LE OPINIONI

IL COMMENTO Le grandi opere: il porto d’Ischia

DI LUIGI DELLA MONICA

Io spero che l’opinione pubblica sia vigile sull’argomento. Io stesso ho tentato nell’aprile 2020 di accedere agli atti amministrativi, come già illustrato in miei precedenti articoli, ma sono stati pubblicati nel corrente novembre solo strumentalmente al bando sul sito ASMECOM con scadenza il 23.12. p.v. Forse ci stava il “copyright” dei progetti, ma i tempi di esame e riflessione mi sembrano un po’ pochini. Un’impresa interessata a concorrere dovrebbe in appena 30 giorni valutare di predisporre una forza lavoro per 910 giorni. Lo scorso 1 ottobre nel chiostro di San Marcellino in Napoli ricordo ai lettori si è svolta una conferenza illustrativa sul dissesto idrogeologico in Campania organizzata dalla Università degli Studi di Napoli, Facoltà di Ingegneria. Deceduto ormai l’augusto Ing. Antonino Italiano, non vi è più nessuno a levare gli scudi sull’isola per investigarne le variazioni geomorfologiche. Siamo sicuri al 100% che il fenomeno dell’acqua alta alla riva destra ed alla spiaggia di San Pietro sia proprio conseguenza delle precipitazioni meteoriche eccezionali, oppure potrebbe essere intervenuto un fenomeno oscuro di bradisismo? Certo non sono io a poterlo affermare, ma mi domando il perché non si sia pensato di commissionare uno studio di impatto geologico ed ambientale alla Facoltà di Ingegneria, al Genio Civile, oppure al CNR. Il terrore che si ripeta l’incidente del cosiddetto “lago La Siena” è vivo nella mente di tutti. Ed anche nel Porto d’Ischia si è pensato di adottare il sistema delle pompe di sollevamento ed aspirazione dell’acqua che travasa con una potenza di 55kw. Purtroppo non vi sono spazi per allocare pannelli solari, in quanto vi è necessità di almeno uno spazio di mq 5 per consentire la produzione di un solo kw, ma tanta e tale era la portata d’acqua del fenomeno da contenere, che si sarebbe potuto pensare all’energia talassica.

In un’epoca in cui tante oche del Capidoglio starnazzano sulla rivoluzione green, un’isola, perdonatami il paragone insussistente, che preesiste da millenni alle isolette artificiali site nel mare antistante a Dubai, è obbligata a pensare alla riconversione green. Un pannello solare per ogni tetto, per autonomia energetica assoluta, ma non vedo per quale motivo non si possa argomentare una installazione di turbine azionate dalla forza del moto ondoso e\o dal del transito ascendente e discendente delle maree. Nulla da eccepire alla palificazione del bordo della banchina, perché è sicuramente l’opera più appropriata nel caso del cedimento delle pareti di un porto “anziano”, risalente nel tempo. Mi meraviglia, però, che non vi sia stata una previsione di dragaggio. Non ho memoria storica a quando sia riferibile l’ultima bonifica dei fondali, ma ritengo che si sarebbe dovuto investigare se l’innalzamento della fonda del porto non fosse anche esso una delle concause al fenomeno dell’acqua alta. Non possiamo certo ipotizzare una barriera come quella della diga del “Mose”, poiché è fortissimo l’afflusso di natanti da diporto, la cui inesperienza potrebbe trasformarsi in tragedia, oltre al forte impatto ambientale per la pianta marina della “posidonia” e per il transito dei banchi di pesci e la conseguenziale economia dei pescatori. Se vi deve essere una centralina di sollevamento dell’acqua, per farla defluire in sicurezza per il calpestio dei pedoni e l’economia dei ristoratori della riva destra, non comprendo perché il dragaggio preliminare non sia stato previsto e neppure una fonte rinnovabile di energia pulita per alimentare le elettropompe. Si tratta di un dispositivo che si innesta all’interno di una normale diga foranea e sfrutta l’energia delle onde attraverso un sistema di camere che comprimono o espandono l’aria in esse contenute per effetto del moto ondoso e quindi fanno azionare delle turbine che, a loro volta, producono energia elettrica.

Dal 2001, a Messina è stato varato l’impianto Enermar, basato sulla turbina Kobold, nato per lo sfruttamento delle correnti. Kobold (che è attualmente ancorata al largo di Ganzirri, parte nord dello Stretto di Messina, a circa 150 metri dalla costa siciliana) è una turbina idraulica ad asse verticale con pale liberamente oscillanti, brevettata dalla società Ponte di Archimede e sviluppata con la collaborazione del Dipartimento di Progettazione Aeronautica dell’Università di Napoli Federico II. Il sistema produce energia elettrica dalla rotazione della turbina che viene mossa dal mare e dal 2006 è collegato alla rete elettrica nazionale. L’impianto ha una potenza nominale di circa 80 kW con una corrente marina che tocca la velocità di 3 m/s, ma al momento produce circa 25 kW di potenza massima in quanto il punto in cui è installato non è raggiunto dalle correnti più elevate. Si tratta comunque di un progetto di successo che La Ponte di Archimede è riuscita anche a esportare: un secondo impianto di questo tipo sarà infatti installato in autunno in Indonesia e darà energia a un piccolo villaggio nell’isola di Lombok, ad est dell’isola di Bali, finora privo di corrente elettrica .(fonte Il Fatto Quotiano, Stefano Pisani, 26 GIUGNO 2011). La stessa ENI, con una recensione consultabile sul sito dell’Ordine dei Geologi a firma di Francesca Basso, edita dal Corriere della Sera sull’inserto “Sette” in data 26.07.2019, sta valutando l’efficienza del sistema c.d. “Powerbuoy” che significa potere energetico della boa, laddove la turbina viene azionata dal dislivello piezometrico determinato dal moto ondoso; del sistema ISWEC – convertitore energia inerziale del mare – messo in atto a Ravenna e sull’isola di Pantelleria, frutto di uno studio congiunto con il Politecnico di Torino si trova a 800mt dalla costa ed a 35 metri di profondità. Nell’Italia dove ancore persiste una sottile preminenza dello Stato sul cittadino, perché queste idee non solleticano le menti eccelse dei suoi funzionari non riesco a spiegarmelo. Così come non riesco a spiegarmi perché la comunità è sempre pronta a cascare dal pero.

Mi sovviene quella brevissima e privilegiata conversazione telefonica con l’eccelso e compianto Lello Pilato, in cui ci si rammaricava dello strisciante clientelismo, che impone il silenzio: sssttt… stai zitto, domani potresti avere bisogno di un piacere…non ti mettere contro nessuno…aspetta gli eventi… Per questo i nostri giovani, a meno le dovute eccezioni, sono costretti ad emigrare, oppure a vivere da vecchi reazionari su un’isola che offre lunga vita, benessere fisico ed economico.

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