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Lettere allo psicanalista

del prof. Francesco Frigione

Gentile Professore,

ho ventisette anni e rivendico di essere un uomo libero, disinvolto e con una grande amore:il teatro. Di giorno ho un’occupazione che mi permette di sopravvivere, ma appena terminata, mi consegno alla mia vera dimensione: la recitazione. Sono diversi anni che mi formo con maestri validi ed esperti, seguendone corsi e stages, e faccio parte di una piccola ma apprezzata compagnia drammatica locale.

         Non mi mancano le amicizie e il mio mondo è aperto, stimolante, vivo. In campo affettivo, però, non riesco a trovare la persona giusta con cui impegnarmi, ammesso che ce ne sia una. Io amo l’intensità della passione e le mie partner prima o poi mi deludono sempre su questo piano; non vorrei sembrare presuntuoso, ma devo dire che non mi sembrano all’altezza dei miei slanci. Anche quelle che all’inizio paiono più disponibili a condividere il “sacro fuoco” della relazione, alla fine si dimostrano  puntualmente, petulanti e noiose, e mi fanno richieste a cui non so né desidero dare risposta.

Alcune di loro mi hanno detto che, in realtà, vedono in me un uomo pretenzioso, più fumo che sostanza, e che io gioco con le parole e le fantasie, che le seduco sentimentalmente e che poi, d’un tratto, mi distanzio sul piano emotivo; mi accusano, in buona sostanza, di cambiare atteggiamento da un momento all’altro, passando da una folle passione al niente.

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Forse è vero che mi stanco delle situazioni, non ho problemi ad ammetterlo, ma loro lo sanno che io cerco qualcosa di meglio, di meno prosaico dell’abitudine quotidiana, della ripetizione inesorabile degli stessi comportamenti, degli stessi pensieri, delle stesse frasi trite e ritrite. Cerco un’evoluzione che trovi in una relazione intima il suo nido, il suo pungolo e il suo sostegno.

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Stacy Martin, nei panni di “Dora”, la vecchia ringiovanita, nel film di Matteo Garrone “Il racconto dei racconti” (2015), tratto da tre fiabe del celebre  “Cunto del li cunti” (o “Pentamerone”, 1636) di Giambattista Basile.

 

Gentile lettore,

dato che svariate persone le muovono lo stesso appunto, sarebbe proficuo considerarlo come l’indicatore di un aspetto della sua personalità per lei difficile da riconoscere e accettare.

Nel suo caso, le partner le riportano un contenuto d’Ombra molto preciso: una capacità affabulatoria che le incanta e le trasporta su un piano di grande intensità, un piano che loro, evidentemente, presumono le conduca sentimentalmente a qualcosa di più sostanzioso e continuo del volo stesso. Ed è davanti a tale aspettativa (sia essa implicita o formulata esplicitamente) , evidentemente, che al meraviglioso viaggio lei imprime una brusca caduta.

Al contempo, lei sembra provare risentimento verso queste donne, poiché equivocano sulla reale natura della sua proposta affettiva, che è intensa e potente, ma il cui destino prevede “cadute nel vuoto” repentine e assolute.

Verrebbe da pensare, allora, al discorso che lo psichiatra fenomenologo francese Georges Charbonneau svolge in un testo davvero stimolante: “La situazione esistenziale delle persone isteriche” [Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2007]. In questo libro si chiarisce che l’isteria alla quale si fa riferimento non è una patologia permanente, bensì uno spettro di “figure” esistenziali, delle modalità di comportamento e di vissuto psicologico che, in un dato contesto e in un preciso momento, tendono a prevalere nella personalità. Si tratta, in definitiva, di stili, di modi di relazionarsi, di mostrarsi e di concepirsi con gli altri e tra gli altri. È in questa specifica accezione che va intesa la posizione isterica “barocca”, molto prossima al campo del “lirismo”. Quest’ultimo, è necessario spiegarlo, rappresenta un atteggiamento di particolare intensità emotiva che regge ogni narrazione felice: una storia senza lirismo non è una buona storia, infatti. Essa risulta dispersiva e poco stimolante, in quanto non riesce a far convergere le emozioni – e dunque l’attenzione – verso un focus, un punto immaginativo forte e coinvolgente.

Tornando allo stile barocco in ambito psicologico, Charbonneau afferma: «il barocco è una posizione stilistica satura di memoria dell’istante, di nicchie d’intensità insuperabili, di posizioni emozionali estreme che non hanno mai potuto mai essere ridimensionate e messe in continuità.» [Ibid., p. 124].

