LE OPINIONI

IL COMMENTO La zingara, la gitana, la parmigiana

DI LUIGI DELLA MONICA

Una polemica molto accesa ed intrigante ha generato una vera a propria spy story in salsa procido-ischitana. Uno “zingara gate” ha fatto tremare i polsi ai difensori della identità enogastronomica ischitana, per riaccendere il più sterile dei campanilismi dell’isola verde contro quella di Arturo. Lo scippo della zingara come marchio registrato. Anatema su Procida e sugli autori del gesto. Il sottoscritto non condivide nessun anatema, ma esorta i lettori ad accogliere le sue umili riflessioni. Il Tribunale di Napoli in Funzione di Tribunale delle Imprese con Ordinanza Decisioria nel proc. civile RG 27214/2017 richiama la sentenza della Corte di Cassazione n.4405 del 28.02.2006, alla luce delle disposizioni del RD 21.06.1942 N.929, come modificate dal DLGS. N. 480 del 04.12.1992, ha statuito che “il preuso locale di un marchio non registrato conferisce al titolare del segno distintivo il diritto di continuare ad utilizzarlo, per lo stesso genere di prodotto, nell’ambito dell’uso fattone, senza tuttavia che il preutente abbia anche il diritto di vietare a colui che successivamente registri il marchio di farne anch’egli uso nella zona di diffusione locale, in quanto è configurabile una sorta di regime di duopolio, atto a consentire, nell’ambito locale la coesistenza del marchio preusato e di quello successivamente registrato. Ancora, (Cass. 12566/21) la confondibilità tra marchi va valutata globalmente. Conta l’impressione complessiva dei segni in base a somiglianza visuale, auditiva o concettuale. La Cassazione ha preliminarmente ricordato che l’apprezzamento sulla confondibilità fra segni distintivi similari deve essere compiuto non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, bensì facendo ricorso ad una valutazione globale e sintetica. L’accertamento va condotto avendo riguardo all’insieme degli elementi salienti (grafici e visivi) del segno, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un’attenta verifica comparativa. L’esame deve essere svolto prendendo come riferimento la normale diligenza ed avvedutezza del pubblico, poiché il raffronto va eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo dell’altro segno distintivo…è stato affermato dalla giurisprudenza europea che il pubblico non considera l’elemento descrittivo facente parte di un marchio complesso come l’elemento distintivo e dominante dell’impressione complessiva che tale segno produce. Si tratta di un principio che, secondo quanto ricordato dai Giudici di legittimità, trova applicazione anche con riferimento alle singole componenti del marchio denominativo che presentino valenza descrittiva. La Cassazione ha quindi richiamato la distinzione tra marchio forte e marchio debole, vale a dire tra segni che rispettivamente non presentano o presentano un’aderenza concettuale al prodotto od al servizio offerto. Per quanto concerne il marchio forte, i Giudici di legittimità hanno osservato che sono considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, l’attitudine individualizzante del segno distintivo. Per il marchio debole la confondibilità è invece esclusa quando vengano apportate anche lievi modificazioni od aggiunte.Il livello di tutela accordato è quindi differente in quanto nei marchi deboli: a) la fantasia di chi li ha concepiti non è andata oltre il rilievo di un carattere o di un elemento oppure b) il segno è caratterizzato dall’uso di parole di comune diffusione che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo. La scelta di riconoscere ai marchi deboli un livello di protezione più tenue nasce dall’esigenza di delimitare, in funzione antimonopolistica, l’ambito di tutela dei segni aventi un forte contenuto descrittivo. Nel caso di marchi deboli, secondo quanto poi osservato dalla Cassazione, la confondibilità è pertanto esclusa quando vengono apportate lievi modificazioni od aggiunte poiché questa tipologia di segni è connotata da uno scarso valore distintivo che rende meno consistente per essa il rischio di confusione. Rimane tuttavia necessario verificare in concreto se le variazioni apportate possano considerarsi o meno trascurabili in quanto non può a priori escludersi che una modificazione del marchio debole possa risultare tanto marginale da non elidere il rischio confusorio. (Cass. 12566/21)”.

