DI FRANCO IACONO
E’ morto Giorgio Napolitano. Solo il 12 di settembre, festeggiando a Milano i novant’anni dell’altro comunista della triade “dirigente” della corrente migliorista del partito comunista, Gianni Cervetti (gli altri due Emanuele Macaluso e Giorgio Napolitano), avevo ascoltato la lettura di un telegramma di auguri proprio di Napolitano al suo vecchio amico di tante battaglie all’interno del PCI e del mondo della sinistra. Il mondo politico di ogni estrazione, lo stesso Papa Francesco, lo ha ricordato come siconviene per un grande uomo di Stato che ha lavorato anche per abbattere gli steccati manichei tra comunisti e socialisti, nonché con il resto del mondo politico. Ed anche sul piano internazionale, fino ad essere riconosciuto un interlocutore di alto valore democratico al servizio degli ideali della pace e dell’Europa unita. Saranno gli storici a scandagliare il suo percorso politico e quello istituzionale fino agli anni della sua presidenza della Repubblica.
Certo, neppure nel 1956 con i carrarmati sovietici a Budapest a spegnere nel sangue quella forte domanda di libertà, né al tempo della primavera di Praga assunse la decisione di lasciare il PCI come fecero nel ’56 tanti comunisti, uno per tutti Antonio Giolitti. Pur tuttavia in una delle lettere, che di seguito riporto, esprime “rispetto ed omaggio” per scelte che Pietro Nenni seppe fare di rottura totale con i comunisti, anche italiani, “di fronte alla repressione sovietica in Ungheria, nell’autunno del 1956”. Non per questo non lavorò per accorciare le distanze tra i due partiti e tra i due mondi al tempo della guerra fredda. Avendo avuto il privilegio di poche ma significative interlocuzioni con lui, mi piace pubblicare queste due lettere che testimoniano il suo rapporto di stima ed ammirazione per Pietro Nenni e per le “sue” ragioni politiche. Ora la terra gli sia lieve e la sua testimonianza sia raccolta come un faro ed uno stimolo fecondo nel mondo democratico e della sinistra italiana ed europea.
