CRONACAPRIMO PIANO

Casamicciola, dal Tribunale condanna con lo “sconto”

La Lemapod chiedeva 1 milione e centomila euro per la risoluzione del contratto di trasporto dei rifiuti stoccati provvisoriamente al Pio Monte, ma il giudice ha riconosciuto un risarcimento di “soli” 418mila euro, esito che non è del tutto dispiaciuto al Comune, pur soccombente

In certi casi una condanna in Tribunale può avere riflessi positivi anche per la parte soccombente. È quello che è accaduto con la sentenza della Decima sezione del Tribunale di Napoli che ha deciso la controversia tra il Comune di Casamicciola e la società Lemapod srl. Controversia riguardante la risoluzione del contratto avente ad oggetto il servizio di “trasporto a rifiuto dei terreni dal sito di stoccaggio provvisorio situato nel Pio Monte della Misericordia”, risalente al 2011, coi lavori da completare entro il 20 luglio di quell’anno. Di fronte alla pretesa della società, che invocava una condanna al pagamento da parte del Comune di circa un milione e centomila euro, il processo si è dipanato in maniera tale per cui l’ente è stato condannato al pagamento di “soli” 418mila euro. In fin dei conti, un “risparmio” che ha indotto il Comune a salutare la sentenza con favore, visto che la somma da versare è poco più di un terzo di quella pretesa dalla società.

I FATTI

La Lemapod aveva sostenuto di aver incontrato, durante l’esecuzione dei lavori, notevoli difficoltà nell’imbarco degli automezzi adibiti al trasporto dei materiali da conferire in discarica, visto il divieto di imbarco che il Locamare aveva stabilito a partire dalle ore 14.00 nel porto di Casamicciola, oltre all’ulteriore divieto di transito per gli automezzi di capacità superiore ai 120 q nel porto di Ischia. La società lamentava il fatto che, dopo una prima proroga, il Comune non ne aveva accordata una seconda, ma aveva sospeso il servizio, il 6 agosto, per “non arrecare ulteriori disagi alle attività turistiche”. Il servizio di trasporto rifiuti rimase sospeso per cinque mesi, poi una ripresa a dicembre 2011 e a fine mese una nuova sospensione, dovendosi “procedere alla redazione di una perizia di variante per attività non previste e non prevedibili in fase di redazione del progetto”.

La controversia riguardava il contratto avente ad oggetto il servizio di “trasporto a rifiuto dei terreni dal sito di stoccaggio provvisorio situato nel Pio Monte della Misericordia”, risalente al 2011

Nella primavera successiva, la Lemapod con due note aveva sollecitato l’approvazione della perizia di variante e il pagamento del primo stato di avanzamento dei lavori. Il Comune da parte sua approvò la variante per l’importo complessivo di euro 381.488,68 e la società firmò lo schema dell’atto di sottomissione impegnandosi a completare il servizio nei 30 giorni successivi (estate 2012). Tuttavia, secondo la società il Comune non autorizzò la ripresa dei lavori, senza fornire spiegazioni per tale inerzia. Intanto, la Lemapod Spa cedette il contenzioso alla collegata Lemapod Srl. Visto il protrarsi della sospensione dei lavori, nel dicembre 2014 il Comune venne diffidato sia alla ripresa dei lavori sia a emettere il secondo certificato di avanzamento lavori, dichiarando di voler risolvere il contratto di appalto del maggio 2011, invitando l’ente alla consegna dei macchinari presenti nel cantiere, alla redazione del verbale di ultimazione del servizio, alla contabilizzazione dei lavori eseguiti, oltre al risarcimento dei danni subiti a causa della sospensione ritenuta illegittima.

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LE POSIZIONI

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La Lemapod si era quindi rivolta al Tribunale chiedendo di far dichiarare l’inadempimento del Comune per illegittima sospensione, vedersi riconosciuti i maggiori corrispettivi per le prestazioni eseguite e non contabilizzate, il ristoro per i maggiori oneri dovuti alle sospensioni, e quindi a veder condannare l’ente al pagamento di una somma pari a euro 1.088.150,57 “o della diversa somma che dovesse essere accertata in corso di causa anche a mezzo della Ctu”. Successivamente la società ha integrato le richieste, invocato la risoluzione del contratto per esclusivo inadempimento del Comune, e per illegittimità della sospensione, oltre al risarcimento dei danni. Da parte sua, il Comune si era costituito deducendo che l’unica inadempiente era la società che non era riuscita a portare ad esecuzione in contratto pur con le proroghe concesse, chiedendo il rigetto della domanda.

