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Una deriva senza fine, figlia (anche) dell’ostinazione

Una volta c’era un’isola che scoppiava di posti letto. Tanti, tantissimi, decine di migliaia. C’erano tedeschi a frotte che visitavano Ischia e vi soggiornavano almeno due settimane per le cure termali, ed avevamo anche la botta di “sedere” di ospitarli nei periodi tipo febbraio-marzo e settembre-ottobre. Insomma, non intasavano la ricettività nel periodo di alta stagione e – senza che noi facessimo assolutamente nulla – ce la allungavano pure. Quella destagionalizzazione di cui oggi un po’ tutti ci sciacquiamo la bocca, in fondo, era garantita dai flussi teutonici. Il territorio si riempiva ed anche le piccole strutture, quelle meno accoglienti o quantomeno con poche frecce al proprio arco da esibire in termini di servizi ed optional, finivano col gremirsi quando le strutture più gettonate finivano in over booking. Insomma, e vivevano tutti felici e contenti.

C’era una volta, appunto. Per la verità i tanti, tantissimi, le decine di migliaia di posti letto ci sono ancora. Poi però sono arrivati internet e le nuove tecnologie che hanno trasformato il mercato in globale: chi aveva fame si è industriato per crescere, noi che avevamo la pancia piena e non avevamo mai dovuto sudarci nulla siamo completamente andati nel pallone. Il low cost ha fatto il resto, con le piccole strutture che sono rimaste intrappolate nelle sabbie mobili, perché non hanno saputo inventarsi nulla e forse nulla potevano inventarsi.

Il risultato, oggi, è davanti agli occhi di tutti, o almeno di coloro che non vogliono fingere di non vedere. Ci sono attività, piccole attività soprattutto, che non riescono a pagare l’Imu, la tassa sulla spazzatura, in alcuni casi nemmeno la rata del mutuo. E c’è chi racconta di famiglie di imprenditori che faticano a febbraio anche a mettere il piatto a tavola, favola metropolitana che se corrispondesse al vero sarebbe a dir poco devastante. Si dirà che forse già qualche tempo fa valeva la pena alzare bandiera bianca, mettere in vendita la propria struttura (sempre che qualche acquirente fosse spuntato) o magari provare a studiare una riconversione dell’immobile, con un cambio di destinazione d’uso. Già, ma qui un altro grosso limite – che purtroppo per alcuni si rivelerà un suicidio – è stato dettato dall’ostinazione: l’albergo lo hanno gestito i nonni, poi i genitori. Disfarsene? Nemmeno a parlarne. Encomiabile il tentativo di voler proseguire una tradizione di famiglia, ma non fino al punto di arrivare al mattatoio. E, questo epilogo, rischia purtroppo di diventare seriale…

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