Cade dalla moto, ma il Comune la spunta: nessun risarcimento
Di Francesco Ferrandino
ISCHIA. Un’altra decisione favorevole per il Comune d’Ischia in un contenzioso che lo vedeva opposto a un cittadino in un processo di risarcimento danni. Stavolta, il motivo del contendere era originato da un’ occasione non certo inedita, anzi, ben conosciuta dagli addetti ai lavori: la pretesa risarcitoria in relazione a danni riportati da una caduta su strada pubblica. Un caso frequente, dove il punto nodale sta tutto nel dimostrare il nesso di causalità tra lo stato del manto stradale e il danno subìto. Ma stavolta tale legame, pur riconosciuto in primo grado, è stato poi sconfessato in appello, dove l’avvocato Mariangela Calise che rappresenta l’ente di via Iasolino è riuscita a scagionare il Comune d’Ischia, le cui casse risparmieranno circa 35.000 euro grazie alla decisione che la Quarta sezione civile della Corte d’Appello di Napoli, presieduta dal giudice Andrea Luce. Ma veniamo ai fatti che hanno originato la vertenza. Circa dieci anni fa, nell’estate del 2006 un motociclista, M.A., era incorso in un incidente stradale mentre conduceva la propria motocicletta a Ischia, in via G.B. Vico. Secondo la ricostruzione accolta dal giudice di primo grado, la causa era da individuarsi in una buca non segnalata e non visibile. Il Comune, condannato a pagare la somma di quasi 27.000 euro, fece ricorso in appello. L’avv. Mariangela Calise, oltre a lamentare l’implicito rigetto dell’eccezione di nullità della citazione, contestò l’erronea applicazione dell’art. 2051 del codice civile, dal momento che, se ciascuno è responsabile dei danni causati dalle cose che ha in custodia, era invece impossibile “custodire” la strada teatro dell’accaduto. Inoltre l’avv. Calise eccepiva le malintese risultanze dell’istruttoria di primo grado, dove non era stata valutata la negligenza del guidatore, e la caduta era stata addebitata alla buca pur se questa circostanza non era emersa nell’istruttoria stessa. La sentenza emessa dalla Corte d’Appello ha ritenuto quindi di concentrarsi sull’analisi di quello che in gergo giuridico viene detto “nesso causale” (o, con eloquio ancor più accademico, nesso eziologico) tra il danno patito dal motociclista e la presunta negligente manutenzione della strada. Il punto in questione avrebbe infatto reso superfluo interrogarsi sulla concreta possibilità di custodire la strada pubblica oppure sull’esistenza o meno di una condotta negligente del conducente del motociclo. La Corte ha inoltre osservato che la motivazione addotta dalla sentenza di primo grado non è altro che la quasi letterale trascrizione della comparsa conclusionale che il motociclista aveva depositato, in cui si affermava semplicemente che l’incidente si era verificato perché il motociclista «non si avvedeva dell’insidia occulta e imprevedibile costituita da una buca presente in una zona dissestata del manto stradale». Una conclusione che ai giudici d’appello non è apparsa giustificabile in base alle prove assunte durante il processo di primo grado. In quell’occasione l’unico testimone si era limitato a dichiarare di aver visto il motociclista «cadere in terra e la sua moto scivolare», senza descrivere l’esatta causa della caduta, oltre a riferire che, dopo aver soccorso il danneggiato, notò che sul manto stradale vi era una buca coperta completamente dall’acqua. Tuttavia in nessun momento della testimonianza era mai stato affermato che la perdita di controllo della moto e la conseguente caduta fu provocata dalla buca, una circostanza rende il contenuto della testimonianza insufficiente a giustificare le conclusioni del giudice di primo grado. Fra l’altro, la Corte d’Appello ha desunto un ulteriore motivo di assenza del rapporto di causalità tra buca e caduta anche da una lettera che il danneggiato aveva inviato al Comune di Ischia prima di intentare causa allo stesso. Nella missiva il motociclista si era limitato ad addebitare l’incidente a una generica “zona dissestata del manto stradale”, senza alcun riferimento alla presenza di buche. Inoltre, la completa assenza di documentazione fotografica del luogo dove l’incidente si sarebbe verificato, secondo i giudici «impedisce di affermare in via presuntiva, per condizioni della strada, per la posizione della buca e per la sua ampiezza, che la caduta del conducente fosse certamente causata da tale apertura nel manto stradale». Tutte considerazioni che hanno fatto pendere l’ago della bilancia verso le tesi sostenute dall’avv. Calise, in particolare sul dato che per i giudici di secondo grado non è stata raggiunta la prova del fatto che la caduta fu provocata dalle condizioni della strada. La Corte ha così accolto l’appello del Comune d’Ischia, condannando il motociclista alle spese del doppio grado di giudizio, per un importo complessivo di oltre 8.000 euro. Una sentenza che conferma il recente trend durante il quale le amministrazioni comunali, spesso in debito d’ossigeno dal punto di vista finanziario, hanno profuso maggiore impegno nel fronteggiare le richieste di risarcimento, ponendo anche maggiore attenzione alla professionalità forense necessaria per contrastare validamente in giudizio tali pretese risarcitorie.