CULTURA & SOCIETA'

LE STORIE DI SANDRA Le baracche dei pescatori, quanti ricordi

DI SANDRA MALATESTA

Ho sentito dire che dopo Pasqua le baracche dei miei pescatori saranno demolite. Molti dicono che sono in condizioni pietose, che il legno ormai marcio è un buon cibo per piccoli animaletti, e io credo che sia così, però vi prego, non mi dite niente se mi viene da scrivere alle mie baracche quasi come se avessero un’anima, quasi come se potessero sentirmi. La mia preferita era di colore blu, la prima appena si scendeva alla spiaggia rasentando il muro della casa di Maria Carcaterra mia prima amica d’infanzia. In quella baracca ci andavo spesso. Dopo aver fatto il bagno ancora bagnata correvo li a salutare miei amici Saurino che con fare paterno mi dicevano: “Va u sol pigli fridd”. Così mi stendevo al sole e poi una volta asciutta, tornavo lì. Spesso andavamo io e Maria sedute lì fuori con il nostro conurcio di pane e pomodoro, guardavamo con attenzione quello che facevano. A volte di mattina lasciavamo li il nostro pallone e i nostri vestiti e subito a mare per ore. Quelle baracche l’ho già detto, erano il prolungamento delle nostre case. Io mi sentivo sicura; sapevo che avevo una specie di casa dove tenevo ciabatte e vestiti, dove imparavo a usare il filo di seta per riparare le reti, dove ascoltavo i racconti di Girone Tommasino e Giannino. Dicevano di quando stavano in mezzo al mare, di quando tiravano le reti pieni di speranza, del freddo sofferto senza cabine, di quando dopo una notte tornavano con poco e niente, mortificati e avviliti. Vi prego, non so chi si occuperà di abbattere le baracche, ma vi prego, pensate che ogni pezzo che cadrà conserva pensieri e lavoro di chi ci ha vissuto.Spero tanto che poi verranno rifatte in modo da rispettare il posto dove stanno. Mi auguro che quei colori siano mantenuti.

So che poi quelle baracche saranno nuove e più belle, più sistemate, ma saranno di adesso senza storia, senza anima come tutte le cose troppo perfette. Mi rivolgo a voi amici miei che ancora adorate incontrarvi nelle baracche e fare tavolate, cercate di salvare anche un solo pezzo di quel legno colorato e mettetelo in un angolino.scriveteci sopra “Questo è un pezzo della baracca di mio nonno, qui c’è il suo sudore, la sua passione per il mare, qui noi bambini siamo stati accolti sempre con amore, lasciate stare questo pezzo è vita per noi”.So che tutti anche chi sa che forse è meglio rifarle, vedendo il vuoto al loro posto si emozioneranno lo so.Se fosse dipeso da me la avrei tenute così facendo interventi di manutenzione perché se piano piano eliminiamo il nostro passato avremo si una spiaggia più bella e sistemata ma con poca storia e la storia siamo noi, è mia madre con le amiche con la gonna alzata e i piedi a mare che poi passavano per la baracca a mettere I sandali, è la rete attorcigliata, la falanga, di legno, la purpessa, le spaselle, gli stivaloni e la baracca, una piccola casa in miniatura che segnava per noi il limite tra la spiaggia e le case. Vi prego tenete conto di tutto questo e non alterate quel pezzo di mondo pieno di cose dolci.. mi firmerò per esteso perché in una di quelle baracche scrissi con un chiodo il mio nome e cognome vicino a un asse di legno mente Girone diceva: “Quando sarai grande vieni a vedere la tua firma”.Ci andai verso i quarant’anni ma era chiusa e non so se c’è ancora la mia firma..non importa ci sono io li con i miei sogni di bambina felice.

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