LE OPINIONI

IL COMMENTO La guida e quel destino da evitare

DI ARIANNA ORLANDO

Di fronte agli accadimenti bellici in terra d’Oriente siamo spettatori di efferati omicidi e di tremendi crimini a danno di Israeliani e Palestinesi. E questi ultimi sono, dopo gli ucraini e i russi, i disgraziati perseguitati dell’evento dal nome “guerra” che discende, come nome proprio, da milioni e migliaia di conflitti prima e dentro di lei. Non esiste tra noi, gli europei seduti sui lidi del Mediterraneo, e i russi e gli ucraini, gli israeliani e i palestinesi una linea di confine tanto netta, tanto ossuta da renderci invulnerabili spettatori del conflitto nè nubi di protezione tanto estese da liberarci dal terrore di condividere, un giorno, con questi “figli minori e figli del caos” persino la guerra. Guerra è di fatto la parola più indesiderabile di ogni vocabolario umano, il più detestabile concetto contro l’etica e la morale, il più orripilante destino possibile. Eppure nonostante gli scongiuri, le preghiere, i voti, ad alcuni la guerra capita. E capita altrettanto innocentemente di come si viene al mondo e coglie quando si è più nudi e più vulnerabili proprio come si è quando si viene al mondo. Di fronte a Israeliani e Palestinesi, che reciprocamente si ammazzano e strapazzano al suolo, noi siamo quelli che guardano il mondo impazzito scoppiare davanti a noi in un caos di folgori e scoppi. 

Noi siamo coloro che impassibilmente attendono che questo precipitoso e rovinoso destino non ci capiti. Noi siamo coloro che attendono le notizie ai telegiornali e le condividono sui social senza reale partecipazione emotiva perché se partecipassimo, se declinassimo l’invito dell’indifferenza a favore della nostra adesione viva ai principi fondamentali del diritto alla vita, scopriremmo allora l’oceano di possibilità in cui i diritti invece soffocano riversi come zattere al contrario. Tra le strade dell’universo l’uomo si è tragicamente dimenticato della strada di ritorno a casa: all’utero materno caldo e rosso da cui è provenuto ed entro cui stava sperato e accolto prima dell’inizio. Ha dimenticato il coraggio innocente di essere al mondo alla maniera dei bambini che non conoscono le logiche del potere e sono privi delle smanie della territorialità e dell’economia. Ha dimenticato la fatica di proteggere e l’onore di farlo a favore della giustizia senza mortificazione e prevaricazione. Ha dimenticato infine la gioia di invecchiare illeso nel corpo e nella memoria senza i guasti degli scoppi e dei ricordi di guerra. Allora, come disse Virginia Woolf quando scrisse che invece delle medaglie e delle decorazione bisognava provare a insignire i giovani di altri valori e di altri onori, la nostra società dovrebbe provare a restringere il cerchio del particolarismo e degli interessi privati a favore della collettività e della logica di insieme.

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