CRONACA

Abusi edilizi, da una sentenza nuova “mazzata” ai condoni

Una decisione del giudice penale del Tribunale di Ischia, respingendo l’istanza di revoca della demolizione,ripropone una serie di problematiche e perplessità relative alla validità delle sanatorie rilasciate dai Comuni

È sempre di scottante attualità il tema delle demolizioni e dei condoni edilizi. Di recente il giudice penale della Sezione Distaccata di Ischia, dott. Felice Pizzi, ha respinto l’istanza di un cittadino, che aveva chiesto la revoca della demolizione ingiunta dalla Procura della Repubblica per un fabbricato, situato a Barano.La costruzione è abitata: con un articolatoricorso del legale di fiducia era stata chiesta la revoca dell’ordine di demolizione, emesso a seguito di processo penale ai sensi dell’articolo 444 del codice penale, poiché nelle more era intervenuta la sanatoria ad opera del Comune.

Il fabbricato, di circa novanta metri quadri, sanato dal Comune di Barano per la porzione destinataria della demolizione, era stato ampliato dopo il termine ultimo del condono di una ulteriore cinquantina di metri quadri.

Il giudice penale, con il recente provvedimento emanato nelluglio scorso, ha definitivamente chiarito che la concessione della sanatoria da parte del Comune, laddove sia stata già emanata la cd. R.E.S.A., “non determina l’automatica sospensione o revoca dell’ordine di demolizione, permanendo in capo al Giudice l’obbligo di accertare la legittimità sostanziale del titolo, sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e sostanza richiesti dalla normativa per il corretto esercizio del potere di rilascio (v. sul punto Cass. pen. sez. III, 25.6.2012, n. 25170; Cass. Pen. Sez. III 21.10.2014, n. 47402)”.

Con una articolata motivazione, il giudice ha specificato che la realizzazione di manufatti abusivi successivi ai termini di cui alla Legge n. 47/85 e Legge n. 724/94 in adiacenza a fabbricati già oggetto di istanza di sanatoria costituisce prosecuzione dell’illecito e per tale ragione, qualora essi siano strutturalmente e funzionalmente collegati all’originario fabbricato, l’istanza di sanatoria non può essere accolta e la sanatoria non possa essere rilasciata legittimamente.

Il magistrato, richiamandosi alla recente giurisprudenza, ha ritenuto “non ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l’unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l’espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando, invece, le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica”

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Il giudice ha supportato le sue motivazioni con la più recente giurisprudenza, secondo cui il rilascio della sanatoria a favore di un fabbricato abusivo che ha visto la realizzazione in adiacenza ad esso di ulteriori opere, ne determina “de facto” la constatazione che questo non fosse stato ultimato come richiesto dalle norme in materia di concessione di sanatoria alla data del 31 ottobre 1983 e, nel caso in questione,al 31 dicembre 1993. Pertanto, qualora sia stata avanzata istanza di condono ai sensi delle Leggi n. 47/85 e n. 724/94 la realizzazione di ulteriori manufatti in adiacenza e/o comunque strutturalmente e funzionalmente collegati all’originario fabbricato deve essere tenuta in conto dall’amministrazione nell’evadere l’istanza di sanatoria effettuando la valutazione del fabbricato nel suo complesso, con la conseguenze che, qualora queste ulteriori opere siano state realizzate successivamente ai termini di cui alla Legge n. 47/85 e n. 724/94 la sanatoria non possa essere concessa e, se concessa, sia illegittima: “non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l’unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l’espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando, invece, le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica (v. Cass. per. Sez. IV. 03.3.2021, n. 10017)”.

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Nella decisione il giudice ha criticato l’ufficio tecnico comunale, che cita una sentenza del Consiglio di Stato che ha ritenuto non ostativi i lavori di modesta entità realizzati sul fabbricato oggetto di condono edilizio dopo la data utile. Ilgiudice ha precisato che il richiamo non era pertinente nel caso specifico in quanto si era trattato ben altro che di piccoli e limitati lavori, ma si era in presenzadi rilevanti ampliamenti dell’originario manufatto abusivo e, quindi, dovranno essere demoliti insieme alla opera già destinataria della demolizione.

Il magistrato ha pure ritenuto che non costituisce motivo valido per la sospensione della esecuzione la circostanza che l’interessato che la occupa non disponga di altro alloggio ed abbia avanzato al Comune la richiesta che essa, acquisita al patrimonio comunale, gli sia concesso a titolo di affitto.

La presa di posizione del magistrato diventa quindi importante, e apporta un ulteriore tassello all’annoso e sentito dibattito sulle demolizioni, anche perché della mancanza di chiarezza a farne le spese sono sempre i cittadini,mancanze a cui non è estraneo l’operato dei Comuni. A distanza di circa tre decenni dalla sua realizzazione, il privato, che ha pagato profumatamente professionisti, oblazione, oneri di urbanizzazione, danno ambientale, si vede dichiarare inservibile per lo scopo il condono edilizio.

A questo punto, anche secondo alcuni qualificati addetti ai lavori,i Comuni e lo Stato dovrebbero restituire quanto hanno preso dal cittadino, ingenerando ingiustificate aspettative.

Di fatto, il calvario delle demolizioni riprenderà inesorabile il suo corso fino a quando il legislatore non avrà il coraggio di sottrarre la materia al giudice penale, che oggi esercita il potere surrogatorio dei Comuni inadempienti, dei quali l’autonomia gestionale non è presa in considerazione dalla magistratura.

Una sentenza, quella del giudice penale, di cui le amministrazioni dovranno necessariamente tener conto nell’esame delle istanze di sanatorie pendenti, che a tal punto potrebbero servire a ben poco, oltre che penalizzare i cittadini, alleggerendo per giunta le loro tasche.

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