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CPL Concordia, al banco i testi dell’accusa

Di Francesco Ferrandino

NAPOLI. Ieri presso la prima sezione del Tribunale di Napoli, collegio B, presieduta dal giudice Pellecchia e composto anche dalle dottoresse Bottillo e Daniele, si è finalmente svolta l’escussione dei due testi indicati dalla Procura nell’ambito dell’inchiesta per presunte tangenti sulla metanizzazione a Ischia, che tra gli altri vede indagati il sindaco del comune capofila e l’ex dirigente dell’UTC. Dopo lo slittamento dello scorso 26 aprile, dovuto al legittimo impedimento di uno dei componenti del collegio, alle 11:50 è cominciata l’escussione dei due ex dirigenti della CPL Concordia, la società cooperativa che ha realizzato la rete di distribuzione del metano sulla nostra isola. Il primo a essere ascoltato è stato Luca Costa, che all’epoca dei fatti ricopriva il ruolo di responsabile dell’ufficio legale della cooperativa. Le domande del pubblico ministero Celeste Carrano si sono inizialmente concentrate sulle circostanze e sui rapporti personali nell’ambito dei quali è sorto il rapporto di collaborazione tra la CPL  e l’avvocato Massimo Ferrandino, vero “convitato di pietra” dell’udienza. Quest’ultima infatti è sostanzialmente ruotata intorno alla figura del fratello del sindaco, con la pubblica accusa che cercava di dimostrare il carattere strumentale del contratto di consulenza stipulato dalla società con il professionista, come esperto immobiliare. Per l’accusa si trattava di una “moneta di scambio” rientrante nei rapporti tra Giosi Ferrandino e il presidente della Concordia, Casari. Tuttavia, l’anomalia che emergeva dalle risposte del dott. Costa riguardava la genesi del contratto, dal momento che fu consegnato all’ufficio legale già sottoscritto. Una circostanza che, secondo la difesa, denota il grande potere discrezionale di cui godeva il presidente Casari nella governance della società, che gli permetteva di stipulare con Massimo Ferrandino un primo contratto biennale da 2500 euro mensili, poi sostituito dopo un anno da un contratto quinquennale a 4.000 mensili.

L’accusa a sua volta ha posto l’accento sulla durata inusuale del contratto, perché a detta del testimone la durata abituale dei contratti di consulenza si limitava a un anno. Il pubblico ministero si è soffermato poi sui rapporti tra il responsabile dell’ufficio legale e il fratello del sindaco, che tuttavia erano limitate, dal momento che Massimo operava a Roma, dove la CPL non aveva uffici. Anche stavolta l’accusa ha accennato alla relazione scritta dall’avvocato che per conto della società aveva stilato una relazione sul decreto n. 69 del 2013, il cd. “Decreto del Fare” del Governo Letta, lavoro eseguito dietro compenso di circa 25.000 euro. L’accusa continuava a cercare di evidenziare le anomalie del tipo di incarichi e delle cifre in ballo, analizzando anche i comportamenti dell’azienda nelle verifiche interne, successive all’inizio dell’inchiesta. L’escussione è proseguita esaminando il ruolo degli altri indagati del ramo “modenese” delle indagini, tra cui Nicola Verrini, che alcune voci volevano come delfino e successore di Casari alla guida della CPL, e Francesco Simone. Quest’ultimo è stato descritto dal testimone come un personaggio-chiave dell’espansione economica della cooperativa: un passato importante nel Partito Socialista, la figura di Simone viene delineata come quella capace di “aprire molte porte”, essendo dotato di buone entrature in vari ambienti politici e finanziari. Su richiesta del p.m. è stata brevemente ricostruita la vicenda della Tunita, la società costituita in Tunisia proprio grazie alle conoscenze di Simone in loco, dove spesso soggiornava lo stesso segretario del PSI Bettino Craxi. Furono realizzate alcune commesse, ma Costa non ha saputo ricostruire il ruolo di alcuni soggetti, tra cui Carlo Sarro.

