CULTURA & SOCIETA'

«Più Storia e meno fake news per combattere il negazionismo»

Da quando è stato istituito il Giorno della Memoria è cambiato qualcosa nella percezione degli italiani su quei fatti così tragici o il paese, come molti sostengono, non ha mai fatto i conti con l’Olocausto, né con l’antisemitismo?

«Forse c’era più attenzione e tensione all’inizio di questa esperienza. Ero ancora docente, ricordo una sensibilità estrema di fronte a eventi e iniziative molto diffuse, perché il fenomeno era molto sentito. Paradossalmente, più siamo andati avanti, più questa sensibilità si è attenuata. Spesso si tratta di celebrazioni puramente formali, o iniziative messe alla berlina in diversi contesti culturali perché considerate non gradite agli studenti e all’opinione pubblica. Basti pensare a questi continui rigurgiti di razzismo e antisemitismo che pervadono la nostra società. I conti con la Storia non sono stati fatti fino in fondo.

Lei pensa che il negazionismo emerso negli ultimi tempi sia un prodotto dell’ignoranza o la manifestazione di una deliberata intenzione di mentire? Di cosa si nutre l’antisemitismo contemporaneo?

«È un fenomeno nato in un ambiente accademico ma che ha attecchito subito in alcune fasce della società. Non si vuole ricordare un passato tragico, facendo prevalere la volontà di occultare gli episodi drammatici del nostro passato. Una deriva psicologica alimentata dall’ignoranza, dall’odio, dall’uso indiscriminato dei media che, attraverso le fake news, diffondono notizie apparentemente vere ma frutto di una falsificazione del reale. Stiamo vivendo un momento molto delicato perché la rimozione psicologica della Shoah si sta legando a una pseudo informazione che porta dritto verso nuovi, gravissimi fenomeni di intolleranza».

Puntando l’insegnamento su una lezione di tolleranza universale, la finalità prevale sui contenuti. Spesso si registra uno scollamento tra l’Olocausto e l’ambito storico-politico che l’ha generato. Si vede il buco di una pallottola, ma non la traiettoria del Male che l’ha generata. Cosa resta oggi della Storia nell’insegnamento scolastico?

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«Purtroppo siamo passati da una fase culturale in cui lo storicismo permeava ogni disciplina scolastica, a un momento in cui la storia sta diventando sempre più negletta e periferica. Perfino nei programmi ministeriali e negli esami a fine ciclo degli studi. Si arriva alla Seconda Guerra Mondiale con molta difficoltà. E’ un problema. C’è una volontà di mettere la Storia ai margini del percorso formativo quando oggi, più che mai, bisognerebbe valorizzare di più questa disciplina. Con molte più ore di studio, una didattica più innovativa, con la microstoria, le narrazioni e le testimonianze. Gli insegnanti di storia non riescono ad affacciarsi sulla contemporaneità, anche a causa di una didattica che dovrebbe essere completamente rivista. D’altro canto, solo attraverso la storia possiamo far capire alle nuove generazioni che il loro presente è un’ipotesi interpretativa del mondo, ma ce ne sono state infinite altre che sono state praticate. Alcune molto positive, altre estremamente negative.

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Un libro da consigliare ai suoi studenti.

Romanzi con un vissuto attraversato dalla Storia. “L’amico ritrovato” di Fred Uhlman, sull’amicizia tradita di un ebreo tedesco e “La masseria delle allodole” di Antonia Arslen, sul genocidio armeno durante la Prima Guerra Mondiale, terreno che ha “formato” le gerarchie naziste nel concepire e realizzare lo sterminio degli ebrei.

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