CRONACA

Diecimila anni di carcere per non imparare la guerra

Un prezzo altissimo per il loro “no” alle armi è stato pagato dai Testimoni di Geova, compresi decine di ischitani, nei decenni passati: ecco lo studio

Un prezzo altissimo per il loro ‘no’ alle armi è stato pagato dai Testimoni di Geova, compresi decine di ischitani, nel corso dei decenni passati. Secondo uno studio, basato sulle testimonianze di chi ha praticato l’obiezione di coscienza prima che questa fosse consentita dalla legge, è emerso che, tra i Testimoni di Geova italiani attualmente in vita, almeno 14.180 hanno dovuto scontare una condanna per aver rifiutato di prestare servizio militare. Ciò avvenne in larga parte tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’90. In totale, i partecipanti al sondaggio hanno trascorso in carcere 9.732 anni.

Tra le decine di ischitani obiettori di coscienza vi è Giorgio Arcamone, classe 1967, di Serrara Fontana. “Come tutti i testimoni miei coetanei, sin da ragazzo sapevo che, raggiunta la maggiore età, avrei dovuto scontare una pena detentiva per il mio rifiuto di prestare servizio militare” racconta Giorgio, “Sono stato condannato ad una pena di dodici mesi, che ho scontato interamente nel carcere di Forte Boccea a Roma e nel reclusorio di Gaeta, dal settembre 1986 fino all’anno successivo, senza nessuno sconto. Ero tra gli oltre 14000 testimoni tuttora in vita che hanno scontato complessivamente oltre 9000 anni in carcere. Attualmente sull’isola di Ischia siamo in 43 ad aver scontato un totale di 22 anni nelle prigioni italiane. Come gli altri, sono stato disposto ad accettare questa pena, con rassegnazione, perché volevo ubbidire al comando biblico di ‘non imparare la guerra’, e al principio evangelico di ‘amare il prossimo come me stesso’, a qualunque costo. Ripensando a quel periodo, ricordo che mi sembrava strano essere punito per non voler imparare ad uccidere, ed ero fiero della mia decisione perché sapevo di fare la cosa giusta e di avere l’approvazione del mio Dio. Ad ogni modo, non è stato un anno facile, ero lontano dalla mia famiglia, lontano dagli amici e dalla mia vera vita. Comunque, in carcere ho conosciuto centinaia di confratelli che stavano affrontando la mia stessa situazione, e insieme ci siamo sostenuti e incoraggiati a vicenda. A distanza di anni”, conclude Giorgio: ”Sono orgoglioso di ciò che ho fatto, e se dovessi tornare indietro prenderei la stessa decisione”.

I Testimoni di Geova costituirono “la stragrande maggioranza dei giovani incarcerati per essersi rifiutati di svolgere il servizio militare”, commenta lo storico Sergio Albesano. “Con la loro massiccia adesione al rifiuto di entrare nelle fila dell’esercito, di fatto crearono un caso politico e aiutarono a portare il problema all’attenzione dell’opinione pubblica”. La posizione assunta dai Testimoni obiettori di coscienza colpì anche l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, che nel 1983 scrisse: “Negli anni Sessanta, quando ero alla Difesa, volli rendermi conto del fenomeno, che andava moltiplicandosi, delle obiezioni militari di coscienza da parte di giovani appartenenti ai Testimoni di Geova. Mi colpì, parlando con loro uno a uno nel carcere di Forte Boccea, la evidente ispirazione religiosa e l’estraneità da qualsiasi speculazione politica; non a caso si sottoponevano ad anni di prigione continuando nel rifiuto di indossare la divisa”. Anche il contributo di quegli obiettori spinse dunque le autorità ad approvare, dopo anni di discussioni e rinvii, una legge che sanciva nel 1998 il pieno riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza. Il servizio di leva obbligatorio venne poi sospeso nel 2005. Il giurista Sergio Lariccia rileva: “Oggi l’obiezione di coscienza è inclusa tra i diritti inalienabili dell’uomo e, sebbene le sue origini culturali siano anche religiose, ciò che è stato conquistato ha recato benefici a tutti. Abbiamo un debito di riconoscenza verso coloro che hanno contribuito con la loro vita anche alle garanzie delle nostre libertà”.

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