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Covid-19, la fase 2 vista da “Progetto Ischia”

Un dettagliato documento redatto dall’ingegnere Giuseppe Arturo per conto dell’associazione detta una serie di possibili linee guida: ma alcune, obiettivamente, appaiono difficilmente realizzabili

Chiamatele pure istruzioni per l’uso. Parliamo del documento preparato da Progetto Ischia e che è stato redatto dall’ingegnere Giuseppe Arturo e che si intitola “Epidemia Covid-19, proposte per la gestione della Fase 2 sull’isola d’Ischia”. L’articolato studio si divide in tre parti e la prima è successiva ad una minuziosa analisi delle (purtroppo assenti) strategie di prevenzione sanitaria che consentano di recepire turisti della terraferma con un rischio di contagio pari allo zero. Una prima riflessione che induce a ritenere che “la ripartenza del settore turistico e la conseguente apertura delle attività commerciali, delle strutture alberghiere e la libera circolazione delle persone all’interno del territorio isolano, deve rigidamente essere subordinata alla creazione delle condizioni sanitarie in grado strutturalmente di sopperire alle eventuali, se non quasi certe, problematiche epidemiologiche che potrebbero manifestarsi nel prossimo futuro all’interno del territorio isolano. Per quanto riguarda l’Isola d’Ischia, qualsiasi azione volta a supportare ed impulsare la ripresa dell’attività turistica ed economica in generale rischierebbe di favorire un ritorno epidemiologico, con gravissime conseguenze per la tenuta del sistema sanitario isolano e per la salute degli cittadini. Questo non vuol dire che dovrà essere necessario tenere chiuse le attività sino a data da destinarsi, bensì che le Istituzioni tutte dovranno concentrarsi, di concerto con l’ASL locale, nella creazione di un’unica cabina di regia capace di organizzare, realizzare e gestire un sistema integrato di controllo sanitario, sintetizzato nei prossimi paragrafi, che abbia come finalità la convivenza con il Covid-19 ad un livello di rischio controllato”.

Si passa poi al secondo argomento oggetto di analisi, che riguarda il testing e qui la relazione evidenzia come “le istituzioni e l’ASL locale dovranno collaborare al fine di realizzare il maggior numero di tamponi possibile, nel minor tempo possibile. L’obiettivo ottimale sarebbe quello di testare, secondo un certo ordine, almeno il 70% (circa 50.000 persone) della popolazione, nel minor tempo possibile… Dalla testimonianza del prof. Merigliano dell’Ospedale di Padova è emerso che una squadra di 6 operatori sanitari in 8h di lavoro, è in grado di eseguire circa 1.000 tamponi al giorno, ovvero 150 tamponi/gg/per operatore. Dato il costo totale stimato che l’azienda ospedaliera deve sostenere per l’esecuzione di ogni tampone, pari ad a 30€ cdu,è stato ritenuto utile misurare l’impatto in termini economici-organizzativi che avrebbe la realizzazione di 1.000 tamponi al giorno, che permetterebbero in 50 giorni di raggiungere il predetto obiettivo, al costo totale di € 1,5 mln e che richiederebbe un team di 7 persone costantemente dedicato in quel periodo di riferimento. Ad Ischia, pur ipotizzando che ci sia la possibilità operativa di compiere un numero di tamponi coerente con il caso sopradefinito, non esiste ad oggi una macchina in grado di processarli, dovendo difatti inviarli in terraferma per l’analisi. La soluzione più efficiente sarebbe data dalla macchina Backman – Echo 525, in grado di esaminare 9.000 tamponi al giorno. È evidente che esistano delle difficoltà finanziarie oggettive nell’acquisto di una tecnologia del genere, nonché difficoltà gestionali dovute alla scarsità di reagenti e personale specializzato, che possa far esprimere la macchina al massimo delle sue capacità. Si ritiene opportuno sottolineare che, ove mai vi fossero le condizioni economico/organizzative idonee, la scelta più efficiente in termini di sicurezza sanitaria sarebbe l’acquisto della predetta strumentazione, sia per tutelare i residenti isolani che per porre le basi per la creazione di un sistema sanitario sicuro anche per i turisti”. Un obiettivo questo decisamente ambizioso e crediamo davvero complicato, se non addirittura impossibile, da realizzare.

Il terzo pilastro di quello che viene definito il modello delle “3T” riguarda invece il trattamento sanitario territoriale. A riguardo Progetto Ischia scrive: “A tal fine si propone che si richieda l’immediata attivazione delle U.S.C.A. (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) per ogni comune dell’Isola d’Ischia, peraltro previste nei piani di contrasto sanitario all’epidemia da COVID-19 e già operative in molte ASL della Regione Campania. L’utilizzo continuativo di queste unità, in coordinamento con le altre strutture della medicina del territorio, riuscirebbe a rendere il monitoraggio e la gestione di nuovi casi di COVID-19 molto più efficace ed efficiente, consentendo inoltre di restituire il personale del 118 ed i medici di famiglia alle loro fondamentali funzioni ordinarie”. L’ingegnere Ungaro aggiunge che “Sempre nell’ambito del supporto territoriale sanitario, in vista di un eventuale flusso turistico che interesserà l’isola durante l’estate, sarebbe opportuno che gli enti si unissero per richiedere il potenziamento del reparto di terapia intensiva e preintensiva dell’Ospedale Rizzoli per portarlo a 50 unità aggiuntive. Secondo i dati raccolti in rete, se si utilizzassero delle strutture modulari, simili a quelle utilizzate a Caserta, Ponticelli o Salerno, fornite dalla MED Engineering di Padova,si potrebbe con molta più efficacia ed efficienza gestire un eventuale diffusione epidemiologica sull’Isola, che l’avvento di un numero consistente di turisti rischierebbe di provocare. L’investimento richiesto per unità di terapia intensiva risulta pari ad euro 110.000, pertanto con un investimento complessivo che potrebbe arrivare ad un massimo di € 5.5m, sarebbe possibile dotare l’Isola d’Ischia di un Asset sanitario strategico, in grado, unitamente alle altre misure precedentemente descritte, di rendere l’Isola un posto realmente sicuro per i cittadini ed i turisti”.

L’ingegnere Arturo aggiunge ancora: “Un’altra possibile azione che le istituzioni potrebbero mettere in atto è data dalla realizzazione di una task force intercomunale operativa nel sociale, quale unico punto di contatto tra i cittadini e gli enti istituzionali, i cui compiti dovranno essere di costante monitoraggio dei pazienti positivi e quelli in quarantena, e che altresì fornisca un supporto sociale alla popolazione composta da persone con disabilità, anziani e bisognosi in generale. Sebbene quest’assistenza in alcuni comuni risulti essere già attiva e funzionante (almeno in quota parte), è doveroso dal nostro punto di vista rafforzarla, ma soprattutto proporre un riferimento unico in grado di rispondere alle esigenze socio-sanitarie dei cittadini isolani. 18 d) Nell’ambito di un monitoraggio costante e capillare, risulterebbe molto utile fare leva non solo sui medici del territorio, ma anche sui medici che lavorano all’interno delle strutture alberghiere. Sarebbe opportuno che nel dialogo tra le amministrazioni, ASL locale e medici di famiglia, vengano coinvolte anche queste figure professionali, che se edotte nella maniera adeguata potrebbero risultare una sentinella di fondamentale importanza nell’operazione di monitoraggio e contenimento dell’epidemia”.

1 – CONTINUA

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