azzardo, il cervello sia portato a secernere cospicue dosi di dopamina, l’ormone del piacere, generando una costante ed illusoria sensazione di benessere. Il processo inizia per lo più con delle vincite consistenti. L’euforia della vincita spinge il giocatore verso l’illusione di poter vincere ancora e di poter così eventualmente recuperare quanto perduto in precedenza. Da qui inizia il circolo vizioso. Con il tempo, gli individui colpiti da ludopatia cominciano a contrarre debiti e non riescono più a controllare né le giocate e dunque i soldi persi con le scommesse, né la quantità del tempo trascorso davanti alle macchinette. E’ ancora nitida nella memoria di tutti noi la straziante storia di Mario Castaldi, giovane ischitano che nel luglio del 2013 in seguito a una perdita per uno di questi, chiamati impropriamente “giochi” decise di togliersi la vita lanciandosi nel vuoto dal piazzale del Soccorso a Forio.
E’ molto probabile che l’estrema facilità con cui si può reperire una macchinetta, ed il fatto stesso che in buona parte il gioco sia patrocinato dallo stato contribuisca ed incoraggi il giocatore a tentare la fortuna e a diminuire il senso di inibizione e vergogna verso l’avvicinamento al vizio. Da recenti studi statistici sembra che nei piccoli centri, dove gli svaghi e le attività ricreative sono meno presenti, la tendenza al gioco sia maggiore. Un fenomeno, quello del gioco d’azzardo, ormai parte integrante delle abitudini del paese ed estremamente preoccupante soprattutto se si pensa che buona parte degli indotti provengono da un pubblico di minori e da una platea di “disperati”, disoccupati, precari, persone appartenenti al ceto medio-basso che accecati dalla bramosia della vincita perdono di vista la realtà e sperperano in pochi minuti spesso interi stipendi. Non è raro purtroppo assistere a scene patetiche perfino sui traghetti delle tratte del nostro golfo; nonostante sia stata fatta più volte luce sull’argomento, le macchinette continuano ad essere a disposizione di adulti e minori e le scene di papà che insegnano ai propri figli le regole del gioco o l’importanza della pressione di ogni singolo tasto continuano a essere sotto gli occhi di tutti. Nonostante i preoccupanti risvolti sociologici che la ludopatia sta assumendo, però, ancora non ha una vera e propria normativa comunitaria specifica. Ciononostante alcuni comuni stanno introducendo delle norme atte al controllo e alla limitazione delle attività riguardanti il mondo del gioco d’azzardo. Encomiabile, ad esempio, è l’iniziativa del Comune di Napoli e dell’assessore al Lavoro e alle Attività Produttive Enrico Panini. Panini, in linea con le iniziative promosse dalla campagna nazionale per la prevenzione contro il gioco d’azzardo “Mettiamoci in gioco” (2012) e alla pronuncia della Corte Costituzionale (56/2015) che riconosce ai Comuni tra le altre cose i poteri circa la pianificazione del gioco d’azzardo, adotterà una serie di scelte atte a regolamentare gli orari di apertura e chiusura dei locali ove si pratica il gioco e limitarne l’ulteriore diffusione. In un’isola dove molte volte si è guardato male la frammentazione amministrativa dei sei Comuni, in questo caso, invece, le amministrazioni comunali isolane, potrebbero, mutuando l’azione messa in campo dal Comune di Napoli, dare una risposta in questo senso. I Sindaci, infatti, con gli adeguati strumenti messi a disposizione dalla legge, possono limitare la diffusione di questo fenomeno, che nei piccoli centri abitati è ancor di più sentito. Sarebbe una scelta coraggiosa, ma potrebbe essere una scelta di grande importanza sociale a vantaggio di tutta la comunità.