È poi cominciata l’escussione dello stesso teste da parte della difesa, rappresentata dagli avv. Genny Tortora, Giovan Battista Vignola, Roberto Guida e Alfonso Furgiuele. L’avvocato Vignola ha cercato di far emergere l’esistenza di rapporti intervenuti tra Casari e l’avv. Ferrandino precedenti alla stipula della consulenza: «La difesa – ha detto l’avv. Vignola – vuole dimostrare la nascita di un rapporto di stima tra le parti ben prima della conclusione del contratto». È stato così richiamato il precedente rapporto di collaborazione che vide l’avvocato Massimo Ferrandino difendere la società in un processo a Vallo della Lucania (si trattava di un contenzioso di natura civile su un terreno): il buon risultato ottenuto avrebbe convinto Casari delle qualità del professionista, contribuendo a consolidare il rapporto professionale tra i due, sfociato poi nel (doppio) contratto di consulenza. La difesa ha così inteso dimostrare che lo studio legale dell’avv. Ferrandino, di cui fa parte anche la moglie, svolgeva incarichi di vario genere per conto della CPL, a ulteriore dimostrazione che la stima di Casari verso il professionista nasceva ben prima dell’ottobre 2012, data di stipula della consulenza. Le domande dell’avvocato Vignola si sono concentrate poi sul fatto che l’attività del teste Costa, che vistava le fatture tra cui quelle dell’avv. Massimo Ferrandino, non aveva mai fatto evincere alcuna anomalia. Inoltre il dottor Costa non si era mai potuto fare un’idea dell’attività che il professionista svolgeva mensilmente per la CPL, dalla sola vistatura delle fatture. Fra l’altro è emerso che la società svolse un’indagine interna, ma solo a seguito delle indagini effettuate dalla Procura. Per dimostrare l’assenza di anomalie nel contratto e nei compensi percepiti dal fratello del sindaco, la difesa ha citato due studi di fattibilità per la fornitura energetica in Canada e in Romania, che sarebbero costati rispettivamente la bellezza (si fa per dire) di 80mila e 450mila euro, cifre che lo stesso dirigente Costa definì “vergognose”. Per la cronaca i due salatissimi studi di fattibilità furono commissionati al già citato avvocato e deputato Carlo Sarro, amministrativista che si era occupato di un contenzioso riguardante la concessione di Ischia, ma che poi era finito in rotta con la società. L’attenzione della difesa si è poi concentrata sulla contestata convenzione intervenuta tra la cooperativa e l’Hotel Le Querce, di proprietà della famiglia Ferrandino, dell’importo di 330mila euro. Dalle risposte del teste si delineava l’esistenza di due diversi tipi di convenzioni che la CPL stipulava: uno per il tempo libero e le vacanze dei soci, l’altro per ospitare i tecnici e le maestranze durante lo svolgimento dei lavori. È poi emerso che il presidente Casari affermò di aver ottenuto importanti appalti in ambiente vaticano proprio grazie al positivo operato di Massimo Ferrandino: ulteriore dimostrazione, secondo la difesa, del già consolidato rapporto professionale e umano tra le parti, sorto oltre un anno e mezzo prima della conclusione del contratto di consulenza e della convenzione con l’albergo di famiglia. Il pubblico ministero è intervenuto chiedendo al teste quali furono i risultati dell’indagine interna: Costa ha risposto che, oltre all’insolita procedura di nomina, erano emersi alcuni dubbi sulla “congruità” dei compensi.

Oltre al dottor Luca Costa, la cui escussione ha caratterizzato la maggior parte dell’udienza, sul finire è stato ascoltato anche l’ex vicepresidente della CPL Concordia Mario Guarnieri, che ricoprì tale carica tra il 2007 e il 2014. L’ex dirigente ha confermato l’esistenza di un grande potere discrezionale da parte di Casari, ma ha riferito di non conoscere il rapporto di consulenza stipulato con l’avv. Massimo Ferrandino. Secondo la difesa, dunque, le anomalie riscontrate erano al più di tipo formale, senza alcunché di illecito. Nuova udienza il prossimo 5 luglio, quando continuerà l’ascolto degli altri testimoni indicati dalla pubblica accusa.

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