CRONACAPRIMO PIANO

Il comune di Ischia “demolisce” la Epsilon

La Corte d’Appello di Napoli conferma la sentenza del 2016 della sezione distaccata di Tribunale di Ischia e respinge al mittente la richiesta della società flegrea che chiedeva 45.000 euro per opere di demolizioni di manufatti abusivi. Che però, in realtà, non sono mai stati eseguiti

Le casse del Comune di Ischia, ancora una volta, sono salve. Anche il processo d’Appello non muta l’esito di un contenzioso che la società cooperativa Epsilon – con sede a Quarto, nell’area flegrea – ed il Comune di Ischia. L’oggetto del contendere, che già in primo grado aveva visto trionfare l’ente di via Iasolino, è tutt’altro che complesso: con un apposito decreto ingiuntivo, la sezione distaccata di Ischia del Tribunale di Napoli, su ricordo della Epsilon ingiungeva al Comune di Ischia di pagare alla ricorrente la somma di euro 45.619,92 oltre interesse dalla maturazione del credito al soddisfo, quale compenso per aver eseguito una serie di lavori di demolizione di opere abusive, affidate alla società in via d’urgenza sulla scorta di varie ordinanze comunali. La vicenda, per la cronaca, ha inizio nel marzo del 2010 e a quel decreto ingiuntivo il Comune propose tempestiva opposizione eccependo la mancanza del contratto scritto e della relativa copertura finanziaria, nonché “l’illegittimità e l’infondatezza della pretesa creditoria così come determinata (per non essere stata eseguita alcuna delle demolizioni bensì esclusivamente ‘mancati interventi’ di cui veniva redatto apposito verbale). Non solo, il ricorrente chiedeva di essere autorizzato anche a chiamare in causa i proprietari degli immobili abusivi oggetto dei provvedimenti di demolizione. Si arriva così alla fine della prima puntata di questo contenzioso giudiziario, che vede il Tribunale annullare il decreto ingiuntivo che era stato presentato dalla Epsilon, sancendo così il successo del Comune di Ischia.

Ma la ditta con sede a Quarto non si fermava e nell’aprile del 2016 proponeva appello con una citazione notificata non soltanto al Comune ma pure a tutti i soggetti privati che di fatto erano entrati a far parte della “partita”. Obiettivo, ovviamente, vedersi riconoscere in secondo grado la somma di 45.000 euro e spiccioli. Nel gennaio 2017 si costituisce l’ente locale di via Iasolino chiedendo naturalmente “di dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione e nel merito rigettare l’appello perché assolutamente infondato in fatto e in diritto. In questo grado di giudizio, per la cronaca, si costituiscono anche alcuni dei destinatari delle demolizioni della “discordia”. Nelle motivazioni, i giudici riportano in primo piano le ragioni del Comune d’Ischia che ricordava come non soltanto la Epsilon si muovesse senza contratto, senza che nelle delibere ci fosse l’impegno di spesa e soprattutto senza che le demolizioni venissero realmente effettuate dal momento che al momento di eseguirle i titolari delle opere abusive dichiaravano che avrebbero provveduto in proprio per evitare un aggravio di costi. Una serie di osservazioni, come detto, risultate decisive ed incisive in primo grado. Ed è per questo che nel costituirsi nel giudizio di opposizione la Epsilon aveva anche invocato la responsabilità dei funzionari comunali Gaetano Grasso e Francescangelo Possennato, rispettivamente direttore dei lavori e responsabile del procedimento il primo e firmatario delle ordinanze il secondo.

Nel trarre le loro conclusioni, in ogni caso anche i giudici di Appello hanno voluto osservare che “a nulla rileva che la Epsilon sia stata iscritta negli appositi elenchi o che nella specie l’incarico potesse essere conferito a trattativa privata, posto che è incontroverso che il funzionario responsabile del Comune ha affidato il compito di effettuare le demolzioni senza comunicare l’avvenuto impegno di spesa e la relativa copertura finanziaria e senza stipulare un regolare contratto”. Non solo, i giudici aggiungono che “del resto è noto che l’attestazione della relativa copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio finanziario costituisce requisito formale – non surrogabile da una verifica ex post della sussistenza della copertura ancorché non previamente attestata – di validità dell’atto deliberativo dell’impegno di spesa e quindi della stessa convenzione tra l’ente e il privato”.

Così come viene ritenuto insussistente anche il fatto che la Epsilon non potesse sottrarsi dall’eseguire i lavori di demolizione ancorché in attesa di contratto perché gli stessi erano da ritenersi urgenti e indifferibili. Al tirar delle somme, l’unica consolazione per la ditta di Quarto arriva dal fatto che la Corte d’Appello di Napoli “accoglie parzialmente l’appello e per effetto, in parziale riforma della sentenza, dichiara la domanda di arricchimento senza causa della Epsilon nei confronti dei chiamati in causa, Grasso e Possennato, ammissibili ma infondate e conferma le statuizioni sulle altre domande”. Ma non ci vuole molto a capire che si tratta di una vittoria di Pirro. Insomma, si chiude il secondo round di uno scontro che metaforicamente ricorda un po’ la storia del pifferaio. In quel caso andò per suonare e fu suonato, in questo per demolire ed è stato “demolito”. Dall’autorità giudiziaria certo, ma è comunque una sconfitta bruciante.

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