Non intendo nella maniera più categorica esprimermi in giudizio sull’operato dei Colleghi che hanno patrocinato il “Gazebo” di Procida nella registrazione del marchio “La Zingara”, ma in forza del materiale giurisprudenziale che ho offerto all’attenzione dei lettori, mi viene da suggerire agli ischitani di registrare il marchio della “gitana”, che notoriamente è una variante gustosa del crostone di pane abbrustolito, con mozzarella, pomodoro, prosciutto, maionese e melanzane arrostite sott’olio. Per la parmigiana di melanzane, invece, ormai non vi più nulla da fare. Di cosa sto parlando? Ebbene sì! Un vecchio manuale della “Cucina Napoletana” scritto da Carola Francesconi ed edito da “Il Delfino” Napoli 1977, alla pagina 466, ci dice testualmente che la ricetta della squisita, meravigliosa, succulenta parmigiana di melanzane sia attribuita alle sorelle Pirozzi di Ischia, precisamente dell’antico ristorante “Pirozzi” di Ischia Ponte. Vi risulta che vi sia stato un marchio registrato? Io nel 2006 ero avvocato, ma non avevo il privilegio di scrivere su questo giornale, perché avrei tuonato al falso storico, allorquando la bravissima Isa Danieli esponeva nella fiction “Capri” che la parmigiana di melanzane fosse una ricetta tipicamente caprese.

È notorio che una decina di anni or sono, un Tribunale ha statuito che la ricetta del limoncello fosse caprese e non di matrice sorrentina. Ancora un ultimo esempio, ma non esaustivo, è rappresentato dal cornetto ischitano. Si avete capito bene: a Napoli città molti bar offrono al pubblico cornetti al gusto ischitano, per identificare un croissant alla pasta brioche imbottito con crema ed amarena e con la forma di una cornucopia con le estremità più sottili ed il centro più gonfio. Non so se debba continuare. Mi dispiace dirlo, ma si ripropone la costante litania isolana del piangersi addosso, oppure della critica campanilistica. Ma lo sapete che i turisti viaggiano con lo smartphone zeppo di applicazioni e che fra queste vi saranno anche quelle della ricerca dei punti di ristoro, dei cibi da asporto, per cui si potranno mai curare dei contrasti fra procidani, ospitanti la capitale della cultura 2022, e la vicina insula major sulla zingara? Mangeranno la zingara registrata, oppure la zingara originale, oppure quella antica, quella di Ischia Ponte, oppure di Forio? La conclusione è una sola: coloro i quali si cullano sugli allori e si beano di se stessi, prima o poi dal mondo dei sogni precipitano brutalmente in quello della realtà. Quando il nostro Marco Bottiglieri parla del brand Ischia, certamente sta indicando l’insieme dei segni distintivi dell’isola, i quali rivestono valori evocativi della sua specificità produttiva. A Ischia si dice da diversi decenni che si mangia, si beve e si fischia, quasi per significare la goliardia e la spensieratezza che vive il turista sul territorio della capitale del termalismo mondiale, ma tra poco si mangerà cibo di importazione e quanto alle altre due parti del vecchio adagio mi astengo dal continuare.

Non serve soltanto contare gli incassi a fine giornata lavorativa; occorre dedicare del tempo anche minimo al proprio vicino di bottega per stringere un’alleanza socio-culturale di cooperazione al miglioramento delle aree comuni, del bene comune, del brand Ischia. Un marciapiede pieno di fiori, un viale pieno di nuove conifere impiantate dopo la morte dei pini secolari di memoria sette\ottocentesca sono il biglietto di ingresso che agevola l’accoglienza del forestiero, che rimane folgorato dalle nostre bellezze. A colpi di bellezze ed identità territoriali si batte un’isola vicina, ammesso che sia giovevole combatterla, perché il negoziare la pace è sempre più conveniente della guerra fra topi e rane di omerica memoria.

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Brigida

E adesso mi è venuta la curiosità di sapere chi ha inventato la bruschetta! ^_^

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