LE SOSPENSIONI CONTESTATE

Il Giudice ha riconosciuto l’illegittimità delle due sospensioni che hanno procrastinato di tre anni la conclusione dei lavori, in luogo dei due mesi originariamente previsti

Il Tribunale ha ritenuto fondata la richiesta della società, seppure entro determinati limiti, e nelle motivazioni ha innanzitutto precisato che i ritardi nell’esecuzione dei lavori appaltati erano dovuti alle difficoltà di imbarco degli automezzi adibiti al trasporto dei materiali da conferire in discarica, visto il divieto di imbarco degli stessi a Casamicciola per motivi di orario e a Ischia per motivi di peso, cosa che non era stata contestata dal Comune, e che aveva comportato la richiesta di una proroga la cui scadenza finiva in piena stagione estiva, determinando la prima sospensione. Secondo il Tribunale, non c’è dubbio che tale slittamento dei tempi contrattuali ha reso impossibile o comunque difficoltosa la regolare conclusione dei lavori, ma in realtà le circostanza (i divieti) che hanno provocato lo slittamento non sono circostanza del tutto imprevedibili, ma anzi potevano essere previste dall’ente, anche prima dell’affidamento, e in ogni caso evitate. Il Tribunale, tramite il giudice monocratico dottoressa Barbara Gargia, ha quindi concordato con il Ctu nel ritenere la prima sospensione come illegittima in quanto protrattasi ben oltre la fine dell’estate.

La seconda sospensione venne disposta invece a dicembre 2011 per la necessità di approvazione di una perizia di variante e, come tale, viene ritenuta inizialmente legittima ma diventa illegittimo l’ingiustificato protrarsi della sospensione, ben oltre i tempi necessari per la redazione e la successiva approvazione della perizia. Una sospensione che secondo il giudice “si protraeva nel complesso, del tutto illegittimamente, per un considerevole lasso di tempo, pari a oltre tre anni, senza che l’amministrazione assumesse alcuna nuova determinazione tesa a consentire l’ultimazione del servizio”, mentre l’impresa aveva invece provato più volte a sollecitare la ripresa dei lavori. Dunque, alla luce della ricostruzione del rapporto contrattuale, non c’è dubbio – secondo il Tribunale – che i ritardi e l’anomalo andamento dei lavori, “dovuti in via esclusiva alle sospensioni illegittime determinate da condotta del Comune committente, aggiunti al mancato pagamento di lavori in parte non contabilizzati, integra il grave inadempimento che rende fondata e legittima la richiesta della società attrice di risoluzione del contratto e conseguente risarcimento dei danni”.

I DANNI

Lo “sconto” rispetto alle pretese della società è dovuto anche al rigetto della richiesta di applicare la maggiorazione del 35% per i lavori compiuti sulle isole

Quanto ai danni subiti dalla società, il Tribunale ha tenuto conto di quanto accertato dal consulente tecnico d’ufficio nella propria perizia, che con un’articolata argomentazione ha quantificato un danno, per la prima sospensione, pari a euro 36.917,27, mentre per la seconda sospensione (quella all’incirca del dicembre 2015) il Tribunale si è discostato dalla valutazione del Ctu, in quando il danno può essere riconosciuto limitatamente al periodo di sospensione illegittima, al contrario di quanto accertato e calcolato dal Ctu, e dunque per una cifra pari a euro 280.779,95 per un totale di euro 317.697,22 che salgono a euro 333.110,64 con la rivalutazione monetaria.

In tal modo, il giudice ha rigettato la richiesta di ottenimento della maggiorazione dei compensi per lavori eseguiti sulle isole. L’impresa infatti affermava di aver applicato solo la maggiorazione del 17% e non quella intera pari al 35%, chiedendo il riconoscimento della differenza del 17% sull’intero importo. Il Tribunale ha però ritenuto corretta l’applicazione della maggiorazione del 18%, prevista in sede di formulazione dell’offerta da parte della società, ritenuta presumibilmente adeguata dal progettista all’atto dell’elaborazione e predisposizione dei documenti forniti all’appaltatore per la formulazione dell’offerta stessa. Peraltro, scrive il giudice “tale aumento corrisponde alla media della percentuale di maggiorazione prevista dalla Delibera regionale, non essendovi specifici e individuati motivi, né alcuna prova al riguardo, per poter applicare la maggiorazione massima prevista dalla Delibera”. La domanda relativa a tale riserva è stata quindi rigettata.

Per i lavori non contabilizzati dal Comune o comunque contabilizzati in ritardo, il Tribunale si è riaccostato alle conclusioni del Ctu riconoscendo all’impresa il diritto al pagamento della somma di euro 45.328,31, e della somma di ero 16.990,00 per lavori eseguiti in economia. Somme sulle quali – trattandosi di corrispettivi non pagati – vanno calcolati gli interessi moratori. In conclusione, la società si è vista riconoscere il pagamento da parte del Comune di una somma pari a euro 418.186,27. Un esito, come detto, reputato come non del tutto negativo dall’ente, almeno rispetto alle premesse.

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