Tutto ciò spero possa aiutarla a considerare che le sue intensità e raffinatezza, se da un lato testimoniano di una veemente tendenza ad elevarsi esteticamente, psicologicamente e spiritualmente, dall’altro paiono anche nascondere un equivoco fondamentale a cui costringe le persone che si lasciano coinvolgere affettivamente dal suo “discorso”: lei le condanna al pathos, alla univocità della sofferenza – da cui sorgono poi le richieste che lei trova incongrue. E questo, viene da supporre, perché la sua non è una “buona narrazione”. Infatti, corre una fondamentale differenza tra chi esprime davvero il lirismo e “l’isterico”: il primo assume un distacco dal suo oggetto, dichiaratamente, per meglio trattarlo e svolgerlo; il secondo, invece, prevede di «[…] fare del lirismo senza padroneggiarlo né dichiararlo. Egli si guarda bene dall’avvertire i suoi ascoltatori che è passato, sul filo della sua espressione, “al modo lirico”. »  [Ibid., p. 125].

Le incomprensioni con le partner, dunque, non possono che ritorcersi su di lei e sulle sue chances di provare soddisfazione in una relazione sentimentale.

Come annunciavo in precedenza, però, lei non è affatto “un ammalato”, condannato a ripetere in eterno il medesimo copione, ma una persona che può prendere coscienza della qualità del suo rapporto, entrando in una posizione “lirica”, cioè critica e “ironica” di autosservazione e trasformazione del suo destino. Mostrando lei un’ambizione esistenziale alta e un sincero senso del desiderio, mi riporta alla mente la famosa favola del grande scrittore seicentesco napoletano, Giambattista Basile (1566 – 1632), “La vecchia scorticata”.

In essa, con somma ironia, si racconta dell’invaghimento del focoso re di Rocca Forte per una vecchia brutta e laida, che abita con la sorella in una catapecchia ai piedi del suo palazzo. Il paradossale segreto della divorante passione  – che si nutre delle sue stesse metafore ed esagerazioni – consiste nel fatto che il re non vede mai l’oggetto del proprio desiderio, innalzandolo, così, con la fantasia a vertici di bellezza inauditi.

Costretta dalle lusinghe del suo spasimante e anche per propria avidità, la vecchia elabora dei trucchi che la conducono di notte letto del suo amante, senza che egli riesca a scorgerla. Al mattino, però, consumato l’atto, il re si avvede della ripugnante verità e ordina di defenestrare la malcapitata. Questa si salva rocambolescamente e viene trasformata da tre fate in una splendida giovane. Così, al mattino, il re, ammirata con stupore la creatura meravigliosa, la chiede in sposa.

La fiaba non termina qui, poiché presenta dei risvolti che concernono la punizione che da sola s’infligge la sorella invidiosa della protagonista, ma l’aspetto che qui mi preme sottolineare riguarda proprio il potere del desiderio di offuscare e sviare la Coscienza, nutrendosi del proprio fuoco emotivo. Allo stesso tempo, la comprensione dell’inganno può produrre una trasformazione del rapporto con l’Anima, e tramite esso una positiva evoluzione della personalità.

 

Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma in una scuola di specializzazione per psicoterapeuti, formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma e a Ischia. Ha fondato e dirige il webzine e il quadrimestrale internazionali “Animamediatica”.

Contatti

E-mail: francescofrigione62@gmail.it

 

RITORNO ALL’AMORE

SEMINARIO TEORICO-ESPERIENZIALE

 

Sabato, 15 ottobre 2016

  1. 16:00 – 19:00

Sede delle associazioni:

20 luglio e Libera, in Via Guglielmo Sanfelice 19

Lacco Ameno – Isola d’Ischia (NA)

 

Nella parte teorica del seminario s’indagano scelte estreme e pavide fughe d’amore, aspirazioni, tradimenti e ferite, rifacendosi a due splendide pellicole del cinema francese: “La mia droga si chiama Julie” (1969), di François Truffaut, e “Un cuore in inverno” (1992), di Claude Sautet. Il seguente lavoro psicodrammatico consente ai partecipanti di mettere in gioco l’esperienza, la visione e il desiderio personali di amore, dandone una rappresentazione originale e creativa e d’indagare sulle radici dei propri vissuti.

 

MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE E RECAPITI:

Il seminario si tiene solo in presenza di un congruo numero di partecipanti.

Il suo costo è di  € 70,00.

(gli associati ad Animamediatica, 20 Luglio e Libera, hanno diritto al pagamento ridotto di € 60,00)

La prenotazione è obbligatoria e vale come adesione.

 

Info e Prenotazioni: +39 06 39754059; +39 393 9406458

E-mail francescofrigione62@gmail.com

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